19 gennaio 2019

LAVORARE COME CONCORRERE

Le politiche del lavoro: un labirinto immobile


190119_Bizzotto-01In questo articolo (in attesa di vedere le norme sul Lavoro nero su bianco) sostengo 5 vecchie idee: 1). Mobilità e Promozione portano il Lavoro a Concorrere e fanno Dignità, Sicurezza e Impresa sociale; 2) Associazioni d’imprese e Sindacati entrino nelle Agenzie per il Lavoro (dipendente e autonomo); 3) Per quali Politiche? Attive, Positive, Anticipatrici, Creative, Europee, Assicurate. E sorprendenti; 4) Il Concorrere del e per il Capitale umano ci farà fare cose mai viste: meno lacci e lacciuoli, e più soddisfazione per tutti (occupazione, produttività, innovazione); meglio della Germania; 5) Le Risorse, i Soldi, sono l’ultimo dei problemi; ce n’è una tale abbondanza! Esempi.

Sul lavoro l’aria è viziata; sotto sotto è lotta vera. E nelle imprese, nel Paese ci sono belle esperienze. Sono ottimista. Il Governo ha posto giuste questioni (Dignità e Sicurezza di reddito) con l’approccio old delle sinistre e dei liberali (stabilità e tutele). Servono invece Mobilità e Promozione (con paracadute per il Reddito). Ora il Governo sterza su condizionalità, controlli e incentivi: se viziati dalla passività, falliranno. Vedremo le norme e i regolamenti. C’è però un bel fermento su due nodi: i Centri per l’impiego (o Agenzie del lavoro; AFOL a Milano e Monza) e la Formazione continua per tutti.

190119_Bizzotto-02Possono far decollare il dialogo di territorio tra domanda delle imprese e offerta di lavoro, risolutivo per avere più occupati e relazioni più soddisfacenti e produttive. La domanda (l’impresa) è oggi molto abbottonata: va per conoscenze e fiducia. Mentre imprese e sindacati sono fuori dalle Agenzie del lavoro. Primo passo: farli entrare. Secondo: formare l’offerta. Obiettivi da perseguire, entrambi, in modo graduale e rispettoso delle parti in causa, secondo la ricetta di Elinor Ostrom – 1933 / 2012 –, prima donna, nel 2009, premio Nobel per l’economia
Ma, perché l’impresa non dice chiaro cosa le serve? E perché le Associazioni d’imprese e i Sindacati non hanno speso per anni una parola (tranne la Cisl: una!) a sostegno delle Politiche attive del lavoro? C’è l’Agenzia nazionale dal 2015 e c’è una riforma delle Camere di commercio che chiede alle imprese di contribuirvi. La Verità? L’impresa vuole scegliere il lavoratore senza essere scelta; non vuole che si formi una concorrenza sul capitale umano (tra lavoratori e tra imprese). E il sindacati? Non mirano all’autonomia e al protagonismo del lavoro; sono centralisti, come la vecchia Sinistra: “Ai tuo interessi ci penso io”. E invece è quel che serve per uscire dalle parallele logiche dell’impresa come fatto individuale (non relazionale, poco innovativo) e del lavoro fermo, rappresentato e tutelato (e scontento al 70%); il lavoro che fanno le macchine: eseguire compiti su ordini.

Passare da stabilità e tutele (passività) a mobilità e promozione (attivarsi e concorrere) equivale a passare da un approccio negativo, sacrificale, a uno propositivo, responsabile. Significa che (salvo un 2% fisiologico di tutele) accompagnamento, mobilità e promozione – cioè crescere, interrogarsi, immaginare, studiare, viaggiare, cambiare, osare Startup – devono valere per tutti, non solo per licenziati, inoccupati, disoccupati. Il primo approccio rende tutto pesante, difficile, costoso; il secondo, tutto leggero, semplice, solare. Un’idea cara a Bruno Trentin, sindacalista Cgil, testimonia Pietro Ichino (in La casa nella pineta).

E le risorse? Sono abbondanti e vengono offerte da molte Istituzioni (si può attivare una bella concorrenza). In primis c’è un’azione e un risparmio urgente: mettere ordine e dare senso; troppi soggetti sono in campo in modo confuso e poco produttivo; Agenzie pubbliche o para pubbliche di varia natura, sempre finanziate o agevolate; vaghi corsi di formazione (e i risultati?). Ho contato solo a Como un centinaio di uffici per il lavoro (strutture e stipendi). Fare ordine in casa. E parlare in Europa: a progetti seri seguono finanziamenti sicuri. Mancano i progetti seri. E poi, in Europa si discute di lavoro accompagnato e “assicurato”. E noi? Silenzio. Aumenterebbe di molto le chance di occupazione e Mobilità. Un’idea grandiosa: assicurare il Lavoro significherebbe che l’Europa crea un’unica struttura di garanzia. Io oserei di più: dalla mutualità (ripartire i costi) passerei a una impostazione impostazione assicurativa vera e propria; un soggetto che prende un “premio” e s’impegna di suo con garanzie non solo monetarie; si attiverebbe per rendere misurati e sostenibili i rischi in questione (avere meno “sinistri”, guadagnare di più). Interessante, vero? L’Assicuratore, dunque, potrebbe essere un attivatore di lavoro e d’impresa (sempre meno separabili).

Francesco Bizzotto

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