13 ottobre 2019

SENZA TETTO, SENZA CASA, SENZA DIRITTI

Un ritratto impietoso della realtà di Milano. Smart City?


Si consolida sempre di più, sulle pagine dei giornali, nei dibattiti pubblici, nelle dichiarazioni dei responsabili istituzionali e forse anche nell’immaginario di qualche cittadino benestante, la credenza che a Milano il miracolo si sia avverato: crescita economica, sviluppi immobiliari ad altissimo profitto, investimenti, nuove costruzioni con recupero e occupazione di ogni vuoto urbano, valori immobiliari alle stelle sembrerebbero convivere felicemente con riduzione del consumo di suolo, politiche green, lavoro ben pagato e soprattutto alloggi accessibili, canoni equi e sistemazioni accoglienti per tutti.

Pujia

Milano, attrattiva e inclusiva, non dimentica nemmeno gli ultimi, i perdenti che non ce l’hanno fatta, promuovendo solidarietà e accoglienza. Lo chiamano Nuovo Modello Milano.
A giugno, solo a seguito dell’insistenza dei Sindacati Inquilini, il Ministero degli interni ha diffuso i dati sugli sfratti in Italia: una tabella Excel che raccoglie numeri parziali e incompleti senza neppure un documento di analisi e di commento, in modo da non lasciare dubbi su quanto il tema sia ben poco importante, del tutto secondario per la politica italiana. A Milano solo nel 2018 sono state allontanate dalla propria casa con l’intervento della forza pubblica 2845 famiglie; e per ben 19430 volte un proprietario di casa ha chiesto all’Ufficiale Giudiziario di eseguire una sentenza di sfratto (la quasi totalità per morosità).

Nessuna analisi su quale sia l’incidenza dei fitti sui redditi delle famiglie milanesi o sulla qualità degli alloggi disponibili sul mercato immobiliare. Nessuno studio su quali siano i meccanismi che hanno determinato importi dei canoni e valori delle case e nessuna ricerca su quante siano le famiglie che vivono in alloggi in affitto o proprietà senza averne più titolo, perché sotto sfratto o perché in case pignorate dalle banche e messe all’asta. Non esistono ricerche o inchieste che raccontano quanti minori, anziani, persone fragili siano coinvolti in questa estrema e violenta pratica di imposizione degli interessi della proprietà privata e della rendita che lo Stato sostiene. Nessuno studio sui suoi costi economici e sociali. Temi fuori moda, che riguardano solo le famiglie convolte, le organizzazioni sindacali, i movimenti, i comitati e le associazioni che non si limitano all’assistenza o all’attività solidaristica culturale, ma assumono una responsabilità di impegno politico, nel disinteresse delle Istituzioni Pubbliche e del resto della società.

A Milano, dove – è bene ricordarlo – dagli anni Ottanta sono state vendute oltre 30.000 case pubbliche, riducendo lo stock a poco meno di 60.000 alloggi, di proprietà di Comune e Aler, non esiste più un sistema di governo del fenomeno degli sfratti. Manca un accordo con la Prefettura per la concessione della forza pubblica, non esiste un meccanismo di presa in carico del nucleo famigliare prima che lo sfratto venga eseguito: una volta per strada, solo la madre e i figli minori potranno trovare accoglienza in qualche comunità fuori Milano.

Da alcuni mesi l’Assessorato alla Casa ha attivato in coordinamento con i Servizi Sociali un nuovo sportello per trovare alle famiglie sfrattate alloggi e ospitalità transitorie fino a diciotto mesi o collocazioni in albergo di un mese al massimo. Soluzioni d’emergenza utili solo a contenere nel breve periodo l’aumento dei senza tetto a Milano, altra grande questione rimossa.

In questa condizione, da poco più di un mese e fino al 2 dicembre, è aperto il nuovo bando per l’assegnazione degli alloggi pubblici a canone sociale, secondo la nuova Normativa Regionale, approvata nel 20161. Un cambiamento radicale di concezione, di scopi, di metodi, con l’obiettivo dichiarato di trasformare il sistema dell’edilizia pubblica in un sistema più redditizio, gestito anche da privati e fondi immobiliari e che limita al 20% il numero delle assegnazioni in favore delle famiglie con ISEE inferiore a 3000 euro.

La nuova norma stravolge completamente il meccanismo di composizione del punteggio, favorisce chi è residente nel comune e in Lombardia da più anni e penalizza invece chi ha subito uno sfratto. La chance di un’assegnazione l’avranno forse le poche famiglie fortunate che riusciranno ad accedere ai servizi abitativi transitori, affidati al terzo settore e ai privati.

Il regolamento sovverte poi un principio basilare e logico: le politiche abitative si costruiscono a partire dall’analisi dei bisogni. Oggi in graduatoria a Milano ci sono circa 25.000 famiglie, a fronte di assegnazioni minime, meno di 1000 alloggi ogni anno. Per evitare queste lunghe liste d’attesa, dimostrazione dell’insufficienza delle politiche per il diritto alla casa, il meccanismo viene ribaltato: non ci sarà più un unico e lungo elenco delle famiglie aventi diritto a un alloggio pubblico e a cui l’Amministrazione riesce a rispondere in minima parte, ma una graduatoria per ogni alloggio messo a disposizione da Aler e Comune. I cittadini potranno scegliere solo 5 case e sperare di avere il punteggio più alto almeno in un caso.

Nonostante il contacase del Comune di Milano2 e Regione Lombardia ci informino che ad oggi sono state recuperate 3296 case pubbliche (1158 Comune; 2138 ALER), con il nuovo bando vengono messi a disposizione poco meno di 500 alloggi, quasi tutti di taglio piccolo, riducendo ancora di più l’offerta abitativa rivolta alle famiglie numerose.

La domanda di casa popolare può essere presentata solo online tramite SPID (l’identità digitale) o tramite attivazione della carta dei servizi regionali. Nessuno scrupolo da parte del legislatore verso chi non è in grado di affrontare burocrazie così complesse come anziani, persone con bassi livelli di istruzione, famiglie senza smartphone e persone che non parlano e leggono bene l’italiano.

Fatto gravissimo è che a questo bando non potranno partecipare le famiglie con ISEE inferiore a 3000 euro ove non siano presenti minori, invalidi oltre il 67% o anziani, in quanto il Comune di Milano con una delibera ha deciso di non concedere a chi appartiene a questa categoria l’attestazione necessaria all’inserimento della domanda. In questo modo non solo è negato il diritto alla casa con la mancata assegnazione, ma è negato anche il semplice diritto a farne richiesta. Ad esempio, saranno esclusi molti ospiti dei dormitori pubblici: esclusi così anche dalla speranza di avere un giorno una casa.

Con la chiusura del nuovo bando la graduatoria attualmente in vigore verrà cancellata, ma il Comune di Milano non ne ha ancora informato le migliaia di famiglie che ogni anno sperano nell’assegnazione di un alloggio che abbia un costo sostenibile e “aggiornano la domanda”.

Scadranno anche le oltre 2500 domande in deroga alla graduatoria presentate da famiglie che vivono una grave emergenza abitativa (sfrattati, senza tetto, famiglie che vivono in luoghi privi di condizioni igieniche e sanitarie adeguati, persone gravemente malate che necessitano di una casa per svolgere cure al domicilio). Per comprendere la scelleratezza di tale decisione, basti pensare che ad oggi il Comune di Milano è fermo all’esame delle domande delle famiglie sfrattate nel 2016 il cui nucleo familiare sia composto da almeno 4 componenti.

Perché la drammatica realtà dell’emergenza abitativa milanese è costantemente sostituita da positive e ottimistiche narrazioni sulla città, anche in documenti istituzionali come il Piano del Governo del Territorio, dove i temi degli sfratti e della sofferenza abitativa sono completamente assenti, e le scarse risorse pubbliche vengono sottratte all’edilizia popolare e investite nel sistema dell’housing sociale, nonostante nel documento introduttivo stesso venga riconosciuto come le previsioni del precedente piano siano state errate e il numero di alloggi di edilizia sociale prodotti sia stato insufficiente e marginale?

Le Istituzioni si affidano ciecamente ad un sistema i cui attori principali sono i Fondi Immobiliari: a quali logiche risponde questa scelta?

Quale casa, in conclusione, per i lavoratori precari e sottopagati della logistica e dei cantieri della nuova crescita urbana milanese, per i rider, per i lavoratori degli hub dell’agroalimentare, per le lavoratrici della cura, per le colf che prestano servizio nel case dei milanesi ricchi? Quale casa per i disoccupati, per i lavoratori precari del mondo della comunicazione e della conoscenza, per i senza tetto costretti a vivere per strada o in luoghi abbandonati, nascosti e ai margini della città3, per le persone che non possono lavorare perché inabili, per i nuclei famigliari monoreddito e per le giovani coppie, per gli studenti e per tutti coloro che sono espulsi dal mercato privato degli affitti e delle compravendite?

Il Nuovo Modello Milano, in cui fino ad oggi sembrano aver trovato casa solo rendita urbana e investitori finanziari, va rimesso radicalmente in discussione, affrontando subito il problema degli sfratti e dell’emergenza abitativa.

Veronica Pujia

1 Per un approfondimento della norma: http://sbilanciamoci.info/modello-welfare-abitativo-lombardo-opportunita/
2 https://www.comune.milano.it/servizi/contacase
3Per un approfondimento https://naga.it/2019/03/12/dossier-sgomberi/



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  1. Cesare MocchiGrazie per aver ricordato un tema troppo spesso dimenticato e sottovalutato. Ricerche del sindacato inquilini ma anche di Assimpredil stimavano che circa il 70% della domanda abitativa non fosse solvibile sul mercato (comprendendo in questa non solo i casi estremi citati nell'articolo, ma anche più banalmente il ceto medio impoverito). Di fronte a questo tema il PGT di Milano recentemente approvato cosa fa? Ignora del tutto una vera analisi dell'argomento, si affida a facili slogan e non propone un intervento efficace che sia uno. Chissà che prima o poi i nostri amministratori di sveglino...
    16 ottobre 2019 • 08:13Rispondi
  2. Patrizia TaccaniRabbrividisco leggendo sia i dati sia la prospettiva a breve termine della assegnazione di alloggi. Anche perchè in questo fine settimana sono previsti momenti di felicità collettiva per festeggiare l'assegnazione a studenti e giovani lavoratori di qualche decina di monolocali ristrutturati nelle periferie. (V. ultimo INFORMA-Mi) Avete mandato questa analisi all'Assessore Rabaiotti? Io cercherò di farlo, ma lo faccia anche l'Autrice e/o la Redazione. Grazie
    16 ottobre 2019 • 08:28Rispondi
  3. Maria FinziUna visione chiara e ben argomentata delle problematiche dell'abitare sociale in una Milano sempre piu esclusiva ed escludente
    16 ottobre 2019 • 09:05Rispondi
  4. Francesco CarusoAnalisi impietosa e impeccabile, che mette in luce cosa ci sia dietro la narrazione sempre troppo entusiastica di questa città.
    16 ottobre 2019 • 11:05Rispondi
    • ENNIO GALANTEMi associo a Caruso. Il "modello Milano" , tanto strombazzato, in effetti nasconde molte situazioni negative. Ad esempio, gli homeless che vivono H24 sotto i portici di piazza S.Babila, il "quadrilatero della moda" che ha cancellato l'aria seria e colta del centro-storico, la promessa elettoralistica di scopertura dei navigli ferma a causa dell'improvvisazione del/i proponenti, la "Città della scienza" a Rho-expo per sanare una situazione finanziaria in debito ha creato un problema (prima inesistente) a Città degli Studi.
      16 ottobre 2019 • 12:14
  5. Daniele MilaniSicuramente è tempo, molto tempo che insisto che questa mia Milano, diventata disattenta ai suo problemi, quelli veri, la crescente povertà, la mancanza di dignitose soluzioni di aiutai meno fortunati ma egualmente con diritto di vivere una vita ed abitarla con minori stenti, soluzioni lasciate solo al volontariato, che arriva comprensibilmente solo dove riesce, il degrado delle periferie assolutamente abbandonate e dimenticate, l'altra sera per recarmi verso Novate, per una commissione, ho notato una cosa che mi pare semplice ma non migliorata, l'illuminazione, luoghi nel buio, sarebbe sufficiente aumentare la potenza delle lampadine, già cambierebbe la situazione, la luce toglie il lugubre al luogo, migliorerebbe la sicurezza, ma niente viene fatto, poi lo stato delle strade selciati che sono percorsi per motocross, disordine diffuso, incuria ecc. ecc. però noi o meglio non proprio noi, loro che dovrebbero rappresentarci, lustrano ed illustrano le bellezze e l'attrattività, di pochi luoghi effettivamente esempi di nuovo, bello e di design superiore, ma la realtà totale non è questa, ma siccome, io conto molto meno di zero, come giusto che sia sono uno di migliaia che non contiamo una mazza, siamo sottomessi e succubi dei signori comandanti, non partecipiamo, perchè ci rifiutiamo di partecipare ai loro banchetti, anche perchè non ci invitano come altrettanto giusto che sia, non ci resta che rimanere intruppati, per questo le "sardine" sono così ammirate, perchè stanno li belle silenziose a farsi vedere e non sono nemmeno un monito ad un eventuale protesta un poco più animata, non hanno di fronte un tavolo sul quale assestare qualche pugno, Buona giornata, tan el cambia nient istess.
    28 novembre 2019 • 08:34Rispondi
  6. CinoEvitate di imbrattare con i vostri adesivi le proprietà altrui. Una civile protesta rispetta gli altrui diritti. Imparate!
    18 marzo 2021 • 08:47Rispondi
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