13 novembre 2018

IL SINDACO SALA, TRA GENITORI X ED IL CONSIGLIO COMUNALE

I rapporti istituzionali non sono un optional


Non ci è voluto molto per passare dalla teoria alla pratica. La questione del rapporto problematico tra Sindaco e Consiglio Comunale, che avevo evocata nel mio articolo del 18 ottobre su ArcipelagoMilano, è esplosa dopo la sentenza del Tribunale di Milano sulla trascrizione della doppia genitorialità maschile, squadernando davanti alla cittadinanza intera l’opposta visione tra chi pensa che, specie su di una questione così trasversale, tocchi al Consiglio Comunale di occuparsene in prima persona, e chi pensa che no, trattandosi di questione politicamente rilevante, è affare prima di tutto della giunta.

Dice il Sindaco “Non si è mai visto che il consiglio comunale discuta di questioni prima della giunta. Mi sembra un ribaltamento della situazione. Prima ne discuteremo in giunta e poi, su un tema così sensibile, verrà coinvolto il consiglio comunale”.

Onestamente, non si vede di cosa debba discutere prioritariamente la Giunta, formata dal Sindaco per l’attuazione del suo Programma, un repertorio molto articolato davvero, ma che sul punto specifico della doppia registrazione nulla dice e nulla prevede, e non si capisce quindi in quali termini possa formare addirittura il contesto privilegiato per una adeguata discussione circa la doppia genitorialità maschile.

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Di questo avviso, paradossalmente, sono proprio alcuni consiglieri esponenti della sua Lista Civica, tra cui Enrico Marcora, che con Elisabetta Strada, Marco Fumagalli e la consigliera del Partito Democratico, Roberta Osculati, hanno firmato la proposta di istituire un’apposita commissione consiliare sul tema. Marcora poi aggiunge che “questa sentenza porta ad una deriva inaccettabile perché si legittima la pratica dell’utero in affitto che in Italia è illegale. Da cattolico impegnato in politica mi dissocio radicalmente dalla posizione del mio sindaco”. Punto di vista per molti più che opinabile nel merito, ma del tutto legittimo nel metodo democratico.

Dunque, sembrerebbe, questa faccenda una bella occasione per ridare un po’ di lustro al Consiglio Comunale ed alle forze politiche che in quella sala di Palazzo Marino rappresentano tutti i milanesi, forzando, per una volta almeno, la camicia di forza alla penosa condizione che vede rappresentanti eletti dal popolo che non solo nulla decidono nel merito, ma anche e soprattutto che nulla possono decidere, nel metodo, se e cosa discutere in autonomia.

In effetti la pretesa del Sindaco che decidere lui per conto del Consiglio Comunale se, come e quando, i rappresentanti del popolo milanese possano discutere della questione, appare priva di fondamento giuridico: si legge all’art. 23 che il “Consiglio Comunale determina l’indirizzo politico – amministrativo del Comune..”, che “il funzionamento del Consiglio è disciplinato dal Regolamento approvato dallo stesso a maggioranza assoluta dei componenti..”, mentre all’art 27 si stabilisce che “Il Presidente del Consiglio predispone l’ordine delle riunioni del Consiglio, su richiesta del Sindaco, della Giunta, dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio o dei singoli consiglieri, secondo le norme previste dallo Statuto”.

Quel suo “non si è mai visto”, più che al diritto, rimanda alla prassi prevalsa negli ultimi anni a tutto vantaggio dell’organo esecutivo. In linea di diritto, semmai è vero il contrario: non vi è dubbio di sorta che il Consiglio Comunale sia del tutto autonomo dal Sindaco e dalla Giunta nell’autodeterminare le modalità dei suoi lavori: cosa, quando, come.

A cosa dobbiamo allora l’intemerata del Sindaco? Cosa teme in realtà? E per quale motivo tiene così tanto a che la Giunta esprima l’indirizzo politico solo a seguito del quale coinvolgere il Consiglio Comunale di Milano. Teme probabilmente che il dibattito consiliare registri schieramenti bipartisan su di una questione che tuttavia non fa parte del suo programma? O intende precostituire la maggioranza in Consiglio sulla questione, blindando le forze politiche “incerte” e che lo sostengono in Giunta a favore di un indirizzo poi difficilmente modificabile in Consiglio Comunale? Certo di questo vi sono le avvisaglie, dato che il documento è stato firmato anche da Forza Italia e da Matteo Forte di Milano Popolare, ma, torniamo a dire, trattandosi di questione non programmatica, non converrebbe a Beppe Sala di trarsi d’impaccio, lui e la Giunta, lasciando campo libero alla dialettica delle rappresentanze politiche in Consiglio Comunale?

Ci prova il PD a tenere unito quanto si sta incrinando ed il Capogruppo Filippo Barberis afferma che “Al netto di legittime e distinte posizioni personali la maggioranza non è spaccata. C’è un ampio consenso in favore della trascrizione, una posizione fondata sulla centralità del minore e sul principio di non discriminazione”. Ma allora, si direbbe a maggior ragione, se la maggioranza non è spaccata, se i distinguo son pochi ed irrilevanti, per quale motivo non consentire al Consiglio Comunale che, occorre pur ricordare rappresenta politicamente tutti i milanesi, di discuterne in piena libertà ed autonomia?

Della questione dei diritti civili ed in particolare di quelli legati al tema del genere, si è detto ad abundantiam di quanto siano trasversali e di quanto siano suscettibili di formare il campo per la manifestazione di orientamenti, individuali o di gruppo, molto articolati, essendo espressione di complesse sensibilità religiose, civili, associative, molto differenziate tra loro e non agevolmente inquadrabili nel sistema politico.

Il Consiglio Comunale è l’arena istituzionale dove queste espressioni di identità possono legittimamente confrontarsi e pure scontrarsi, proponendo di fronte alla città, e non nel chiuso delle stanze di Giunta, un dibattito ampio, libero ed effettivamente rappresentativo delle differenti identità.

Per quale motivo si vuole mortificare questo spazio di libertà e di rappresentanza? Noi non lo sappiamo e poco lo immaginiamo.
Ci provi il Sindaco a spiegare ed a motivare, lo ascolteremo.

Giuseppe Ucciero

 

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