25 gennaio 2020

IL TURISTA IMMAGINARIO

Seconda parte


Seconda parte di un racconto tra il reale e il surreale di un turista straniero a Milano.

Tremolada

[Clicca qui per la prima parte.] Il turista rimane immobile per un lunghissimo minuto, la testa che s’affanna in decine di pensieri per decidere che fare: chiamare la polizia? Aspettare che si faccia giorno? Oppure tornare in hotel, comunicare l’accaduto al concierge e…

Hey man… tutto ok?”. Una ragazza giovane, molto giovane, con un lungo rasta che le scende sulle spalle dallo chignon che ha sulla nuca, lo fissa con un’aria tra l’amichevole e il preoccupato. Resta un attimo impalato ad esaminare il suo guardaroba: jeans, t-shirt da uomo, scarpe da ginnastica… Nessuna grande marca, niente loghi in vista. Chissà se è davvero di Milano, si chiede.

Not really… Cioè, sto bene, ma mi hanno appena derubato e non ho idea di cosa fare.”, risponde dopo qualche esitazione.

Ah!”. Il turista resta un po’ interdetto quando la ragazza accompagna l’esclamazione che battendosi una mano sulla coscia e intanto scuotendo la testa e schioccando la lingua, in una sorta di danza della disapprovazione. “I’m sorry… dovresti andare a sporgere denuncia, ma temo non ci sia molto da fare fino a domattina. Non so come aiutarti… vuoi fermarti a bere con noi nel frattempo?”, chiede la sconosciuta in un ottimo inglese, accennando ad un nutrito gruppo di adolescenti seduto sulla riva di quello strano fiume.

Nessuno di loro indossa capi firmati, nemmeno una ragazza ha i tacchi alti e sono tutti seduti a terra, noncuranti dello sporco e dei piccioni che li circumnavigano alla ricerca di briciole. Non era così che immaginava i giovani abitanti della capitale della moda.

Il turista rifiuta elegantemente, oramai deciso a ritirarsi tra le sicure ed internazionali mura del suo ottimo hotel. Però, vista l’apparente impossibilità di rimediare al disastro notte facendo, che male c’è a fare una passeggiata?

L’ultima mezz’ora l’ha scosso a tal punto da fargli dimenticare non solo la prenotazione in pizzeria, ma anche la fame. Si dirige così verso il ponte che collega le due rive del canale, pentendosi di non aver accettato l’offerta di una birra per rinfrescarsi da quell’afa che non ha voluto scomparire insieme al sole.

Tremolada.

Fermo al centro del ponte, mani sul corrimano e occhi puntati sullo spettacolo dei Navigli notturni, si sorprende a pensare a Venezia. Non avrebbe mai pensato a Milano come una città d’acqua, eppure da qui lo sembra proprio. Le luci che guizzano riflettendosi nel canale, che rimbalzano sulle vetrine, la musica che sembra propagarsi da ogni angolo di quel singolare slargo insieme al vociare della gente in quella lingua così morbida che è l’italiano, sono irresistibili: perché chiudersi in hotel a piangere la perdita dei suoi averi?

Il turista ha ripreso coraggio, e scende dall’altro lato del ponte con un buffo saltino che tradisce il ritrovato entusiasmo. Cosa può fare, però, senza un soldo in tasca? Assorto in questo pensiero, sale una scaletta di pietra e imbocca il Naviglio Grande. Non può soffrire di passare sul lato sinistro, quello denso di turisti come lui, intenti a spendere i loro euro in colorati spritz, quando non può più permettersi neanche un caffè! Dunque scende sulla riva destra, meno affollata e meno chiassosa.

Continuando a camminare, libero dalla schiavitù di uno schermo che gli dice sempre dove andare, cosa fare, cosa guardare, cosa considerare, il turista si scopre interessato a cose che credeva irrilevanti: una coppia appollaiata sul bordo del Naviglio che si bacia appassionatamente, incurante del pericolo di cadere in acqua; i venditori ambulanti e i riders in bicicletta, tutti di etnie diverse da quella caucasica, che tradiscono quel razzismo di cui gli italiani non vogliono ammettere d’esser colpevoli; un vecchio che cammina piano appoggiato al bastone, parlando tra sé in una lingua che sembra italiano, ma molto più nasale e con delle “e” parecchio aperte (il turista non lo sa, ma ha appena sentito blaterare in milanese).

È tutto così nuovo, così strano, così diverso dall’Italia che ha visto a Roma, Venezia, Firenze… O che forse sia lui ad esser diverso? Tutto questo filosofeggiare gli sta andando alla testa, le luci iniziano a girare, gli manca la terra sotto i piedi…

…“Signore? Signore, sta bene?”. Il viso del corpulento cameriere che l’ha afferrato appena prima che si spaccasse il cranio sui sanpietrini gli appare come in un sogno, circondato da un’aura quasi angelica. Certo che è svenuto, sono ore che non mangia niente. Ci mette qualche minuto a riaversi e ritrovarsi, circondato dalle affettuose premure di un gruppetto di curiosi.

Come si sente?”. Il turista si volta verso la donna che lo ha interpellato con un sorriso affabile, e prontamente risponde: “Molto meglio, solo grazie a voi!”. La donna gli allunga un bicchiere di Coca-Cola. Si sorridono.

Ma, un momento. Il viso del turista si dipinge di sgomento, quasi di paura. Chiude gli occhi, e ascolta. Lo sciabordio del naviglio, piccioni che sbattono le ali, tacchi sul marciapiede, bicchieri che tintinnano, bocche che masticano, che schioccano, che gridano, che dicono… parole. In italiano. Che lui riesce, all’improvviso, a capire.

Come potrebbe continuare questo racconto su Milano? Dove dovrebbe dirigersi il nostro turista? Inviate le vostre proposte ad arcipelagomilano@gmail.com!

Elisa Tremolada

 

Seconda parte di un racconto tra il reale e il surreale di un turista straniero a Milano. Clicca qui per la prima parte.



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