29 marzo 2021

BEPPE SALA E LA STRADA PER DAMASCO

Forse lui sarà Saulo ma noi certamente come San Tomaso


Saulo, folgorato dalla intuizione di Dio, si risvegliò come Paolo. La conversione più famosa della storia ha trovato mille repliche, alcune vere, altre false o opache. Se il persecutore di cristiani divenne l’Apostolo delle genti, non vi è motivo per negare in linea di principio che lo sviluppista globale Beppe Sala si trasformi in un convinto ambientalista. O almeno per ammettere che almeno lui ci creda sinceramente.

Noi, che siamo diffidenti almeno come San Tommaso, più che nutrire dubbi sulla sua sincerità, operazione priva di utilità, attendiamo di toccare con mano, anzi con dito, che la nobiltà dell’intento non sia tradita dalle sue applicazioni: come quella per l’inferno, anche la strada per Damasco è lastricata dalle buone intenzioni ….

ucciero

Già il Direttore, nello scorso numero, avanzava alcuni interrogativi. Per parte mia, senza pretese, propongo alcuni punti su cui si potrebbero verificare programma (intenzioni) ed azione amministrativa (prassi effettive), nell’augurio che comunque Beppe Sala ce la faccia a vincere ed a cambiare vestito.

In breve, intendo esemplificare un approccio ed alcune questioni che spero possano aiutare l’elettore prima, ed il cittadino poi, nel valutare intensità e concretezza della conversione.

Questioni che riguardano specifici temi dell’azione politico amministrativa dove il Comune di Milano, anche come ente direttivo della Città Metropolitana, e le sue partecipate potranno connotarsi come attori effettivi di transizione ambientale oppure no.

Non pretendo di dettare cataloghi o priorità, ma suggerisco alcuni punti di pubblico interesse, qualcosa che vada più in là di operazioni di maquillage urbano, così ultimamente a là page perché, se sé vero che non tutto può l’ente comunale, è altrettanto vero che molti aspetti della vita quotidiana sono posti sotto la sua potestà, cominciando dalla gestione del territorio (PGT, Scali Ferroviari …), tema che lascio alla penna degli autorevoli urbanisti di Arcipelago.

Il primo potrebbe consistere nella gestione del patrimonio edilizio comunale, per larghissima parte destinati a residenza per i ceti più poveri, ma per parte uffici, scuole, asili nido ed altro ancora. Dunque, che fare di questa larga porzione della città? Come accrescerne la qualità ambientale? E chi dovrebbe pur occuparsene? Ambiente e valori “edonici” sono questione valida solo dentro la prima cerchia dei navigli?

E’ noto a tutti che l’edilizia residenziale comunale non gode di ottima salute, pur non versando nelle tristi condizioni della sua sciaguratissima parente regionale, come è altrettanto noto che sono urgenti iniziative di recupero e riqualificazione che la rendano ad un tempo vivibile ed ambientalmente accettabile: riqualificazione energetica, aree verdi destinate al benessere, accessibilità, sono tutti insieme, aspetti essenziali per accrescere la qualità ambientale a favore di più di centomila milanesi.

E’ legittimo chiedere che il programma di Beppe Sala ne dichiari la centralità nelle strategie della prossima amministrazione, indicando con chiarezza linee di intervento, governance, costi e tempi, mettendo in mora altri monumentali quanto inutili mega progetti?

Il secondo, che lo spazio ci fa andare di fretta, potrebbe consistere in una decisa accelerazione della decarbonizzazione delle attività svolte dalle imprese comunali partecipate: AMSA, ATM, A2A, sono colossi organizzativi e tecnologici, posti a presidio di servizi centrali della vita cittadina. Gestione dei rifiuti, della mobilità e dell’energia, impattano direttamente sulla qualità ambientale, non solo per gli output che generano, ma anche per le tecnologie di processo e servizio impiegate.

Quali obiettivi, misurabili, di contributo alla decarbonizzazione potrebbe venire dalla conversione dei mezzi pubblici ad alimentazione con energia elettrica, gas metano ed altre risorse? Oppure, quale obiettivo potrà essere concretamente assegnato ad A2A per promuovere ed integrare l’autoproduzione dei privati nelle reti di produzione e scambio di energia?

Sistemi di condizionamento: qui la cultura ambientale può essere terreno di importante intervento, integrando in una visione intesa a risparmio energetico e minor inquinamento sia i comportamenti del privato che quelli del pubblico.

Chi passa, d’inverno e d’estate, lungo le vie dello shopping viene investito ogni dieci metri da folate di caldo o di gelo aggettate fuori dagli ambienti commerciali che lasciano le porte spalancate, tanto desiderosi sono di attrarre nel loro ospitale ventre i cari consumatori. Negli uffici e nelle case, non mancano temperature tropicali o artiche, prassi che non solo moltiplicano la domanda di energia e quindi il consumo delle fonti ma attentano alla salute. Il tema è culturale, residuo immateriale di un’epoca indifferente alla qualità ed alla quantità di distruzione delle risorse ambientali necessarie per sostenere standard climatici del tutto fuorvianti.

Tema culturale, certamente, ma anche tema su cui l’ente comunale può e deve prima di tutto fare la propria parte, regolamentando con maggior chiarezza e decisione, che per il passato, le temperature minime o massime degli uffici. Può, anzi deve, promuovere la maggior sensibilità cittadina, premiando i consumi virtuosi e penalizzando quelli errati. Può, infine favorire l’adozione dei nuovi sistemi di riscaldamento (caldaie), anche qui premiando o penalizzando con incentivi e maggiori oneri.

Infine, ma non per ultimo, la vita dei bambini, che pure dovrebbe essere uno dei principali indicatori di benessere e quindi transizione ambientale.

Sia pure ormai scontata la fine della fase più devastante della pandemia, resta la sensazione oppressiva e finalmente disvelata di uno stile di vita organizzato ancora attorno ai ritmi della società industriale e/o del “decoro” piccolo borghese. Pochi, pochissimi, spazi, per il gioco e la socialità dei bambini, dentro le corti dei condomìni e fuori: tutti zitti, tutti buoni, tutti pronti a pagare le rette ai centri sportivi pur di garantire ai più piccoli le più elementari occasioni di gioco e di vita, ma così colpevolmente distratti sulle condizioni ordinarie della loro esistenza.

E’ questione, certamente, di spazi urbani, ma anche di regolamenti condominiali pensati, o meglio immaginati, per una vita tutta rinserrata dietro i vetri e le persiane, dove il decoro coincide con il silenzio di tomba, un verde di maniera ed intoccabile, il più tetro dei panorami sociali urbani. E’ questione anche di uso intelligente degli spazi pubblici, poco o nulla utilizzati. La visione di Stefano Boeri che offriva alla città gli spazi delle scuole nel pomeriggio, dovrebbe essere ben ripresa, ma di nuovo non basterebbe la declamazione e si chiede a Beppe Sala quali, dove e come, gli interventi di ampliamento del loro uso, e con quali risorse. E che dire infine, della gravissima carenza, quantitativa e qualitativa, degli asili nido e delle scuole materne, spesso degradate, anche nelle migliori intenzioni, a batterie per polli? Se i bambini sono per ciascuno di noi, genitore, nonno, zio, la più grande gioia e preoccupazione, ferisce l’anima il vederli i anche l’immaginarli alle prese con una “normalità” post pandemia, fatta di spazi ristretti, comportamenti coatti, priorità invertite del nostro vivere sociale.

Un programma ispirato alla transizione ambientale dovrebbe prevedere forti investimenti di NEXT Generation EU per la creazione, il potenziamento e la riqualificazione, degli spazi per l’infanzia, e delle risorse umane dedicate.

Dalle intenzioni generiche ai fatti, non è sufficiente mano di verde per accreditarsi come nuovi cantori dell’ambiente. Vale per Beppe Sala, ma vale anche per le forze politiche, per il PD, per il mondo associativo, per tutti noi, che, sorpresi dalla pandemia sulla strada di Damasco, ci svegliamo immaginandoci di poter essere diversi.

Giuseppe Ucciero



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