8 giugno 2019

SAN SIRO. IL PROGETTO DI RECUPERO DELLE SCUDERIE DE MONTEL

La difficoltà di mettere le mani su di un edificio storico


Come abbiamo letto sui giornali recentemente all’interno del concorso Reinventing Cities, organizzato da un bando internazionale in collaborazione con il Comune di Milano, le scuderie de Montel, gioiello liberty della nostra città, da anni abbandonate, verranno finalmente recuperate per una nuova utilizzazione. Il gruppo che si è aggiudicato l’acquisto dell’edificio e del terreno, guidato dall’architetto Giancarlo Marzorati J+S srl, ha presentato un progetto denominato “Teatro delle Terme”.

Repellino-Prospetto esterno 2-DX

La cosa naturalmente rende felici tutti gli abitanti di San Siro che da anni e anni hanno visto questo straordinario edificio andare in pezzi. Ritengo tuttavia necessaria una riflessione sulle metodologie di intervento con un approccio sia teorico che pratico: non si tratta infatti di un restauro ma di una ricostruzione di un fabbricato completamente devastato come se fosse stato incendiato o distrutto dalle bombe come nel dopoguerra. Non dobbiamo dimenticare che l’edificio era nato come scuderia di lusso e quindi era stato costruito quasi come una scenografia teatrale ma non molto solido nella sua struttura edilizia.

Nelle proposte progettuali relative ad edifici storici in queste condizioni di degrado abbiamo diverse possibilità di intervento: in primo luogo la ricostruzione in stile secondo la logica del “com’era e dov’era” riportando con esattezza gli elementi compositivi e distributivi. Questo tipo di intervento è sempre richiesto dalla popolazione quando ci si trova di fronte a una catastrofe come un terremoto ed è stato ad esempio attuato con la Fenice di Venezia.

Oppure come seconda ipotesi nel restauro e nella restituzione si potrebbe intervenire, secondo quando indicato nella Carta di Atene, (documento bene conosciuto dagli architetti ) con nuove costruzioni che conservano al loro interno dei lacerti delle parti antiche a testimonianza della storia dell’edificio. Infine si può parlare di una ricostruzione storicista che restando all’interno dello stile Liberty aggiunga elementi nuovi prima non esistenti che però mantengano le caratteristiche decorative del monumento.

Facciamo alcuni esempi sulle scuderie, edificio che conosco bene avendo lavorato per anni a un progetto che si proponeva proprio di trasformare le De Montel in Terme, progetto che non si è realizzato. Esaminiamo alcuni elementi costruttivi partendo dal tetto che è un argomento scottante dopo l’incendio di Notre Dame che ha provocato oltre al grande dolore dei parigini e di mezzo mondo una ridda di proposte progettuali anche molto stravaganti.

Il tetto della De Montel, oggi inesistente, quando fu costruito, era caratterizzato da una forte pendenza secondo le tipologie del cottage inglese e della cascina normanna e dotato di una copertura in scandole di beola con una struttura portante in legno costituita da semplici fodere in abete, ovvero listoni, con un passo molto ravvicinato. La notevole altezza del colmo rende questo spazio vivibile e difatti esso venne occupato per anni e usato come abitazione di persone senza fissa dimora. L’illuminazione era data da rare finestre, alcune di altezza normale a doppia anta ornate da una copertura a pagoda, cornicioni modanati e una sfera alla cuspide. Le altre aperture erano costituite da piccole finestrine a semi oblò.

Repellino 3

Ho notato che nel nuovo progetto dell’architetto Marzorati (per quel poco che si è visto sui giornali) i fronti interni che si affacciano al cortile presentano una fitta finestratura prima non esistente: si tratta quindi di nuove costruzioni, che determinano una diversità dalla forma originale pur mantenendo il modello decorativo preesistente, con una proposta quindi di tipo storicista. A Milano abbiamo la torre del Filarete che è un simbolo della città e che è una invenzione di Luca Beltrami e quindi non trovo in questo niente di riprovevole, anche perché una illuminazione consona è fondamentale per il riutilizzo di quello spazio. Questo sia per il tetto che per l’edificio sottostante che nella parte a scuderie ha delle finestrelle di circa 50×50 cm. con il solo scopo di arieggiare lo stallo.

Nel mio progetto, di cui ho accennato all’inizio, non ebbi però l’autorizzazione ad aumentare il numero delle finestre e neppure per sostituire le fodere con travi allargando il passo delle capriate e semplificando la struttura del tetto. I tempi sono cambiati, son passati dieci anni e oggi la mentalità è più flessibile, aperta alle frammistioni e a ipotesi diversificate, ma in una situazione di vincolo monumentale la soluzione presentata può essere problematica.

Una cosa certo deve essere chiara a mio parere, e non è una critica al progetto di Marzorati ma una constatazione generale: se si fa una ricostruzione in stile questa deve essere esatta e non a “pressappoco”, come a volte si vede in certi rifacimenti nell’est europeo che per questo motivo appaiono piuttosto pacchiani. L’aspetto architettonico e i dettagli decorativi possono certo essere semplificati ma partendo da una buona conoscenza della forma originale. Sempre parlando delle finestre ricordo che gli antoni esterni erano dei piccoli capolavori, con una carpenteria tutta in ferro battuto a mano e i cardini a forma di giglio o di ferro di cavallo. Allo stesso modo le porte delle singole scuderie erano tripartite per far uscire la testa del cavallo, con disegni a losanga. Quando ci lavorai ne era sopravvissuta intera solo una, essendo tutte le altre state bruciate per scaldarsi da parte dei precedenti abitanti abusivi. Una idea che sottopongo ai nuovi progettisti è di fare un piccolo museo interno, mantenendo uno o due stalli con le stesse finiture di quelli antichi.

Repellino 2

Lo stesso tipo di problematica si ripropone in ogni parte dell’edificio; un altro esempio può essere quello del portico interno con tutto il colonnato e i capitelli in calcestruzzo molto belli ma non in grado di sostenere la soletta anch’essa in calcestruzzo, piuttosto sottile, smangiata, e in buoni tratti sfondata. In questo caso si potrebbe invece ricadere nell’ipotesi “Carta di Atene”, ovvero mantenere delle parti antiche in una nuova struttura. Altri temi in gioco riguardano come fare a coibentare pareti con in mattoni a vista, a riportare impianti complessi come quelli termali senza distruggere l’immagine spaziale ecc.

Tutto questo per dire che questo progetto, che giustamente prevede una ricostruzione in stile, almeno per le parti più rappresentative per preservare l’identità dell’edificio e della storia del suo territorio, si dovrà destreggiare tra antico e moderno in modo molto complesso e libero, cosa che è in realtà una splendida scommessa.

Giovanna Franco Repellini



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  1. Sergio BrennaAncora una volta si lascia al privato la scelta del progettista, inevitabilmente più sensibile alle ragioni del committente che a quelle della tutela del carattere dell'opera. Per come ho conosciuto i progetti dello studio Marzorati a Sesto non c'è molto da stare sereni. Il Comune dovrebbe riservarsi di sciegliersene uno proprio su base di reale competenza, con costo a carico del concessionario
    12 giugno 2019 • 09:58Rispondi
    • Andy77Marzorati può essere criticato ma la sua architettura è di buon livello: le sedi di ABB e Campari pur se architettonicamente differenti sono pregevoli. Penso comunque che, dati i vincoli, la soprintendenza si farà sentire in caso di idee inappropriate, basti pensare come ha indirizzato i lavori attorno al castello Sforzesco o il muro di mattoni di Porta Genova. I tecnici e architetti del comune di Milano è meglio che si impegnino come si deve sull'arredo urbano.
      13 giugno 2019 • 20:52
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