18 febbraio 2020

CREDERE NELLO STATO DI DIRITTO

Alcuni avvocati milanesi non stanno a guardare


PER COMINCIARE: Il mondo della giustizia è sotto stress. Le riforme delle quali si parla sono contestate. Nessuno nega che la Giustizia vada riformata ma il panorama è confuso e la politica sembra dare risposte più legate agli equilibri politici che non al più generale interesse del Paese.

ViolaCamera

Noi crediamo nello Stato di Diritto. Ma anche nella professionalità, nella preparazione, nel merito, nella conoscenza e nello spirito di sacrificio, per sé e per gli altri. Siamo invece nemici della demagogia, dell’egoismo e dell’approssimazione; ma sono mali curabili, se ci impegniamo con convinzione.

Per questo, poco più di un anno fa, abbiamo fondato – con un pugno di amici, che per professione e passione lavorano quotidianamente con il Diritto, cui se ne stanno via via aggiungendo molti altri – la nostra associazione, dandole questo ambizioso nome: ITALIASTATODIDIRITTO.

E non è un caso che la nostra avventura nasca e si radichi proprio a Milano, un luogo che ben rispecchia la nostra identità: la città dei “lumi” del Caffè dei fratelli Verri, delle idee di Cesare Beccaria e del coraggioso Amatore Sciesa.

Che cosa vogliamo essere? Un laboratorio di confronto e pensiero, ma soprattutto di azione. Con l’obiettivo di incidere nel dibattito politico dimostrando, in modo concreto e non ideologico, che le regole che stanno alla base dello Stato di Diritto – a cominciare dal sistematico rispetto delle libertà fondamentali dell’individuo, saldamente cristallizzate nella prima parte della Costituzione – sono il viatico migliore per la risoluzione dei conflitti e lo sviluppo sociale.

Come ha scritto Sant’Agostino: “Se non è stata rispettata la Giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?”. Sappiamo, vista l’aria che tira di questi tempi, che può sembrare un’affermazione un po’ naif: ma l’appassionata partecipazione cittadina al dibattito “Giustizia vs. Giustizia”1 in cui abbiamo messo a confronto Marco Travaglio, Direttore del Fatto Quotidiano, con Vinicio Nardo, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano, dimostra che non siamo ingenui, che agire si può e si deve.

Prima di parlare dell’incontro, vogliamo scusarci con tutte le persone che non sono riuscite a trovare posto a sedere in sala, ma hanno deciso comunque di rimanere fino all’ultimo minuto del dibattito: siamo stati letteralmente travolti dall’affluenza di pubblico, nonostante la sala ospitasse più di 250 posti.

Veniamo all’evento: sono state due ore abbondanti di dibattito – che hanno destato notevole interesse mediatico, anche grazie alla diretta streaming di Radio Radicale, Affari Italiani e della Radio dell’Avvocatura – alla presenza di autorevoli esponenti della magistratura e dell’avvocatura, ma soprattutto di tanti cittadini: abbiamo presentato alla città la nostra associazione, e poi dato vita a un confronto dalla dialettica serrata su temi al centro del dibattito politico: riforma della prescrizione e della giustizia penale; rapporto tra mass media e principio costituzionale della presunzione di innocenza; applicazione dell’intelligenza artificiale al sistema giudiziario.

Crediamo sia emerso, dal confronto, che la riforma della prescrizione, che si chiami Bonafede o Conte bis, non serve al miglioramento del sistema giudiziario: è una misura demagogica, che non prende atto delle percentuali insignificanti di reati prescritti negli ultimi anni e che peggiorerà la qualità della giurisdizione, intasando i tribunali di cause inutili e togliendo tempo ai processi che riguardano reati di vera gravità sociale e criminale. È inoltre risultato chiaro che non si può e non si deve riformare il processo penale a colpi di slogan o strumentalizzando lo sdegno, spesso sulla base di fatti distorti e decontestualizzati, ma che occorre partire dai dati concreti e dall’esperienza di chi, tutti i giorni, si occupa della tutela dei diritti nei Tribunali.

Dovremo anche agevolare l’apporto della tecnologia al mondo giudiziario, facendo attenzione a non appaltare all’intelligenza artificiale la giurisdizione, e soprattutto mettendo sempre al centro la tutela dell’individuo e delle sue libertà. Infine, è risultata evidente la funzione sociale essenziale dell’avvocatura nella tutela dei diritti, nel rimedio dei torti e delle ingiustizie, a fronte di un numero inaccettabile, in uno Stato di Diritto, di ingiuste detenzioni annuali accertate: una media di circa 1000 all’anno (con corrispondente incidenza sul bilancio dello Stato per circa 30 milioni di €/anno).

In questo momento di crisi della democrazia, in Italia e in altre parti del mondo libero, l’impegno individuale ci sembra indispensabile e ineludibile: ITALIASTATODIDIRITTO vuole fare la sua parte e permettere di fare la propria a chiunque condivida i suoi valori partendo dalle libertà e dalla legalità, dalla Costituzione e dai patti internazionali.

Dunque grazie ad Arcipelago Milano, che ci permette di indirizzare ai suoi lettori che credono nello Stato di Diritto l’invito a seguirci, a cercarci e a venire a conoscerci su https://italiastatodidiritto.it/ o sulla pagina Facebook ITALIASTATODIDIRITTO.

Simona Viola e Guido Camera

1 Qui il link per vedere e ascoltare l’incontro: https://www.radioradicale.it/scheda/597965/giustizia-vs-giustizia-confronto-aperto-su-avvocatura-e-prescrizione-vinicio-nardo-vs



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  1. Patrizia TaccaniLeggo: "Dai dati del ministero della Giustizia la durata media dei processi penali è di circa due anni per il primo grado, dove sono pendenti 1,2 milioni di processi; 3 anni per l’appello (pendenti 270.000), 8 mesi in Cassazione (pendenti 24.262). Ogni anno si prescrivono circa 130.000 processi." [da: Corriere della sera, DATAROOM, Milena Gabanelli] Se i dati sono "veri" non mi paiono cifre insignificanti. Grazie per l'attenzione.
    19 febbraio 2020 • 09:55Rispondi
  2. Guido CameraGrazie per avere letto l'articolo. I dati da Lei riportati, se non contestualizzati, rischiano di non far comprendere i termini della questione. Infatti, non è specificato a quali reati si riferiscono i casi di prescrizione, agli anni di commissione degli stessi, alla fase del procedimento penale in cui la prescrizione è maturata, al perchè ciò è accaduto. Si tratta di elementi importanti, in quanto: il 42% delle prescrizioni, come risulta dalla relazione svolta del primo presidente della Cassazione in occasione dell'anno giudiziario, matura nella fase delle indagini preliminari, senza che venga svolta alcuna attività processuale; in questi casi, i reati prescritti sono quelli di minore allarme sociale, dove non ci sono misure che incidono sulla libertà personale in via cautelare; peraltro, le prescrizioni maturate oggi, si riferiscono a reati risalenti ad almeno 5 anni fa (per le contravvenzioni di minore allarme sociale, punite con ammende di qualche centinaio di euro), che diventano (al minimo) 6 per i delitti. Da allora però sono stati aumentati i termini prescrizionali di tutti i reati, e in particolari di quelli più gravi (sul punto, può vedere il bel lavoro delle Camere Penali https://www.camerepenali.it/public/file/Contributi_Prescrizione/Conferenza_stampa_21_10_2019/1.%20PRESCRIZIONE_ALCUNI_ESEMPI.pdf). A ciò si aggiunga che, con riferimento al distretto della Corte di Appello di Milano (fonte relazione del presidente della Corte di Appello e del Procuratore Generale in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario), i dati riferiti al 2019 - che dunque non considerano gli effetti degli aumenti di prescrizione di cui sopra si è detto, in virtù del divieto di applicazione retroattiva delle norme penali di sfavore - sono davvero confortanti, dato che nel distretto i casi di prescrizione sono stati il 2,91%. Personalmente, in 20 anni di frequentazione quotidiana di aule di giustizia penali, credo di avere visto una decina di processi finiti con prescrizione; ed erano reati bagattellari, oppure riferiti a reati commessi in un contesto normativo del tutto diverso dall'attuale. In chiusura, faccio mie le parole del Procuratore Generale di Milano in occasione della relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario: la riforma "non servirà sicuramente ad accelerare i tempi del processo, semmai li ritarderà senza limiti (...) incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo (...); essa appare irragionevole quando agli scopi, incoerente rispetto al sistema, confliggente con valori costituzionali". Spero di avere risposto esaustivamente.
    20 febbraio 2020 • 07:37Rispondi
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