26 gennaio 2020

LORENTEGGIO: RIQUALIFICAZIONE SENZA EMPATIA

La periferia va conosciuta e vissuta prima di intervenire


PER COMINCIARE: Una grave disattenzione alla normativa europea sui fondi stanziati per la riqualificazione urbana. Non c'è niente di peggio che una sociologia da tavolino. Lorenteggio è un classico caso.

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“Quartieri. Oltre due milioni di euro per lo sviluppo e la crescita del Lorenteggio. Formazione, sostegno all’autoimprenditoria e riqualificazione abitativa”. Con queste parole, il 27 dicembre tramite una conferenza stampa a Palazzo Marino, l’Assessore alle politiche sociali e abitative, Gabriele Rabaiotti, e l’Assessore alle Politiche per il lavoro, attività produttive, commercio, Cristina Tajani, hanno dato la notizia del nuovo piano che verrà promosso nell’ambito del Piano di riqualificazione urbana Giambellino-Lorenteggio. Gli interventi verranno realizzati con finanziamenti provenienti dalla Unione Europea, fondi FSE e Fondi FESR. Nel documento di programmazione FSE Regione Lombardia dichiara che intende fornire supporto all’apprendimento permanente in coordinamento con altri fondi (L. 236/93; L. 53/03; fondi interprofessionali), garantendo una maggiore partecipazione delle persone più bisognose di accrescere ed aggiornare le proprie competenze”.

Nel concreto come viene attuato questo obiettivo? Come viene intesa la partecipazione degli abitanti più bisognosi? Chi sono questi abitanti?

L’intervento è rivolto a disoccupati, che non hanno fatto domanda di ammortizzatori sociali (a parte il Reddito di Cittadinanza che è ammesso) e che non sono mai stati destinatari di misure di sostegno per politiche attive del lavoro. È inoltre necessario risiedere nel quadrilatero Giambellino, Lorenteggio, Odazio e Inganni e alcune vie limitrofe. Ma chi abita in questo quadrilatero? Dai dati del Comune di Milano risiedono 4285 persone; quasi 2000 sono anziani o minori e pertanto non hanno accesso alla misura. Abbiamo poi abitanti, che per necessità vivono in quartiere, ma non potranno accedere alla misura perché non residenti anagraficamente. Un numero non quantificabile che riduce i possibili fruitori. I criteri usati limitano l’accesso e non garantiscono la partecipazione ad una parte consistente delle persone definite più bisognose.

L’intervento si divide in due fasi: la prima prevede l’erogazione di servizi di base e servizi di accoglienza e orientamento per un massimo di 500 persone. Alla seconda fase partecipano invece al massimo 200 abitanti, selezionati tra i partecipanti alla prima fase. In questa seconda fase vengono erogati servizi di consolidamento delle competenze (percorsi di formazione e autoimprenditorialità). Per la prima fase è prevista un’indennità massima di 338,68 €, per la seconda fase la partecipazione ai percorsi di formazione prevede un’indennità massima di 1149,87 € per un totale di 120 ore.

A questo intervento si affianca la Scuola dei Quartieri, progetto del Comune di Milano per far nascere progetti e servizi, ideati e realizzati dai cittadini, utili a migliorare la vita del quartiere attraverso idee imprenditoriali ad impatto sociale. La presentazione pubblica del 16 gennaio ha rivelato i limiti di un progetto decontestualizzato, che interviene nel Lorenteggio senza conoscerlo profondamente: 11 proposte di progetti sul quartiere che, più che accompagnare e sostenere l’identità popolare, sembrano strizzare l’occhio ad un processo di gentrificazione. Il percorso di partecipazione alla Scuola dei Quartieri rischia quindi di diventare sempre più esclusivo, tenendo fuori gli abitanti (solo 2 progetti su 11 sono stati presentati da abitanti del Giambellino, nessun progetto da abitanti che vivono nel quartiere popolare).

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La conduzione della serata da parte del Direttore di Progetto Innovazione Economica e Sostegno all’Impresa del Comune di Milano, con una modalità da showman inusuale per un dirigente pubblico, gli interventi del Sindaco Giuseppe Sala e dell’Assessora Cristina Tajani parlavano di un quartiere che in realtà non esiste, snocciolando numeri e sviluppando una narrazione imbarazzante e irreale che non ha riscontro in nessuno dei 4285 abitanti del quadrilatero, che non sono mai stati coinvolti. Per più di due ore è stato messo in scena un talent dove ogni gruppo di partecipanti al bando si misurava con le altre idee molto imprenditoriali e poco sociali, rassicurando il pubblico della sostenibilità economica delle proprie proposte, centrate infatti sulla vendita di servizi.

La nuova idea di servizi e di proposte culturali del Modello Milano fintamente accessibili, perché a pagamento. La grande innovazione è la vendita di servizi agli abitanti del territorio? Magari agli stessi che non trovano lavoro e dovrebbero essere i destinatari degli interventi di formazione e ricerca attiva del lavoro? Stupendo questo nuovo Quarto Stato dove i poveri del quartiere, gli aspiranti imprenditori, la borghesia del Modello Milano vanno mano nella mano verso il sol dell’avvenir. Stupendo quanto irreale.

Tanti numeri ma non sappiamo niente sulla qualità degli interventi, su come verranno condotti, sulla consapevolezza degli operatori rispetto alle condizioni di svantaggio e di abbandono che i possibili fruitori hanno subito in questi anni da parte di politiche scellerate contro i poveri.

Le attività di sostegno all’inclusione dovrebbero agire contemporaneamente sui bisogni delle famiglie in povertà e sui bisogni della rete. In continuità con le progettazioni attive in quartiere, agli abitanti, riconosciuto il forte senso di smarrimento e di impotenza nell’affrontare con scarse risorse (economiche ma anche relazionali) i propri bisogni, andrebbe proposto un dispositivo di co-progettazione e co-conduzione dell’intervento di sostegno e di riqualificazione del quartiere.

Questo percorso dovrebbe quindi basarsi prioritariamente sullo sviluppo di relazioni capacitanti, intese come processi pedagogici di coinvolgimento e partecipazione sociale, che permettano agli stessi di riappropriarsi della propria traiettoria di vita, favorendo il senso di responsabilità verso la propria comunità, l’acquisizione di competenze, lo sviluppo di reti e connessioni per superare l’isolamento. Al contempo, l’azione di supporto all’inclusione dovrebbe agire sulla rete, sostenendo e confermando un metodo di lavoro comune condiviso, basato su principi e modalità di relazione con gli abitanti (centralità della persona, dimensione relazionale, coprogettazione).

Sono pronte le Istituzioni a cogliere l’opportunità della riqualificazione per sperimentare insieme agli abitanti e alla rete territoriale dei reali processi di progettazione partecipata e di cittadinanza attiva? Sono pronte le agenzie incaricate di gestire il Laboratorio Sociale, la Scuola dei Quartieri e i percorsi di inclusione lavorativa ad unirsi alla richiesta del quartiere di un processo di riqualificazione realmente partecipato?

L’appalto per la gestione dell’intervento a sostegno dell’occupabilità è stato vinto da AFOL, unica agenzia insieme ad A&I che avrebbe potuto candidarsi visti i criteri del capitolato d’appalto. Questa modalità di selezione scelta dal Comune di Milano favorisce una gestione gerarchica e limita lo sviluppo di processi di progettazione partecipata con gli abitanti e con le organizzazioni territoriali che conoscono molto bene il quartiere. Stesso strumento è stato scelto per la selezione degli enti che sono andati a gestire il Laboratorio Sociale nell’ambito del Piano di Riqualificazione Giambellino-Lorenteggio, escludendo di fatto molte delle organizzazioni che hanno accompagnato l’avvio del processo di riqualificazione e che negli anni hanno gestito i processi di progettazione partecipata e sviluppo di comunità in quartiere.

Il lavoro di co-progettazione delle azioni previste dal progetto di riqualificazione viene gestito in modo settoriale dai funzionari comunali, convocando le organizzazioni su progetti parziali e senza aver mai proposto un incontro sui temi della progettazione complessiva condivisa con gli abitanti. Funzionari che si sentono autorizzati a non accogliere le linee di indirizzo politico definito dall’Accordo di Programma e dalle Linee di Intervento proprie del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e a rispondere alla rete territoriale che la co-progettazione deve rimanere subalterna e vincolata ai cronoprogrammi, con il risultato quindi di ridurre l’intero processo al mero iter tecnico-amministrativo e di giustificare il mancato coinvolgimento degli abitanti e delle diverse organizzazioni territoriali.

Ezio Meraviglia



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