22 febbraio 2020

GRATTACIELI E FUTURO DELLA CITTÀ

Milano: una struttura aperta a disinvolti speculatori e “progettisti”.


PER COMINCIARE: Il futuro delle città sarà di essere “macchina che si evolve per apprendimento”e una “machine learning”. I vecchi schemi interpretativi della città vanno abbandonati se si vuole essere nel grande fiume del progresso.

Il modello di sviluppo milanese, con la sua corsa al grattacielo, suscita crescenti perplessità. In questo articolo rilevo alcune carenze culturali nell’interpretazione del modello ambrosiano riconducibili all’asimmetria fra strumenti di governo della metropoli e dinamica dei cambiamenti strutturali tecnologici, sociali, spaziali.

 

In generale, a partire dal secondo dopoguerra, l’interpretazione della città ha subito un’evoluzione radicale a seguito di serie di cambiamenti dirompenti fra cui la rivoluzione del tempo lungo, con l’Antropocene, e la rivoluzione dello ‘spazio aumentato’, con la cibernetica. Queste rivoluzioni hanno reso inattuali le consolidate narrazioni della città, che fanno ancora riferimento: 1- alla visione “agropasturale” della dicotomia città – campagna di Adam Smith, e 2 – alle regole lineari del suo sviluppo.

Sintetizzo il cambiamento con tre questioni urbane: di tempo, di spazio, di “governance aumentata”.

Questioni di tempo.

La città dall’epoca industriale è stata costruita con una visione prevalente di breve momento, legata ai processi di accumulazione e alla durata dei cicli industriali. Nello stesso tempo è stata strutturalmente disattenta verso le regole della natura, specie della sua capacità di carico.

Solo recentemente, prima con Pigou (per le esternalità prodotte dalla produzione sulla natura), poi con Roengen (per la Bioeconomia) e Nordhaus (la contabilità “verde”), la natura è entrata nel codice di pochi economisti. A partire dalla Convenzione di Stoccolma (1971), viene messa in atto una serie di protocolli per la salvaguardia del bene comune terra, da sempre disattesi in modo massiccio dalle classi dominanti, siano esse politiche o imprenditoriali o finanziarie (e questo avviene anche per la nostra metropoli).

Recentemente geologi e biologi, con la teoria dell’Antropocene, invitano a guardare l’azione dell’uomo (e quindi le vicende della città) con i tempi lunghi delle loro scienze, sottolineando la necessità di agire responsabilmente riguardo all’impatto delle azioni umane sulle risorse naturali. Questo sta producendo un cambiamento sostanziale nell’impostazione scientifica del progetto urbano: da criteri meccanico lineari a criteri biologici, compatibili con il tempo lungo.

Questioni di spazio.

Un importante contributo al rinnovo della lettura della città è dato dalla cibernetica. Con essa si avviano i processi di dematerializzazione che porteranno alla globalizzazione e alla conseguente incorporazione del globale nel locale. Si avvia così il potenziale superamento della storica distanza centro-periferia, perché i processi tecnologici di miniaturizzazione e d’incorporazione azzerano la distanza fra infrastrutture, sulla quale si è fondata la morfologia storica della città.

E’ un passaggio difficile e “chiave”, perché la città, diventata “ubiqua” (ossia incorporante nelle sue infrastrutture e nei suoi edifici potenti strumenti di connettività), è chiamata a superare la dimensione “smart’” ereditata dalla cultura militare e dalle grandi imprese tech, fatta di tecnologie aggressive, destinate al controllo del territorio e della popolazione, attraverso processi di progettazione “calm”, cioè finalizzati a ‘aumentare la tranquillità della popolazione.

La cibernetica inoltre modifica i materiali con cui è costruita la città: i materiali della modernità: vetro, ferro, cemento armato , oggi incorporano informazione; i processi di produzione energetica stanno cambiando radicalmente e gli storici processi di costruzione per sottrazione di materia stanno per essere sostituiti con processi biologici.

Questioni di ‘governance aumentata’.

Così l’interpretazione della città abbandona la storica narrazione di “fabbrica per lavorare “, “fabbrica per abitare”…. che legittimava il rudimentale processo di pianificazione basato sullo zoning, perché, intuisce Jane Jacobs, supportata dagli allora innovativi studi di biologia, la città è una “macchina che si evolve per apprendimento”: una “machine learning”.

Il motore della città non è più il livello di produzione e produttività del suo capitale fisico, ma ritorna a essere la qualità del suo capitale umano: la sua intelligenza, la sua ospitalità, la sua compassione.

Il valore che guida il suo sviluppo è l’empatia, in un procedere che non è rigidamente programmabile a priori, ma supportato da scenari predittivi e proattivi elaborati grazie ai nuovi strumenti di “intelligenza aumentata” (intelligenza artificiale, machine learning, deep learning, … .), i quali permettono di alimentare modelli di governance basati sul feedback.

In sintesi, l’evoluzione della città è legata alla capacità delle sue classi dirigenti di rinnovare le regole della democrazia, sfruttando l’opportunità delle nuove tecnologie di dare accesso continuo alla creatività dei cittadini, grazie a processi di feedback.

Questi processi spiegano la fragilità dello sviluppo recente di Milano, legata a una visione ottocentesca dello sviluppo urbano, ancora incentrata sui metri cubi, in cui è assente il concetto di capacità di carico del territorio, e una qualsiasi contabilità dei suoi flussi di materia. La città diviene così una struttura aperta a disinvolti speculatori e “progettisti”.

Ugualmente, essendo carenti le riflessioni sulla natura e l’impatto delle nuove tecnologie, specie quelle delle comunicazioni, manca un’efficace interazione fra cittadini e pubblica amministrazione, e ciò incaglia il processo di rinnovo democratico dell’azione dell’amministrazione pubblica.

Perché sta succedendo tutto questo? La mia risposta è per il collasso dell’istruzione, che impedisce ai cittadini di comprendere i nuovi alfabeti creati dall’evoluzione scientifica.

Per cui, com’è possibile pensare di governare una metropoli con una cultura che si è fermata alla rendita, ignorando completamente le nuove regole della cibernetica (si fa per dire nuove, risalgono al secondo dopoguerra)?

Da qui l’impallo attuale: il mondo politico (sostenuto dall’ignoranza delle élite) ignora il passaggio dalla città user-oriented, voluta dalle imprese, a quella citizen-oriented, imposta dalle interpretazioni democratiche della potenzialità “civica” di dati e intelligenza artificiale.

Siamo in un momento difficile per la vita della metropoli, per la prima volta dalla seconda rivoluzione industriale Milano non è capace di interpretare proattivamente il cambiamento, e questo non è un felice segnale per la democrazia, sia metropolitana sia nazionale.

Giuseppe Longhi

 

Quattro pezzi brevi sugli argomenti trattati
Antropocene: G. Longhi, Svegliarsi nell’Antropocene, in:https://issuu.com/vod_group/docs/vod_article_32_giuseppe_longhi_sveg_bb309806d67c90

Cibernetica: L. Montagnini, Information versus Matter and Energy, in:
http://www.bibliotecheoggi.it/rivista/article/view/375

Tecnologia Ubiqua: M. Weiser, The computer for 21st century, in:
https://www.ics.uci.edu/~corps/phaseii/Weiser-Computer21stCentury-SciAm.pdf

Tecnologia Calm: A. Tangredi, Calm and Chatbot Technology, in:
https://blog.indigo.ai/design/calm-technology/



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  1. Giuseppe LonghiC'è un errore di impaginazione l'articolo è di Ugo Targetti non di Giuseppe Longhi
    26 febbraio 2020 • 00:14Rispondi
  2. Marco PontiIo non ho capito niente....
    27 febbraio 2020 • 16:06Rispondi
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