11 ottobre 2019

AUDITORIUM: LA PRIMA VOLTA DELLA MUSICA IN PERIFERIA

A dieci anni dalla fondazione


Il recupero del Teatro Massimo nel 1999 è stato un modo per riqualificare una zona importante della città e rilanciare un’integrazione tra centro e periferia. L’edificio – progettato con una visione multifunzionale (residenza, commercio e intrattenimento nello stesso edificio) da un grande architetto, Alessandro Rimini, che non poté firmare nel 1939 il progetto per effetto delle leggi razziali – era in stato di abbandono e il degrado edilizio determinava anche un degrado urbanistico e sociale: alcolismo, spaccio di droga, risse.

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L’intervento di recupero conservò la struttura dell’edificio, compreso il soffitto con un bellissimo disegno di travi a raggiera, e si estese all’esterno creando un largo dove invece si era creata una sosta selvaggia. Fra l’altro, venne rifatta parte dell’acquedotto, le cui tubazioni erano totalmente marce, e fu organizzato il sottosuolo, per evitare che i 27 concessionari intervenissero, nel futuro, con lavori di scavo e di disfacimento del piazzale realizzato in granito.

La validità della sala dal punto di vista estetico ma soprattutto acustico ha fatto dell’Auditorium un luogo dove hanno inciso le più importanti case discografiche mondiali: alcune delle incisioni realizzate in Largo Mahler (come venne poi intitolato lo spazio pedonale creato davanti all’ingresso) hanno ottenuto premi internazionali, tra cui un Grammy Award.

La cosa più importante è che l’Auditorium è diventato non un teatro di periferia, ma un teatro di Milano, frequentato da centinaia di migliaia di persone (dai bambini delle scuole della Lombardia agli adulti di tutte le zone della grande Milano). E questo ha dato una nuova dimensione al quartiere, alle sue attività economiche: dai negozi ai bar, dai ristoranti ai garage. Il primo anno abbiamo fatto anche una campagna (che ci è costata 45 milioni di vecchie lire) per convincere gli utenti ad usare i mezzi pubblici per venire ai concerti: grazie a un accordo con ATM, Ferrovie dello Stato e Ferrovie Nord, abbiamo fornito nel prezzo del biglietto del teatro anche l’uso dei mezzi pubblici, da Mantova a Sondrio, da Quarto Oggiaro a Città Studi.

La forza di un intervento culturale, fuori dal centro, sta nel dare una forte identità al progetto affinché non diventi un affare locale, ma acquisti una dimensione metropolitana. L’obiettivo non era quello di fare un teatro di quartiere, una sorta di decentramento culturale. Ho sempre sostenuto che non è la Scala che deve andare in periferia, ma sono gli abitanti della periferia che devono avere la possibilità di andare alla Scala.

Certo, nel caso dell’Auditorium, vi era anche la scelta di conquistare un nuovo pubblico ed ha svolto una importante funzione nella zona per avvicinare gli abitanti e le scuole alla musica.

È stato creato un teatro della città, con una sua precisa fisionomia, un suo carattere, con una funzione metropolitana: il “luogo della musica”, dove si ascolta e si fa musica. Da qui, per esempio, l’idea del coro “amatoriale” (di non professionisti e di alta qualità artistica), del coro dei bambini, delle orchestre dei bambini e dei ragazzi, dell’orchestra amatoriale, del corso per gli stonati (oltre 500 partecipanti) e di tante attività non solo di musica classica.

Quando le iniziative culturali superano la dimensione locale creano l’unità tra centro e periferia: è la cultura che unisce centro e periferia, che unifica il tessuto della città, che consente di superare barriere ideologiche e sociali.

Quando abbiamo annunciato che laVerdi avrebbe avuto come sede l’ex Teatro Massimo in corso San Gottardo, il complimento più benevolo è stato quello di dirci “Siete matti. Chi volete che venga a sentire musica classica in periferia?”. La valutazione delle dimensioni e delle distanze del centro e della periferia sono alquanto discutibili: Central Park a New York è un terzo del centro di Milano; il municipio 1 è un sesto di Manhattan; da piazza Duomo a Largo Mahler ci sono 2,6 km che in circa trenta minuti si possono fare a piedi.

Tuttora, vi è l’idea che per la cultura valga il principio che la domanda crea l’offerta: è vero il contrario. Con l’Auditorium si è dimostrato che ampliando l’offerta di musica sinfonica, aumenta il pubblico e si estende la partecipazione. Un esempio: i concerti della Nona di Beethoven di fine e inizio anno, sempre esauriti e diventati una tradizione dal 1999.

D’altra parte, è ovvio che la programmazione deve tenere conto di un pubblico “nuovo” da conquistare e l’attività musicale deve essere concepita come un servizio pubblico che è fornito ai cittadini tutto l’anno. E pensate che bella scossa sarebbe per tutti se l’apertura della stagione della Scala ritornasse alla sua data originaria: il 26 dicembre. Sarebbe una modifica salutare per cambiare abitudini, e ritornare alla tradizione per cui il teatro è dei milanesi, e non solo di quelli del 20121, 20122, 20123.

L’area Piazza Duomo, Bocconi, Auditorium, IULM rappresenta un distretto fra i più importanti al mondo per storia, attività e cultura, con la presenza di chiese, monumenti, università, musei, biblioteche, dei navigli e della darsena: a mio parere, dovrebbe essere valorizzato con simboli grafici e segnaletica che ne sottolineino la dimensione e la unicità. Per completare la valorizzazione dell’area, manca solo un grande parco e giardino botanico nell’area attorno a Ronchetto delle Rane dove un tempo avrebbe dovuto sorgere il nuovo Policlinico.

Luigi Corbani



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