16 dicembre 2019

COME “LEGGERE” LA POLITICA VERDE MILANESE

Chi sono i veri attori? Chi investe? Chi fa il bilancio costi-benefici?


Venerdì 25 novembre, alla Triennale di Milano, ho partecipato alla chiamata del progetto ForestaMi. Ben pubblicizzata, ben organizzata, sala piena, anche se non traboccante. Confesso che ci sono andato perché mi piacciono molto gli alberi e sono molto contento, se Milano e gli altri comuni della Città Metropolitana vogliono piantare e mantenere molti più alberi.

bergo

L’ intento è lodevole, il progetto affascinante: mitigare gli effetti su Milano e dintorni del cambiamento climatico in corso. E’ una risposta all’appello, lanciato un anno fa a Mantova dal WFUF, un acronimo che sta per Word Forum for Urban Forests, promosso da FAO, Comune di Mantova, Politecnico di Milano e SISEF (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale).

Nell’attesa che i materiali vengano pubblicati, vorrei richiamare l’attenzione su un paio di aspetti che credo lo richiedano: il primo è di carattere metodologico.

Ho sentito per la prima volta parlare del progetto ForestaMI in un’intervista a Stefano Boeri apparsa sul Corriere nell’agosto 2019. Ma non sai mai che fine facciano i buoni propositi espressi nelle interviste agostane… Cercando in rete, ho trovato molti articoli abbastanza generici ed elogiativi, ma il sito ForestaMi è una pagina completamente priva di informazioni, a parte l’elenco dei promotori.

Dove posso trovare le ragioni, gli studi e le ricerche, le previsioni e i conti economici che sostengono le scelte presentate a ForestaMi e sostenute dal Comune, dalla Città Metropolitana e dalla Regione, oltre che da un gran numero di attori importanti? Un’intervista al Corriere non mi sembra una base sufficiente :

A oggi, non sappiamo quanto costerà e quali sono le risorse: scientifiche, professionali, operative da mettere in campo per realizzare il progetto – non sappiamo neppure se esso sia già finanziato, da chi, e sulla base di quali decisioni. Quali sono gli obiettivi attesi in termini di mitigazione climatica, biodiversità e conseguenze sulle aree urbanizzate e quelle agricole; quali difficoltà – e, forse, vincoli – bisogna superare per realizzare un progetto così ambizioso? sono in campo forze sufficienti a garantirne il successo? Non sappiamo neppure con che criteri sono state selezionate le aree scelte. Chi dovrebbe eseguire gli interventi, chi dovrebbe pagarli, quanto costerebbero e quanto costerebbe la manutenzione, chi dovrebbe occuparsene e per quanti anni.

Insomma, sappiamo troppo poco per farci un’idea della bontà di questo ambizioso progetto, e dei risultati concreti che esso produrrà. Mi aspetterei che i politici che mi rappresentano nella Regione Lombardia, nel Comune di Milano, in Città Metropolitana e negli altri comuni prendessero le loro decisioni sulla base di dati meno aleatori di quelli che sono stati presentati.

E, soprattutto, mi piacerebbe che le decisioni delle amministrazioni pubbliche scaturissero da un dibattito pubblico, sopportato da contributi scientifici verificabili e studi economici e previsioni circa i risultati e il rapporto costi-benefici, che non ho trovato. Mi piacerebbe che un progetto così vasto e importante, e i motivi che hanno portato i nostri amministratori a sceglierlo fossero discussi pubblicamente e condivisi coi cittadini: e, per il successo del progetto stesso, che fossero coinvolti soprattutto quelli che sarebbero contrari.

Sembra infatti esistere un rapporto inverso tra la presenza di alberi in una zona e il desiderio di averne: chi abita in zone favorite, come il centro di Milano e i nuovi quartieri di lusso, ne vorrebbe probabilmente di più, mentre chi abita in zone periferiche, spesso già povere di alberi, ne vorrebbe ancor meno; anzi, spesso vorrebbe tagliare anche i pochi che ci sono, per evitare di raccogliere le foglie in autunno e che gli uccellini dai rami sporchino le auto in sosta. Chi vive nei quartieri meno dotati di alberi, infatti, spesso non li conosce, non ha gli strumenti per valutarne i benefici e, dunque, li ama pochissimo.

Pongo una questione di metodo, che a me sembra avere a che fare con una questione politica di fondo: se diamo per scontato che gli abitanti del centro di Milano non abbiano bisogno di avere informazioni sull’utilità, la bellezza e anche sull’incremento di valore delle loro belle case che un aumento di alberi regalerebbe loro, credo che gli abitanti delle periferie dell’hinterland, invece, avrebbero bisogno di essere informati.

E avrebbero bisogno di capire come mai si sceglie di spendere qualche milione di euro per piantare degli alberi, che spesso vengono considerati un fastidio, invece che per migliorare le abitazioni fatiscenti dell’ALER, o altri interventi che gli abitanti ritengono più importanti. Non un problema di cosa sia meglio fare, ma di coinvolgimento che, tra l’altro, assicurerebbe migliori risultati che non un’iniziativa, pure bellissima, calata dall’alto.

È un po’ il difetto di una politica abituata a ragionare in termini di voti e di schieramenti, di alleanze, personaggi e interviste ai giornali, che non sa promuovere la partecipazione degli abitanti delle periferie e non mette in campo risorse e strumenti per attivarla. E sì che costerebbe così poco e produrrebbe risultati vantaggiosi, non solo per migliorare la vita dei cittadini, ma anche in termini elettorali.

Luca Bergo



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  1. Andrea GiorcelliForse voleva scrivere "rapporto diretto tra la presenza di alberi in una zona e il desiderio di averne".
    18 dicembre 2019 • 10:57Rispondi
    • Luca Bergosì, la ringrazio di avermi segnalato l'errore.
      29 gennaio 2020 • 12:09
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