13 gennaio 2019

BRAHMS È ANCORA A MILANO

Un' iniziativa seria, impegnata e innovativa


Tre mesi fa raccontavo del progetto “Brahms a Milano” definendolo “una iniziativa con quei caratteri di qualità, serietà, impegno, innovazione, che la fanno apparire fin da subito come inizio di un lungo percorso, di un nuovo modo di fare musica in città”. Dopo il concerto iniziale all’Abbazia di Morimondo, di cui ho riferito, l’integrale delle opere da camera del grande amburghese si è sviluppato – secondo programma – con i concerti all’Auditorium Stefano Cerri, al Salone degli Affreschi dell’Umanitaria, al Teatro del Barrio’s alla Barona, finché l’altra sera è approdato alla Palazzina Liberty con un palinsesto abbastanza inusuale e proprio per questo di grande interesse: le 10 Variazioni in mi bemolle maggiore per pianoforte a quattro mani su tema di Schumann, del 1861, e il Trio in si maggiore per violino, violoncello e pianoforte, opera 8, nella poco eseguita versione originaria del 1854.

Innanzitutto gli esecutori: Costanza Principe e Roberto Cominati erano insieme al pianoforte per le Variazioni mentre il Trio è stato interpretato da Lorenza Borrani (violino), Giorgio Casati (violoncello) e Alice Baccalini (pianoforte); gli ultimi due, come si ricorderà, sono gli inventori e progettisti dell’intero ciclo ed a loro – insieme alla Associazione Marco Budano che lo ha promosso – va il merito della perfetta organizzazione e dell’ottima qualità dei concerti.

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Ed eccoci alle musiche, cominciando dall’opera 23, cioè da quelle Variazioni sul Geister-Thema (Tema degli Spiriti) che Schumann disse di aver udito cantare nella notte del 17 febbraio 1854 da “angeli inviatigli da Schubert e da Mendelssohn”, e che dieci giorni dopo aveva sul tavolo da lavoro quando – preso da un raptus improvviso proprio davanti a Brahms che lo visitava nella clinica di Endenich – si alzò e corse a gettarsi nelle acque gelate del Reno. Il povero Schumann visse per altri due anni, sempre ricoverato in quella clinica e preda di una follia vieppiù accentuata, tornando spesso su quel tema nel tentativo sempre frustrato di riuscire ad elaborarlo.
E’ facile immaginare il pathos con il quale il ventottenne Brahms, cinque anni dopo la morte del venerato amico e maestro, mise mano a quel tema e ne costruì dieci variazioni con l’obiettivo di eseguirle a quattro mani con l’amata Clara, vedova di Schumann, che di anni ne aveva già quarantadue e che aveva da poco raccomandato ai figli di non dar retta alle male lingue che le attribuivano una troppo affettuosa relazione con Brahms! Raramente le vicende biografiche dell’autore si sono riflesse con tanta intensità come in quest’opera, tutt’altro che facile da comprendere e da spiegare, eseguita dai due pianisti su un glorioso ma ostico strumento di quell’epoca, superando non poche difficoltà tecniche ed interpretative.

Tutt’altra atmosfera ha dominato l’esecuzione del Trio opera 8; prima di quest’opera, nel catalogo brahmsiano, troviamo solo tre Sonate per pianoforte e tre serie di Lieder e Gesänge. Questa è stata la prima opera di Brahms che ha goduto di una certa popolarità, scritta quando egli aveva solo 21 anni, aveva incontrato da poco Robert e Clara e si stava innamorando perdutamente di lei. Anche qui l’opera riflette molto bene lo stato d’animo in cui il suo autore era immerso ed aveva una scrittura tanto fresca e spontanea che trentacinque anni dopo si sentì in obbligo di … aggiustarla: “non ho voluto mettere a questa pagina una parrucca, mi sono limitato a pettinare i capelli arruffati, ad aggiustarli”. Massimo Mila ne dice infatti: “quando il compositore maturo rimise sul tavolo di lavoro questa composizione, deve aver sorriso di tenerezza davanti alla giovanile immagine di sé stesso, con tutta quella capacità di entusiasmo e di fede nella vita. E si mise le mani nei capelli al cospetto dell’esuberanza formale, dell’incontinenza melodica, della tautologica verbosità in cui si esplicava la beatitudine della giovinezza”.

Ascoltare questa prima versione giovanile è stata dunque fonte di grande piacere ed interesse, grazie anche alla impeccabile esecuzione di Alice Baccalini (che, forte della scrittura più cristallina, è riuscita a dominare meglio le asperità del pianoforte rivelandosi una pianista molto matura), di Giorgio Casati (che ha portato con sé la bella esperienza consumata con il Quartetto Lyskamm di cui è stato uno dei fondatori) e di Lorenza Borrani (fondatrice di quell’orchestra “Spira Mirabilis” che sperimenta la musica di insieme senza direttore). Di tutti loro abbiamo già detto più volte in queste note e di tutti loro non esito a ripetere che sono oggi “la meglio gioventù” della musica da camera in Italia.

Il prossimo concerto di “Brahms a Milano” si terrà la sera del 14 febbraio allo Spazio Fumetto WOW in viale Campania 12; ma non arrivate troppo tardi perché l’altra sera, a testimoniare il successo di questo ciclo di concerti, parecchie persone non hanno potuto entrare nella Palazzina Liberty; non vi erano più sedie e i Vigili del Fuoco non hanno consentito ulteriori ingressi.

Paolo Viola



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  1. RICCARDO TAMMAROMi unisco al plauso per l'iniziativa, ma non può essere definita "innovativa": la Fondazione Milano Policroma, da me presieduta, unitamente a Il Clavicembalo Verde, presieduto da Angelo Mantovani, e in collaborazione con Consulta Periferie Milano e altre 40 associazioni culturali, da dieci anni organizza la manifestazione "Concerti in periferia",(50 concerti gratuiti ogni anno) con lo scopo molteplice di promuovere giovani musicisti e portare la musica classica nella periferia della città, privilegiando spazi dove la musica solitamente non arriva (ad esempio le corti di case di ringhiera). Questo solo per completezza di informazione. Cordiali saluti Riccardo Tammaro Presidente emerito Fondazione Milano Policroma
    16 gennaio 2019 • 09:43Rispondi
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