27 giugno 2019

IL DIRITTO IN UNA SOCIETA’ CHE CAMBIA

Parola a Paolo Grossi, giudice della Corte Costituzionale


Bellon“Ogni esperienza giuridica nutre in sé, all’esito del suo arco temporale, le cellule tumorali che la condanneranno a morte”. Ecco il senso del cambiamento del diritto insieme con la società che cambia. A raccontarlo è Paolo Grossi, giudice della Corte Costituzionale, nominato storico del diritto nel 2009 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Prima della nomina Grossi era un giurista italiano molto conosciuto anche fuori dai confini del nostro Paese, con Lauree Honoris Causa da Università non solo italiane ma delle più varie parti del mondo: dal Brasile alla Svezia, dal Messico alla Germania, dal Perù alla Spagna.

Ne “Il diritto in una società che cambia. A colloquio con Orlando Rosselli” (Il Mulino), Paolo Grossi dialoga con Orlando Rosselli, appunto, ordinario di diritto pubblico all’Università di Firenze e autore di preziose pubblicazioni sulla cultura giuridica. Grossi completa la trilogia degli studi che raccolgono punti essenziali delle sue indagini sul diritto già aperte con i due saggi precedenti (“Ritorno al diritto” e “L’invenzione del diritto”, editi da Laterza), attraverso un insegnamento cruciale: è nella storia che possiamo recuperare le categorie per interpretare il diritto in una società che cambia.

Il Medioevo è l’epoca dalla quale hanno preso avvio gli studi di Paolo Grossi alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Nel Medioevo l’organizzazione giuridica si presentava come un diritto senza Stato, “progettato e ordito prevalentemente da un ceto coeso di giuristi senza che un potere politico totalizzante provasse a controllarlo”. Il Settecento illuminista aveva preparato l’Ottocento liberal-borghese, che aveva diviso in due l’ordinamento: quello pubblico affidato allo Stato e quello privato, affidato al mercato. Lo Stato si asteneva dall’ingerirsi nelle operazioni dei privati, e si affidava al culto di una legge imperante, circoscritta però ai rapporti con i singoli cittadini.

Grossi descrive il percorso inverso faticosamente raggiunto: la riscoperta del ruolo prezioso degli interpreti e degli operatori del diritto (giudici, notai, accademici, avvocati) con l’evidenziazione delle “radici profonde di una comunità anziché dei detentori di poteri sovrani”. Cambia l’organizzazione del potere, cambia la concezione di ordinamento giuridico, emergono i diritti fondamentali, a cui l’autore ha dato un’evidenza straordinaria come giudice e presidente della Corte costituzionale. Emergono i valori della persona, fulcro della nostra Costituzione. Di qui l’impegno di Grossi nella diffusione della cultura della Costituzione nelle scuole, perché i giovani possano comprendere già all’inizio della loro formazione e dei loro progetti di vita su quali basi fonda la nostra civiltà.

Cristina Bellon



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