20 febbraio 2020

PERCHÈ TARDA L’APPALTO DEL VERDE

Suggerimenti per il futuro


PER COMINCIARE: La politica del verde e gli appalti. Una strategia da rivedere guardando quel che succede e quel che non deve succedere.

PinaTina

Nonostante l’apparente decisionismo della politica amministrativa milanese, riusciamo sempre ad arrivare in ritardo sulle scadenze degli appalti finendo in proroga: capita per l’appalto energia e manutenzione e capita per l’appalto del verde, facenti capo a due assessorati differenti e quindi dimostrando almeno un’uniformità nella linea di condotta.

L’appalto del verde fu già oggetto nella scorsa tornata di un disgraziato e assai tribolato percorso dovuto al concomitante avvio dei Municipi, cui è demandato il solo controllo, e alla poi inspiegabile tripartizione di tale appalto alla fine confluito sul solo consorzio MIAMI, costituito da quattro società con capofila la romana AVR oltre a Nuova Malegori (Italiana Costruzioni del gruppo Navarra di Roma, già esecutrice di Palazzo Italia in Expo), alla Euroambiente di Pistoia, già fornitori e manutentori del verde per Expo, e dal consorzio ALPI.

Il Consorzio vincitore subentrava al sempiterno COGES che aveva sin qui condotto il verde di Milano arrivato terzo, anche in funzione dello scarso valore tecnico della proposta (peraltro molte delle migliorie proposte si vanno palesando solo ora al termine supposto del contratto), e che diede poi vita a un contenzioso con il Comune sugli extra costi e sul calcolo delle penali applicate (peraltro pare finito in modo salomonico, cosa che si potrebbe ripetere anche questa volta perché le numerose penali in cui è incorso MIAMI, come per tutte le penali elevate da chi controlla sul territorio, entrano in calderoni contabili di difficile districamento da parte di chi delibera).

La divisione in tre lotti avrebbe in realtà potuto preludere a una divisione dell’appalto non cumulabile, mentre invece, in assenza di una norma specifica, finì per confluire su di un unico vincitore che, partendo da zero, si trovò così costretto a uno sforzo cospicuo di attrezzatura per far fronte alle esigenze di una città come Milano, e inevitabilmente i tre anni di appalto, alla luce di questo semplice fatto, risultarono così troppo pochi per consentire l’ammortamento di tali oneri: in un certo senso la proroga giunge propizia per consentire ai romani di non fare un bagno di sangue proprio a Milano, anche perché le difficoltà finanziarie palesatesi in corso di contratto, nonostante lo spessore di tutto rispetto dei gruppi costituenti il Consorzio, hanno creato non pochi ritardi e problemi al Comune.

Sfruttando la fortunata coincidenza del succitato ritardo dell’altrimenti solertissimo assessorato, farei alcune considerazioni al margine, anche in virtù del fatto che, a quanto pare, il prossimo appalto avverrà per lotto unico.

  1. Tale lotto unico, come si è visto, comporta uno sforzo d’investimento in attrezzature elevato e l’orizzonte temporale di tre anni, obbiettivamente, risulta troppo breve: per questo spero che verrà ragionevolmente portata la durata della gara almeno a cinque anni per evitare che in caso di assegnazione ad altra cordata rispetto all’attuale, non ci si ritrovi nuovamente nella penosa situazione odierna, costretti a traccheggiare per non avere morti sulla coscienza.

  2. Lo sforzo di piantumazione annunciato dall’amministrazione si scontra con una mortalità dei nuovi impianti prossima al 50%: vi è una notevole distanza tra l’enfasi da taglio del nastro e il risultato effettivo, assai inclemente. I problemi sono legati a numerosi fattori concomitanti su cui il Comune pare sorvolare e che invece deve necessariamente tenere in considerazione:

  • I nuovi impianti avvengono prevalentemente come compensazione di espianti o come scomputo di oneri di urbanizzazione, quindi in capo a terzi che conferiscono poi al Comune le piante, rendendo indistinguibile a distanza di poco tempo di chi sia la responsabilità della morte statistica, normalmente reciprocamente di quell’altro.

  • Per ogni nuovo impianto occorre predisporre un disciplinare invalicabile su specie, dimensione della zolla di impianto, distanza fra le piante, preparazione del terreno e predisposizione obbligatoria dell’irrigazione di sostegno almeno per un triennio dopo l’impianto.

  • Rilascio di fidejussione triennale pari al valore delle piante consegnate al Comune, a garanzia che al termine dei tre anni siano tutte in vita: ciò comporterà un onere inevitabilmente più alto in carico al Comune ma almeno avremo la garanzia del numero effettivo di piante esistenti in vita a Milano.

  • Estensione dell’anagrafe delle piante di proprietà del Comune a tutti i nuovi impianti, rendendola disponibile on line per ogni singola pianta con la specifica, fra le altre, del responsabile della sua sopravvivenza.

  1. Estrarre dall’appalto la parte concernente il controllo delle irrigazioni al fine di realizzare il sistema centralizzato che oggi manca quasi del tutto visto che MIAMI inizia una sperimentazione necessariamente limitata per i costi elevatissimi della stessa. In questa sede propongo il Lodo Santagostino, ovvero dopo aver contabilizzato i costi di irrigazione sopportati dal Comune (ivi compresi quelli teorici relativi alle piante morte dopo impianto proprio perché prive di irrigazione e cura) regolarmente contabilizzati dai contatori di MM e quelli stimati per i nuovi impianti alle condizioni attuali, predisporre una gara a costo zero per il Comune fra chi realizza programmi di gestione territoriale controllati da satelliti e sensori locali in modo da pagare il programma centralizzato valido su tutte le aree di proprietà comunale e non solo sui grandi parchi com’è sempre stato, con i soli risparmi nell’uso dell’acqua. La gara sarà vinta da chi ritornerà in minor tempo possibile il suo sistema di controllo al Comune che ne diventerà proprietario, incamerando alla fine tutti i risparmi idrici così realizzati. Trattandosi di gara a somma zero per il bilancio comunale può essere inserita senza obblighi particolari nel piano delle opere pubbliche.

L’obiettivo evidente di queste modifiche è di trasformare un capitolato oggi oggetto di molte contestazioni e altrettante dimenticanze, almeno per le parti dove ciò è possibile, in una serie di valori certi e verificabili, addossando il costo agli esecutori e chiamando la città dei volenterosi a partecipare nell’opera di verifica e controllo.

Da ultimo avanzo un consiglio di carattere generale sul funzionamento delle principali voci di bilancio del Comune oggetto di appalto, consiglio che giunge a valle di quanto ho appreso relativamente al rinnovo del Contratto Nazionale dei Chimici avvenuto in un solo giorno di confronto fra associazione imprenditoriale e sindacati: basta iniziare a ragionare insieme sulle modifiche necessarie per i futuri contratti già dal giorno dopo la consegna dei parchi, istituendo un tavolo di confronto permanente fra Ente, Associazioni di categoria e Università.

Così la prossima volta Milano con i suoi appalti potrà finalmente fare Milano, puntuale e precisa, in particolare quando poi le gare le vincono i romani, verso i quali sarebbe opportuno far sempre valere il fatto che siamo differenti.

Giuseppe Santagostino



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