14 febbraio 2019
LA VERITA’, VI PREGO, SUL NEOLIBERISMO
Il poco che c’è, il tanto che manca
14 febbraio 2019
Il poco che c’è, il tanto che manca
Tra leggende e verità, bisognava far chiarezza sul significato del “neoliberismo”. In quest’Italia dove l’interpretazione del termine è diventata pongo, l’unica materia indeformabile la troveremo nel saggio “La verità, vi prego, sul Neoliberismo. Il poco che c’è, il tanto che manca” (Marsilio, pagine. 398, euro 20) di Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto “Bruno Leoni”. Se non altro perché cerca di far luce sui fatti, talvolta con una punta di snobismo altre con il rigore di una disputa intellettuale.
Esiste un neo liberalismo in senso lato, la struttura ideologica della liberalizzazione “selvaggia” che avrebbe caratterizzato gli ultimi trent’anni della storia mondiale. Ma esiste anche un neoliberismo in senso proprio: un tentativo di rielaborare il liberismo classico in una chiave accettabile per il ventesimo secolo. Una filosofia politica sorta per contenere i pubblici poteri, un modello che scende a patti con una serie di interventi da parte dello Stato, “che tuttavia risulta scandaloso”, come sostiene Mingardi, “in un contesto disamorato dell’economia di mercato”.
La narrazione dell’autore si muove su vari piani, partendo dal pantheon dei classici di cui descrive curiosità e orizzonti con sfrontata erudizione. Il mito di Milton Friedman di Chicago che, durante una lezione agli studenti cileni, afferma che “la libertà è una situazione straordinariamente inusuale”, utilizzando il Cile come esempio per dire quanto fragile possa essere un sistema politico che riconosce i diritti degli individui. La stampa occidentale lo critica apertamente come “se avesse staccato di persona un assegno in bianco a Pinochet”, ma usa un altro peso e misura nel descrivere le sue visite in Unione Sovietica e in Jugoslavia.
Intanto alla Mont Pelerin Society si parla di politica, di riforme possibili, di tentativi di liberalizzazione. Un cenacolo di intellettuali nato per promuovere il libero mercato e la società aperta, ma soprattutto per creare un network tra studiosi liberali, con lo scopo di fare rete. Fondatore, il premio Nobel Friedrich von Hayek, campione del pensiero liberale tra Londra e Chicago.
La cavalcata continua seguendo la volontà dell’autore di ripercorrere la storia. Incontriamo Walter Lippmann, giornalista, antagonista delle politiche economiche del presidente Roosevelt; Ludwig Erhard, sostenitore dell’ordoliberalismo e coraggioso promotore del blitz monetario che liberalizzò i prezzi nella Germania controllata dagli alleati. La falcata ampia del pensiero di Erhard raggiunge anche l’idea di un’Europa contraria a una “male intesa idea di armonizzazione secondo cui le economie nazionali che hanno aspirazioni in comune dovrebbero riconoscere vincolanti anche per loro i peggiori errori di politica economica, finanziaria e monetaria invece di eliminarli in comune.”
Dell’euro Mingardi parla come di una struttura debitrice alle “idee neoliberiste in senso proprio” che però non sono riuscite a trasformare l’Italia in un Paese liberista. Se avessimo ancora la lira, con il ritmo di svalutazione che ebbe rispetto al dollaro nei dieci anni precedenti, oggi ogni bene ci costerebbe tre volte di più. Ma la nostalgia, aspetto irrazionale della politica attuale, enfatizza i presunti vantaggi del passato e adombra il ricordo di miserie e guerre. Il neoliberalismo, dice Mingardi, esiste solo nella fantasia di certi autori. Alla base resta la grande incompiuta: un Italia che contenga la spesa pubblica, che abbia più libertà di scelta, meno tasse e meno leggi complicate.
Cristina Bellon