8 luglio 2019

VALE IL TRUCCO A FIN DI BENE?

Controversa lettura della sentenza Sala


Dunque, dopo Carola, anche Beppe Sala nella parte di Antigone? Condannato, in primo grado, per falso in atto pubblico tuttavia con pena mitigata anche con l’attenuante di aver agito “per motivi di particolare valore sociale” apre ancora una volta il conflitto tra il diritto positivo della dura lex sed lex e quello “naturale” influenzato da finalità di ordine umano, morale o appunto sociale, riguardante in questo caso un prevedibile interesse collettivo.

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E’ vero che in democrazia la forma è anche sostanza e lo stato di diritto si fonda su leggi che precedono i fatti, per questo “astratte, coerenti e cogenti”, Ma è altrettanto vero che la concreta pratica amministrativa spesso pone l’alternativa tra l’osservanza pedissequa della procedura e la necessità di operare qualche forzatura per disincagliare intrichi burocratici e dare effetto all’azione.

Uno dei capisaldi delle “riforme Bassanini” degli anni ’90 consisteva infatti nel passaggio, nella teoria e nella prassi della pubblica amministrazione, da un tradizionale modello formale e gerarchico, di derivazione militare, ad un più moderno approccio definito “orientamento al risultato”. Riforma per altro fallita, o perlomeno mutilata, in quanto alla sua applicazione ha provveduto proprio la burocrazia, nel vuoto di competenza e prestigio di una classe politica da “seconda repubblica”.

La formalità talvolta, ed è il caso in questione, disorienta e sconcerta il senso comune. Al normale osservatore appare più grave il fatto di aver pagato a prezzo anomalo la piantumazione di Expo, per quanto con i regolari poteri straordinari di Commissario (qui, a parti rovesciate in commedia anzi in tragedia, nel ruolo di re Creonte!), oppure aver retrodato nomine per recuperare inaccettabili ritardi, causati in larga parte da altri?

Nel sistema ante Bassanini, come si è detto ampiamente sopravvissuto, infatti l’inerzia e l’ignavia non sono mai sanzionate. Neppure nel caso che l’indolenza sia “dolosa” ovvero finalizzata a creare l’urgenza, meglio se “somma” come da definizione normativa atta a saltare le procedure di gara ed i normali equilibri di mercato.

La “somma urgenza” è ovviamente giustificabile in occasione di terremoti o altri eventi gravi ed imprevisti, ma non era certo questo il caso del tempo (perduto) dal commissario Stanca ed affini. L’urgenza se non c’è la si crea. Per altro senza rischi sul lato penale, ed a condizione di transigere assai su quello morale!

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Invece situazione rovesciata per il commissario Sala, dotato di ampi poteri e costretto ad accelerare i tempi al prezzo di commettere più o meno involontariamente errori ed omissioni. A cose fatte tuttavia lo stesso anziché ricorrere ad una sconsolata perifrasi (“una sentenza del genere … allontanerà tanta gente per bene dall’occuparsi della cosa pubblica”) avrebbe potuto ammettere la responsabilità e fare buon viso ad una sentenza dovuta (e per altro commutabile, prescrittibile, ecc).

Un atto di sincerità, in controtendenza rispetto all’ipocrisia e doppiezza della politica corrente, avrebbe forse avuto un significato politico alto, anche di denuncia dell’andamento vigente e di prospettiva verso un governo della cosa pubblica efficace e trasparente.

Altra cosa è il pregresso di Expo, il cui successo finale non può far dimenticare le manovre fosche, su aree, appalti, conti e quant’altro, che hanno portato gravi ombre e profondi buchi nella conduzione complessiva dell’operazione, a conferma che i Grandi Eventi, in questo paese, sono purtroppo visti da molti come la diligenza da assalire o il galeone da arrembare.

Ed ora si ricomincia con la Grande Olimpiade Invernale…

Valentino Ballabio



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  1. ugo targettiAnzitutto solidarietà a Sala. Non ci sono stati illeciti arricchimenti o favori e l’opera ha avuto successo. Gli stessi magistrati hanno affermato nella sentenza che l’imputato ha agito nell’interesse comune. Dunque complimenti a Sala! Era consapevole delle retrodatazione? Se si è stato un atto di “disobbedienza civile”; avrebbe potuto dichiararlo come tale? Forse. Comunque resta l’insolubile nodo della burocrazia, ovvero delle procedure di legge che regolano il funzionamento della pubblica amministrazione e il rapporto cittadini / Stato. A tale proposito Ballabio pone la questione di fondo: in democrazia deve prevalere il principio che la “forma è sostanza” o deve prevalere l’“orientamento al risultato” ? Personalmente propendo per il secondo principio. Per carattere ma soprattutto per convinzione politica: penso che la paralisi indotta dal rigido rispetto della forma sia sempre più pericolosa per il sistema democratico che rischia di non essere adeguato ai ritmi imposti dalla società globale e alla domanda dei cittadini che si orientano verso un sistema più autoritario e percepito come più efficiente. La semplificazione della burocrazia, obbiettivo di tutti i partiti, procede pianissimo e in modo contraddittorio perché nessuno ha il coraggio di porre ai propri elettori la domanda: “preferite meno controlli e più efficienza o viceversa?” Un’azione riformatrice coerente, prudente e costante sarebbe auspicabile, ma l’instabilità politica ed il livello di conflitto sociale che divide il Paese non lo consente. Bisogna individuare principi capaci di ribaltare la scala dei valori. Per esempio introdurre nel sistema ordinamentale il principio della prevalenza del rispetto dei tempi programmati, rispetto alle altre procedure; è evidente che tale principio aumenterebbe l’efficienza e allenterebbe i controlli. Si domanda: chi sarebbe d’accordo?
    10 luglio 2019 • 10:28Rispondi
  2. valentino ballabioIn effetti un secondo caposaldo dei conati riformatori degli anni '90 (leggi 142 e 241 del 1990, Bassanini del 1997/98) si basava sull'introduzione del “fattore tempo” nel procedimento amministrativo. Procedure più semplici e certe nelle mani di apparati responsabili, selezionati e retribuiti per merito piuttosto che per anzianità, ed un ceto politico autorevole, deputato all'indirizzo programmatico ed al controllo esecutivo. Purtroppo obbiettivi in larga parte mancati per resistenza burocratica da una lato ed inconsistenza etico-politica (classe dirigente berlusconiana, bossiana, penatiana, ecc.) dall'altro. Ed ora, salvo eccezioni, come nella successione dei tiranni di Siracusa dell'apologo, saremmo alla “terza” Repubblica!
    12 luglio 2019 • 09:31Rispondi
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