14 febbraio 2020

ARCHITETTURA MODERNA A RISCHIO

La ex Casa ONB di Mario Cereghini ed altre questioni


PER COMINCIARE: La ex casa ONB in via Mascagni, opera dell’architetto razionalista Cereghini, è un edificio sottoposto a vincolo monumentale dal 2005. Ma quali manovre si nascondono dietro la sua (presunta) imminente ristrutturazione? Che rispetto c'è per l'architettura milanese e i suoi materiali?

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La ex Casa ONB in via Mascagni è uno dei più importanti edifici razionalisti di Milano, costruito su progetto dell’architetto lecchese Mario Cereghini tra il 1934 e il 1935 come “Casa del Dirigente” dell’Opera Nazionale Balilla (ONB).

Alcuni diranno che si tratta di architettura “fascista” e quindi non meritevole di essere conservata. Occorre però ricordare che molti capolavori dell’architettura moderna italiana sono stati costruiti per il Regime – si pensi alla Casa del Fascio di Giuseppe Terragni a Como o alla Casa della Gioventù di Luigi Moretti a Roma – e che Mussolini era notoriamente disinteressato all’architettura e alle arti in generale, favorendo così, a differenza della Germania di Hitler o della Russia di Stalin, una straordinaria fioritura artistica e architettonica.

L’edificio di Cereghini è inserito in un tratto di via Mascagni – strada di sventramento prevista nel 1934 dal Piano Albertini e aperta nel dopoguerra – in cui sorgono altre architetture significative. Alcune antiche, come le residenze nobiliari delle famiglie Resta e Mozzoni, prima e dopo la ex Casa ONB, altre del dopoguerra, come la casa di Emilio Lancia all’angolo con via Conservatorio, la casa di Francesco Gnecchi Ruscone all’angolo con via Visconti di Modrone – oggi sede del negozio Rimadesio –, la Torre Monforte di Alessandro Pasquali e la torre di Alessandro Rimini all’angolo con via Donizetti.

A due passi, in via Visconti di Modrone, la casa di Franco Buzzi e Gian Giacomo Predaval che ospitava il negozio Azucena, e in via Conservatorio le case di Magistretti padre e figlio; appena più in là un capolavoro del liberty, Casa Campanini in via Bellini, e una delle chiese più belle e importanti di Milano, Santa Maria della Passione. Insomma, un piccolo concentrato di architettura milanese che, pur nei contrasti e nelle dissonanze, racconta bene le vicende storiche ed edilizie della nostra città, in una sorta di campionario di epoche e stili.

La ex Casa ONB consiste di due parti principali: a destra un corpo a quattro piani (in origine tre), che ospitava un ambulatorio e gli uffici dell’ONB; a sinistra un corpo più alto, che conteneva un auditorium e una biblioteca, affacciata sul terrazzo del corpo attiguo, mentre il piano più alto era destinato a solarium. Un androne nel corpo di destra dà accesso al cortile, in pendenza, intorno a cui sorgono corpi minori che seguono i confini del lotto.

La differenza delle funzioni è evidenziata dal carattere delle due parti principali: il corpo a destra è alleggerito dalle logge e dalle grandi aperture, mentre il corpo a sinistra ha l’aspetto di una massiccia torre coronata da una pensilina. La contrapposizione tra le due parti accomuna la facciata di questo edificio a quella della coeva Casa del Fascio di Como, il cui autore, Giuseppe Terragni, collaborò con Cereghini per altri progetti.

La ex Casa ONB ha strutture in calcestruzzo armato ed è quasi interamente rivestita in mattonelle di klinker a imitazione del mattone, utilizzate per la prima volta in Italia nel 1933 per il Palazzo dell’Arte di Muzio, sede della Triennale. Le logge hanno pilastri e travi rivestiti in serpentino verde, mentre gli essenziali parapetti sono formati da lastre di marmo bianco di Carrara. I solai in vetrocemento permettono di dare più luce agli ambienti rivolti a nord e accentuano il contrasto tra la leggerezza delle logge e il carattere massiccio dei volumi rivestiti in klinker.

Questo materiale, noto all’epoca come litoceramica, riveste anche alcune parti interne (le pareti dell’atrio e delle scale del corpo a destra), in sintonia con il principio di continuità tra interno ed esterno tipico dell’architettura moderna. Lo stesso principio si ritrova nella sala di lettura della biblioteca, con ampie vetrate tra i vari ambienti e tra l’interno e la terrazza.

Altri elementi di interesse sono gli oblò di gusto navale a destra delle logge, le aperture verticali dei vani scala, con alternanza di infissi in ferro e pannelli di vetrocemento, e la dinamica composizione delle facciate interne, con finestre di varia forma e dimensione.

La grande pensilina a sbalzo – vero tour de force ingegneristico (progetto strutturale dell’ingegnere Giorgio Baroni) – appare sospesa sopra il volume pieno del corpo alto, in analogia con quanto realizzato a Roma nella Casa della Gioventù a Trastevere di Luigi Moretti e anticipando una soluzione che avrà grande fortuna nell’architettura milanese degli anni ‘50, come dimostrano il Grattacielo Pirelli e la Torre Galfa.

Nel dopoguerra l’edificio diventa proprietà del Comune ed è destinato a nuove funzioni. L’auditorium diventa sede del Cinema Arti e gli interni sono profondamente trasformati, conservando però – ad eccezione dell’ingresso – l’architettura delle facciate. Il corpo basso ospita fino a tempi recenti varie attività, tra cui la sede storica dell’ANPI e la famosa palestra Doria, tempio della Boxe, e viene modificato dall’aggiunta di un piano, realizzato in stile, e dalla parziale sostituzione dei serramenti esterni. Rimangono invece pressoché intatti l’atrio e il vano scala.

Nel 2008 l’amministrazione di centrodestra del sindaco Letizia Moratti mette in vendita la ex Casa ONB insieme ad altre unità immobiliari del Comune, istituendo il fondo immobiliare “Comune di Milano I” affidato a BNP Paribas, che lo vende all’asta nel 2010 per 15 milioni di euro.

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Da allora si sono susseguiti vari progetti di ristrutturazione e riuso.

L’ultimo progetto noto è approvato nel 2015 e il cantiere inizia a gennaio 2019, come recita il cartello affisso sul cancello nell’androne, dove compaiono anche i nomi del committente – Mascagni Developers – e del progettista e direttore dei lavori, l’architetto Carlo Luigi Gerosa.

Un altro cartello, molto più grande e visibile, inserito nei varchi del loggiato al piano rialzato, reca logo e contatti del fondo d’investimento inglese Trophaeum. Da un articolo uscito sul “Corriere della Sera” il 15 dicembre 2018 risulta che l’edificio sia stato acquistato da Trophaeum per farci un albergo di lusso o uffici: l’assenza di informazioni online dopo gennaio 2019 e il cantiere fermo lasciano credere che il progetto sia caduto nel vuoto.

Un terzo cartello, relativo a “notifica preliminare cantieri” e recante il logo della Regione Lombardia, riporta informazioni più recenti: la data dell’ultimo aggiornamento è il 30 ottobre 2019 e nella voce “Natura dell’opera” e compaiono le scritte “direzionale e amministrativo” sotto la voce “categoria”, mentre la tipologia dell’intervento è denominata “ristrutturazione”. Compaiono poi l’ammontare complessivo presunto dei lavori – 450.000 euro – e il nome della committente: Stefania Fede, residente a Bolzano.

Da breve ricerca online risulta che si tratta dell’amministratore delegato della società MONTENAPO MODE 25 SPA, la cui attività è descritta come “Locazione immobiliare di beni propri o in leasing (affitto)”.

Il mistero si infittisce e, anche se la situazione è in stallo, non c’è tanto da stare tranquilli. Fortunatamente l’edificio è sottoposto a vincolo monumentale dal 2005: c’è da augurarsi che tale provvedimento permetterà di evitare l’ennesima devastante ristrutturazione.

Pierfrancesco Sacerdoti

 



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