12 gennaio 2020
PENSARE UN SINDACO IDEALE È PECCATO?
Si avvicina la scadenza elettorale
L’idea che il sindaco sia rappresentativo rispetto alla gente di un luogo, ci rimanda a immagini romantiche di un tempo in cui si conosceva esattamente l’uomo prima del politico. Questa condizione è naturalmente inapplicabile nelle grandi realtà urbane come Milano, ma resta un archetipo.
Nelle realtà sociali antiche, il capo era uno del gruppo, uno che conosceva bene gli usi e costumi della tribù e soprattutto succedeva a qualcuno che la pensava pressappoco come lui, questo dava sicurezza alla gente e garantiva una continuità del sistema che si adeguava molto prudentemente alle nuove esigenze e tendenze delle giovani generazioni fino al punto di escludere eventuali individui divergenti. Era pressoché certo l’assetto generale dell’insediamento e dell’economia della comunità, la quale doveva anche essere basata su una scala di valori ben distinta e difficilmente contaminabile dal progresso assai lento e spesso ostacolato o per diffidenza o per l’esigenza di mantenere gli assetti prestabiliti e tramandati da potere a potere.
Gli equilibri sociali, imprescindibili per una classe dirigente che volesse restare tale, oggi sono mantenuti con una più efficace scala economica di controllo, sulla quale classificare meglio lo status di ciascun membro e quindi stabilirne il ruolo e il valore monetizzabile nella società moderna cercando di soddisfarne le attese al minimo sindacale.
Da questa condizione delle “economie gestite”, nascono nuove figure a mezza via tra la politica classica e la “managerialità utile”, un conio che definisce bene la figura del manager prestato alla politica, questo si dice dei tanti che oggi si trovano a occupare gli scranni più alti del potere politico sia esso locale piuttosto che nazionale, votati dal popolo e per questo legittimati “all’utilità” intesa esattamente come da vocabolario, ossia ciò che è utile a un fine. Questa figura piace molto perché allontana il cittadino dai nefasti pensieri di una politica ladrona e dissennata, rendendogli un’idea di efficienza e forse di capacità nel distribuire la ricchezza.
E’ chiara la base socio/economica che stabilisce l’evoluzione, ma anche il lento cambiamento, più spesso l’inatteso fattore di correzione derivante da agenti esterni, da forze insondabili o generate da fattori endogeni a un sistema di potere, qualunque esso sia. Milano non è esclusa da questa subsidenza intellettuale che porta a un appiattimento del senso critico. La “Buona Società” appare contaminata se non machiavellicamente sedotta, dunque, scarsamente critica.
C’è poi il popolo, variegato e indifferentemente distribuito nelle Società, un tempo portata al dialogo e l’incontro, oggi alienata e pressoché catalogata attentamente, spiata nel privato, controllata e largamente gestita.
Meno compreso ma assai più insidioso, è l’elemento “convenienza”, recondita funzione della mente, spesso meccanicamente automatica, umanamente condivisibile dai più e mai esplicitamente ammessa.
Cosi arriviamo ai giorni milanesi della campagna elettorale, oramai alle porte e direi ufficialmente aperta dallo stesso primo cittadino attraverso i mass-media, dove ha annunciato l’intenzione di presentarsi per un secondo mandato da utilizzare, lui dice, per terminare ciò che ha iniziato. C’è in questo un’utilità forse legittima ma Il punto è qual è l’utilità e per chi?
I vari ambienti politici, si stanno preparando per allestire il proprio carro elettorale sul quale porre un uomo, un nome da presentare al popolo attraverso gli artifizi della comunicazione di massa, mediante i soliti sistemi di reset e riprogrammazione cerebrale.
Ben presto avremo i “neo deus” presentati al meglio, spesso purificati dai mali e molto esaltati nelle imprese fatte anche se non esattamente positive. Ognuno di noi, sarà un nome e non un numero, un bel “Signor tal dei tali” da mettere sulle liste a cui mandare un qualche segnale ben calibrato sulle abitudini, consuetudini oramai pubbliche grazie ai “social” dove tutto appare, vizi privati e pubbliche virtù, fonte preziosissima di informazioni personali da manipolare abilmente.
Gli schieramenti politici si muovono facendo molta attenzione al potere da accontentare e alla massa da pilotare, basi su cui costruire il candidato perfetto, grazie anche alle “think thank” che studiano “ ad hoc” il costume,la maschera e le parole chiave da usare durante la campagna elettorale. Le diverse strategie, sono ben presentate anche nel libro “ Della guerra” di Clausewitz e nelle varie didattiche di marketing, usate oramai da chiunque voglia vendere qualcosa.
Ma c’è anche una forma “ del male minore “ controversa teoria che nega la ricerca dell’uomo migliore per uno “meno peggio” , pare molto amata soprattutto in ambienti poco fluidi se non statici.
Appare facile ripulire e lucidare l’uomo già in sella, rendendolo futuribile e piacente alla massa votante, su questo non serve fare molto, basta muovere i luogotenenti e i pretoriani fedeli verso le periferie, un serbatoio di voti indispensabile. Basta una passeggiata del candidato che sorridente stringa mani e destra e a manca, per convincere molti di essere ancora l’uomo giusto. In periferia c’è sudditanza, astinenza o indifferenza, tanta è l’assenza e la distanza tra il potere e gli ultimi.
La logica è semplice, prima ancora di sapere quali siano i candidati, in molti si schiereranno a favore di questo “cittadino”, considerato “il male minore” senza neanche prendere in considerazione un candidato alternativo. Non serve J.Nash con la sua teoria dei giochi.
Ma davvero il milanese non riesce a fare di meglio?
Non ci sono i fondamenti dell’interesse popolare in una logica di gestione manageriale dove il profitto prende il posto della necessità, dove il guadagno nega le priorità, dove la periferia diventa una prateria di voti facili in cambio di promesse senza mai arrivare a un vero impegno con delle strategie del cambiamento risolutive e massicce, se mai occasionali e minimali giusto per dare suggestioni più che soluzioni.
Questo governo della città, furbescamente definitosi solidale alle periferie ed “eco”, ha saputo attivare l’esternalizzazione dei servizi alla quale demandare ogni responsabilità per coprire inadempienze e limitarne i danni politici e d’immagine (vedi le strade piene di buche e malamente riparate). Ha ben gestito i poteri per portare a casa le Olimpiadi Invernali 2026, ha anche mosso molto bene sul mercato azionario le società partecipate come ATM/MM ed è riuscito a sganciare la zavorra della Società Milano Serravalle e Milano Tangenziali facendo cassa ma soprattutto lavandosene le mani per evitare diverse questioni come l’annoso argomento dell’inquinamento da esse prodotto. Di questo non se ne parla molto,si preferisce fare ciò che abbia un ritorno immediato in termini di sondaggi e di visibilità.
Ha poi fatto tanto per muovere l’economia delle costruzioni legate ai gruppi di riferimento e agli ingenti investimenti arabi, cemento su cemento poco “eco” ma molto finanziario, muovendosi con destrezza in un mondo che solo gli adepti possono conoscere. Una Giunta obbediente al capo, pronta a isolare l’opposizione ogni qualvolta fosse necessario blindare un argomento in sede di dibattimento.
Questo manager che ha imparato a fare il politico, accettato da una sinistra in stato confusionale, priva d’idee alternative che ragiona con la logica del “ male minore” e che scende nelle piazze gridando slogan anacronistici, ancora assoggettata a un’idea di resistenza a oltranza contro un’antidemocrazia, un “evergreen” per risvegliare l’anima comunista, senza essere capace di combattere per una centralità delle sofferenze del cittadino più lontano. Si materializzano i fantasmi del passato al tal punto da evocare il fascismo per ricompattare i ranghi (incredibile la strumentalizzazione politico/propagandistica della vicenda riprovevole e vigliacca subita dalla Senatrice Liliana Segre alla quale va tutta la mia solidarietà).
Si gridano frasi fatte sull’inquinamento, iniziando dalla riduzione degli sprechi individuali come ovvio, tuttavia poco attuati in primis dal Comune, argomento da non incentivare in campagna elettorale giacché poco remunerativo a livello di voti. Meglio parlare dell’universo mondo, della piccola Greta Thunberg e di quanto le potenze economiche non facciano per invertire la rotta mentre invece Milano si muove con la riapertura dei navigli, tema che sicuramente dovremo nuovamente affrontare se sarà confermato questo governo della Città.
La strategica “mossa del cavallo” è la metropolitana M5 a Monza e per Monza (1,2 Miliardi di spesa iniziale),altro baluardo della campagna “eco” del primo cittadino, quando Milano soffre della mancanza di linee metropolitane soprattutto in periferia. Una linea M4 che ha sforato enormemente il cronoprogramma e i costi, un’area B che ha messo in ginocchio molte famiglie senza la capacità economica di sostituire l’auto Euro3 o Euro4, a fronte di un trasporto pubblico periferico e sub periferico da totalmente insufficiente. Una Milano blindata contro le auto che sembra trarre più guadagni da questo feudo che benefici per la qualità dell’aria.
Sullo sfondo di questa Milano in attesa del programma “Sala”, le contorsioni della politica incapace di fare analisi ponderate e totalmente dipendente dalle società di consulenza che ragionano con i numeri sulla gente, oltre che nelle mani di un uomo molto ambizioso che si compiace dall’alto del suo scranno e della sua capacità di coagulare il potere politico con quello economico, pronto a indossare la casacca giusta “pro domo suo” rivendicando il suo “modello” vorace e determinato soprattutto a saziare il proprio alter ego, a scapito di chiunque gli neghi il ruolo di attore principale su un palcoscenico milanese oggi più che mai pirandelliano.
Gianluca Gennai
10 commenti