10 febbraio 2020

BETTINO CRAXI, L’ANTI SOCRATE

Della prevalenza della ragion privata sull’etica pubblica


PER COMINCIARE: Un fantasma continua a turba la politica italiana. E sempre difficile fare una analisi storica di un personaggio fino a che lo scorrere del tempo non consenta agli storici di parlarne senza che intervengano i protagonisti stessi delle vicenda.

Ucciero

Vent’anni fa ad Hammamet moriva Bettino Craxi. Esule perseguitato per alcuni, pregiudicato latitante per molti altri. Non mancano le réveries, neutre, segnate da nostalgia o dal desiderio di piena riabilitazione. L’hanno commemorato più numerosi che in passato, ora presenti alcuni, finora quasi dimentichi, in realtà in attesa di tempi migliori. Dominante Forza Italia, capitanata da Anna Maria Bernini, presidente dei senatori, a braccetto senza vergogna con gli eredi del “cappio del ’92”, Armando Siri e Massimo Garavaglia.

Per il centro sinistra a trazione renziana, Davide Faraone ed Umberto Del Basso De Caro. Infine, amici e sodali di Bettino e della sua lontana stagione: Alessandro Colucci e Renzo Tondo, Lucio Barani, Margherita Boniver, Stefano Caldoro, Fabrizio Cicchitto, Laura Fincato, Ugo Intini, Riccardo Nencini, Claudio Martelli, Nello Polese, Maurizio Sacconi, Giulio Santarelli, Claudio Signorile, Saverio Zavattieri, Mario Barbi, Eugenio Bennato, Enrica Giorgetti, Giancarlo Lehner, Stefano Pillitteri, Donato Robilotta, Fabrizio Rondolino, Andrée Ruth Shammah, Giampaolo Sodano, Luisa Todini, Carlo Tognoli. Per la categoria nani e ballerine, Costantino Della Gherardesca.

Maggior segno politico, la presenza di Giorgio Gori che, tra le diverse cose dette o smentite, dichiara di trovarsi lì non per conto del PD ma come Sindaco di Bergamo, beatamente ignaro della distinzione tra attenuante ed aggravante. Per lui, Bettino Craxi “Ha commesso errori, ma non si cancella così un pezzo importante della storia della sinistra e del nostro Paese”, spiegando che “su tanti temi politici aveva ragione lui, e Berlinguer torto”.

Il PD, che non si fa mai mancare nulla, si è aggrovigliato in una confusa sequenza di “non lasciamo Craxi alla destra”, “cerchiamo di capire la storia” o “Craxi è già stato condannato, non ne parliamo più”, per poi, come sempre o quasi capita, rintanarsi nella pavida osservazione di quello che fanno altri, nel caso i “suoi” giovani democratici, che hanno deciso di meglio capire e quindi doverosamente studiare la vicenda di Bettino Craxi in un convegno milanese di “approfondimento storico”, garantito da studiosi come l’ex sindaco PSI Carlo Tognoli, l’ex capogruppo milanese del Psi Ugo Finetti e l’ex vicesegretario nazionale Claudio Martelli.

L’evento su cui doveva svettare anche il simbolo del PD è stato poi derubricato, per la rivolta della gran maggioranza dei consiglieri milanesi che hanno contestato al Presidente del gruppo PD, Filippo Barberis, una gestione pasticciona, solitaria e sottilmente manipolatrice. Infine, il Sindaco Beppe Sala, tirato per la giacchetta, ha lamentato la scarsa qualità del dibattito e se n’è lavato le mani, non senza subire il rimbrotto lacrimoso di Stefania Craxi, in parlamento dal 2008, sempre ringraziando quel Silvio Berlusconi che nel 1994 candidò Antonio Di Pietro, il “carnefice” di suo padre, a Ministro di Giustizia.

In ogni modo, c’è effettivamente una questione storico politica “Bettino Craxi”? In cosa consiste? E’ possibile isolare la questione “criminale” da quella politica? Si può parlare di lui come erede di una tradizione machiavellica, eticamente neutra di fronte ai fini o il suo è solo il “romanzo criminale” di un gruppo che non badava al sottile? E soprattutto la questione politica “Bettino Craxi” è davvero attuale, e come?

Ucciero2

In effetti, se oggi guardiamo al Partito Democratico lasciato da Renzi dopo 5 anni, non si può non ammettere che presenta parte dei tratti somatici del PSI degli anni 80. La convivenza con quelli che rimandano piuttosto alla memoria della tradizione comunista è fonte della sua perdurante ed ambigua identità. Un corpo, dove, se il cuore pulsa indomito al ricordo di Enrico Berlinguer, il cervello (e anche lo stomaco) hanno macinato alcune parole d’ordine di Bettino Craxi. Su questo punto, sulla metabolizzazione nel partito democratico di parte di quella visione, potrebbe anche registrarsi una condivisione di massima, e del resto Veltroni al Lingotto non ne fu lontano.

Ma la vera questione non è questa, non è mai stata principalmente questa. La vera questione è rappresentata dalla relazione critica tra politica e denaro, tra fini e mezzi, tra società politica e società civile, tra cifra etica della tangente e legittimità delle leggi dello Stato.

E’ bene ricordare che, se è vero che il PSI non fu solo nella pratica di estorsione di denaro alle imprese ed alle comunità, è anche vero che sotto la direzione di Craxi, ed il C.A.F. da lui promosso, il comportamento tangentizio divenne costituzione materiale della nostra vita pubblica, luogo comune, controverso sentire di popolo, ed infine rancore e risentimento non più sopportabili.

Una “decima” che toccava per prassi al ceto politico amministrativo del PSI, come nei secoli passati al clero o ai nobili. E se Beppe Grillo si fece cacciare dalla RAI nel 1986 (“se in Cina sono tutti socialisti, a chi rubano?”), il referendum “dell’andate al mare” di Craxi lo risarcì appieno. Era il 1991 e la politica socialista, ormai sinonimo di malaffare nella semplificata rappresentazione popolare, era già malato terminale. Craxi nel 1992 rivendicò con cecità pari all’orgoglio smisurato la sostanziale legittimità politica della tangente, negando allo Stato la fondatezza della pretesa punitiva.

Sostenne la debole tesi dell’irregolarità dei fondi, quando invece si trattava di estorsioni obbligatorie e sistematiche. Ponendosi fuori, o meglio, sopra all’ordinamento giuridico di cui era rappresentante, concluse inevitabilmente la sua parabola nella condizione del pregiudicato in contumacia, travolgendo con la sua vicenda personale quanto restava di un grande ed onorato partito popolare.

Bettino Craxi negò in radice la legittimità politica, giuridica e costituzionale, dell’azione riparatrice dello Stato, sottraendosi al giusto processo, e ritagliandosi una veste, quella di “esule volontario”, disattesa dai fatti, dalle norme e dallo stesso sentimento popolare, che certo non lo pianse mai. Vale solo la pena di ricordare che altri protagonisti, in condizioni simili, pur sostenendo la propria verità ed innocenza, non hanno mai preteso l’illegalità sostanziale dell’azione dello Stato, delegittimandolo. Andreotti, per dieci anni, si sottopose al giudizio pubblico per le sue note vicende siciliane, ed era Andreotti.

Questa ricostruzione storico – giuridica, forma tutt’oggi il vero crinale divisivo ed insuperabile tra la stagione craxiana ed il centro sinistra attuale, tra la controversa memoria di Craxi e l’essere oggi dei democratici, che fanno dell’etica pubblica uno dei principali tratti identitari.

Se Bettino Craxi avesse avuto coraggio e dignità, civile e politica, di sottoporsi a processo e di scontare l’eventuale pena, non saremmo di fronte al vulnus irreparabile generato da una condotta a danno dei principi più essenziali della nostra vita associata: siamo tutti, anche i più alti tra noi, sottoposti alla legge ed alle sue procedure. Nessuno di noi può sottrarsi, in nome di una propria e magari pure sacrosanta verità: chi si fa banditore di questa “particolare” condizione si pone fuori e sopra la legge, recide le radici della comunità, da cui infine si autoesclude.

Sono disponibili oggi Tognoli, Martelli, Finetti ed altri, (non pretendiamo la vestale del culto Stefania Craxi) a riconoscere quella gravissima ed errata scelta, o sono ancora allineati al Bettino Craxi che in Parlamento rivendicava la tangente come “peccato veniale”, fondamento obbligato di una politica che non sapeva, non voleva, non poteva fare a meno dei soldi estorti alla società civile? E che in base a questa distorta pretesa non intravvedeva e tanto meno riconosceva la fondatezza etico politico e giuridica dello Stato che si muove per riaffermare principi e regole validi per tutti?

Nessuna autocritica allora, nessuna autocritica oggi dai suoi (presunti) eredi?

Giuseppe Ucciero



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  1. Enzo RanieriGentile Sig. Ucciero, probabilmente la sua lettura della storia italiana è molto diversa da quella di molti altri italiani. La sua disamina si ferma esclusivamente al periodo della vita repubblicana, che molti italiani conoscono come quello di "mani pulite" e che altri considerano un'azione faziosa nei confronti della Politica italiana o ancora peggio un colpo di stato giudiziario. Nella sua disamina non trova spazio l’Italia del prima e del dopo, dimentica di parlare dell’apporto all'Italia del PSI a guida Bettino Craxi e della successiva deindustrializzazione del Paese dovuta alla svendita delle aziende di stato, quelle stesse industrie che hanno reso possibile il miracolo economico italiano frutto di una sensata politica socialista. Ecco da questo deduco che quanto da lei scritto non è una disamina storica sul leader socialista ma soltanto l’espressione di un opinione legata ad un periodo storico. Cordialmente
    12 febbraio 2020 • 13:41Rispondi
    • giuseppe uccieroCaro Enzo, non era e non è mia intenzione proporre una complessiva valutazione storica dell'azione politica complessiva di Bettino Craxi. Se mi si chiede se era un importante uomo politico, dico sì senza riserve. Se mi si chiede quale sia stato il segno della sua azione politica, dico che è stata importante ma controversa nei suoi contenuti. Ma il punto non è questo, lo ripeto di nuovo. Il punto è la sua posizione di fronte allo Stato ed alle nostre leggi. Chiunque di noi, non importa se Presidente o ultimo degli umili, deve rispondere dei suoi comportamenti e non importa assolutamente nulla se pensa in cuor suo di avere torto o ragione. Oppure le chiedo, è giusto che chi sia convinto di essere innocente si dia alla fuga? Ho evocato la figura di Socrate per rappresentare quale sia al massimo grado il comportamento di un cittadino leale verso la sua comunità. Socrate non fuggì, si sottopose a processo, e pur professando la sua innocenza bevve la cicuta, poichè preferiva morire da innocente che vivere contro le leggi. Craxi, a cui non si chiedeva di bere la cicuta, ma di sottostare alle leggi dello Stato che ha guidato, si è sottratto al processo ed alla stessa possibilità di un dibattito pubblico sule sue responsabilità. Ha ridicolizzato le accuse, fondatissime e passate in giudicato, e non si è mai neppure scusato di fronte alla comunità per le gravissime vicende che hanno riguardato lui ed il suo partito. Si parla di diversi comportamenti verso diversi uomini politici paragonabili: posto che la casistica è infinita, mentre è certo che Craxi in Parlamento si limitò a dire "così fan tutti". Oggi LULA, accusato, condannato, ha scontato la sua pena e per questo, e non nonostante questo, è ancora stimato al punto di essere ricevuto dal Papa. Nel bilancio complessivo di un uomo politico, aldilà della su azione, l'essersi negato all'applicazione delle leggi dello stato che di cui è altissimo rappresentante segna in modo indelebile memoria e meriti, lasciandolo inevitabilmente nella condizione di chi, per non aver avuto responsabilità e coraggio, si è autoescluso dalla sua comunità. Non è morto da esule, ma da pregiudicato latitante: poteva essere diversamente, certamente, ma questa è stata la sua scelta.
      14 febbraio 2020 • 13:03
  2. valentino ballabioQuale esempio illuminante del ruolo di Bettino Craxi statista va annoverata per memoria pure la missione da lui guidata in Cina (novembre 1986) con pletorica e non conforme delegazione al seguito, satura di nani, ballerine ed imbucati vari, che espose l'Italia al ridicolo presso le Cancellerie internazionali e l'opinione pubblica mondiale … peraltro senza strascichi giudiziari interni (la Commissione parlamentare inquirente preferì ancora sorvolare!)
    12 febbraio 2020 • 16:20Rispondi
    • giuseppe uccieroAlla fine tutto questo è colore, di cui possiamo quasi sorridere, come di buona parte di una vicenda dai tratti autocratici e corruttivi. Spiace vedere che ancora oggi alcuni amici socialisti non sappiano staccarsi emotivamente da un passato dove certamente contavano, ma ad un prezzo insostenibile eticamente, politicamente e socialmente. Chi ricorda le "belle stagioni" dello sviluppo, occulta a sè medesimo che i costi di quel tempo ancora gravano e graveranno per decenni sulle spalle di tutto il popolo italiano.
      14 febbraio 2020 • 13:11
  3. DonatellaPurtroppo, con Craxi e la sua politica, si è offuscata la storia di un partito di sinistra, che tanto aveva dato alla democrazia italiana e alla sua crescita.
    26 febbraio 2020 • 08:02Rispondi
  4. Roberto BiscardiniCara Donatalla, c'è stata la precisa volontà non di far fuori Craxi e il Psi, ma attraverso Craxi e il Psi di far fuori la Prima repubblica, per edificare quella in cui stiamo vivendo, contenti loro...
    26 febbraio 2020 • 16:31Rispondi
  5. giuseppe uccieroCaro Biscardini, Donatella ha ragione e tu torto. Donatella attribuisce a Craxi la responsabilità politica e morale di aver distrutto il PSI, un partito che aveva dato tanto e che poteva ancora dare tanto, dopo la caduta del Muro. Condivido. Invece tu ancora ti attardi sulla fantastica teoria dei poteri "forti ed occulti" (quali, chi, come..) che volevano far fuori la Prima repubblica, dimenticando lo sfascio politico morale a cui erano giunti quegli anni. Si voleva edificare qualcosa di meglio con la rivolta morale di Tangentopoli, ma non si seppe. Soprattutto non si volle e non si potè. Lo impedirono in molti, ed in primis quel Silvio Berlusconi che era il principale sodale di Craxi, non certo l'Ulivo e Romano Prodi, protagonisti dell'ultima stagione riformatrice italiana. Tu ricordi un leader, Craxi, ma in molti preferiscono ricordare Sandro Pertini, che con Craxi non legò mai, e ce n'era ben ragione.
    27 febbraio 2020 • 15:46Rispondi
  6. GABRIELLAGrazie a Ucciero per il suo articolo che condivido totalmente e grazie a Donatella per aver sintetizzato in poche parole la verità del declino di un partito della sinistra che tanto aveva dato alla democrazia italiana.
    1 marzo 2020 • 12:44Rispondi
  7. Nino RestelliSono basito, il vostro mi sembra il gioco di chi più sbaglia la risposta. A mio parere, in un contesto storico è indispensabile avere la mente libera da ogni preconcetto, dopodiché affrontare gli argomenti seri, storici e pertinenti. Argomenti che attestino le verità oggettive senza banalizzare con argomenti colmi di remore e preconcetti. Lo so non è facile ma io chiedo a tutti noi di usare un po piu onestà intellettuale e morale, soprattutto, sfrondiamo i discorsi dai paroloni ad effetto e cerchiamo di lasciare una traccia storica scevra da veleni faziosi. Siamo in libertà di pensiero, perciò ognuno è libero di dire ciò che gli pare, se la politica ha scelto questa strada tra poco tempo ci ritroveremo a dover vivere in un mondo contraddittorio Anarcoide Populista. Oppure alle marce su Roma. Allora si che la frittata sarà fatta.
    19 marzo 2020 • 07:46Rispondi
  8. giuseppe uccieroCaro Nino l'argomento del contesto storico e della complessiva vicenda di Bettino Craxi non supera la questione principale. Come Toni Negri e Cesare Battisti è fuggito dall'Italia, negando qualsiasi legittimità alla pretesa dello Stato, cioè della comunità nazionale di cui è stato massimo esponente, di dibattere e giudicare in pubblico la sua responsabilità. Queste non sono parolone, ma fatti storicamente avvenuti. Se infine vuol dire che la fine della Prima Repubblica ha generato derive populistiche e rischi autoritari, ne posso convenire, ma si chieda se le principali responsabilità della sua crisi non sono da addebitare proprio a chi, come Craxi, la guidò nel decennio precedente, ed a chi, come Berlusconi, gran sodale di Craxi, ne prese l'eredità politico morale.
    20 marzo 2020 • 11:11Rispondi
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