8 maggio 2018

sipario – PUZZLE FRANCESE ALLA SCUOLA DELLA SCALA, E TECNICA ITALIANA?


Piccolo Teatro Strehler di Milano, recita del 28 aprile 2018.
Défilé. Musica di Richard Wagner (Tannhäuser – marcia dell’atto II). Idea di Frédéric Olivieri.
Gymnopédie. Musica di Erik Satie. Coreografia di Roland Petit, ripresa da Luigi Bonino.
La Stravaganza. Musiche di Antonio Vivaldi, Evelyn Ficarra, Serge Morand, Robert Normandeau, Åke Paremud. Coreografia di Angelin Preljocaj, ripresa da Claudia De Smet.
Gaîté Parisienne Suite. Musica di Jacques Offenbach. Coreografia di Maurice Béjart, ripresa da Piotr Nardelli.

Nel consueto spettacolo di primavera la scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala presenta un programma che compone un puzzle di coreografi francesi del Novecento, riprendendo programmi presentati negli anni e nelle tournée scorsi. Un programma che nasconde sensibilità e gusto nelle scelte della direzione Olivieri, adatto nei temi ai ragazzi che si stanno formando nella tecnica come artisti.

Foto 1 FB Gymnopedie di R. Petit, foto di Marcello Chiappalone-2

Gymnopédie di Petit sulla 1ère Gymnopédie di Erik Satie trae lo spunto nel nome dalle Gimnopedie (gymnopaidiai), feste spartane in onore di Apollo, Artemide e Letò, in cui con danze e canti gli efebi nudi sfilavano e si esibivano nell’agorà, gareggiando pure in giochi atletici cittadini. Come la gioventù spartana doveva dimostrare la sua prontezza all’ingresso nella società degli uomini, anche la coreografia di Roland Petit sembra mantenere questa valenza originaria, mostrando nell’assolo iniziale che continua nel pas de deux una crescita progressiva dei giovani che si conoscono e diventano pronti alla relazione.

Foto 3 Gaite parisienne suite di M. Bejart, foto di Giulia GuccioneAl tema attualissimo dell’altro e dell’accoglienza è, invece, dedicata La Stravaganza di Angelin Preljocaj, nata da un bisogno emotivo e autobiografico del coreografo francoalbanese. Il balletto nato nel 1997 per il New York City Ballet mostra una sapiente costruzione drammaturgica spostando il piano della differenza geografica sul piano temporale: tre coppie ‘moderne’ danzano morbide sulle note barocche di Vivaldi e tre coppie ‘antiche’, che sembrano uscite da un quadro fiammingo del Seicento con le gonne a campana e i colletti inamidati, danzano invece scattose e fratte nel silenzio o su una base di musica elettronica.

I ragazzi si mescolano in una palude (la società), che nel fondale ricorda le pennellate ruvide e istintive di Vincent van Gogh, creando nuove danze e un nuovo unico gruppo, ma tutto alla fine sfuma per ricominciare ad anello come è cominciato, forse in un sogno. La Stravaganza è stata la difficoltà maggiore per gli allievi, perché ancora non hanno l’esperienza di interiorizzare un’intenzione così partecipata come quella di Preljocaj nel tema complesso dell’immigrazione, assolvendo la responsabilità così ardua di soluzione al problema.

Gaîté parisienne è un pezzo perfetto per una scuola. Il tema è molto vicino al loro vissuto: un ragazzino con la passione per la danza (e anche per la “dolce vita”, la gaîté che Parigi offre) dovrà lavorare sodo se vorrà diventare un danzatore, perché è nato senza un particolare talento fisico.

Bim è in parte lo stesso Maurice Béjart che ha fatto la coreografia. I suoi compagni di studio sono anche la metafora di un talento, chi salta, chi gira, chi ha uno spirito romantico, chi aggressivo, chi è bravo nelle tenute, chi nella dinamica. La sua maestra, una funerea, tenera russa trapiantata a Parigi, è anche lo spirito (tutto Béjart) un po’ new age della vita e al contempo della morte. Il lavoro, duro lavoro di studio della tecnica che la maestra russa impone come un mantra ripetuto ossessivamente nelle orecchie di Bim, è quello che gli allievi stranamente mostrano di meno.

Foto 2 La Stravaganza di A. Preljocaj, foto di Anna La Naia-1

Sembra che l’esaltazione della dote fisica sia diventata anche alla scuola di ballo della Scala la chiave di lettura degli spettacoli e dei saggi. Una scuola come quella della Scala si deve distinguere per la pulizia dell’esecuzione che diventerà arte ed espressione del movimento. La pulizia si vede dal dettaglio: l’uso delle teste, la coordinazione dei ports de bras (se e quando en dehors e en dedans), le rotazioni non solo à l’air, ma anche e soprattutto con le gambe a terra, gli inchini senza spazio tra le ginocchia. Un lavoro di ossessione al dettaglio che non deve essere solo una ricerca estetica, ma principalmente di cognizione del corpo e del movimento entro uno spazio.

La coreografia di Béjart è stata a buon diritto collocata a chiusura della serata: infatti, nella sua allegria e nel suo romanticismo vede un grande plauso del pubblico e una più intensa partecipazione degli allievi.

Domenico Giuseppe Muscianisi
Foto concesse da Paola Bisi (Accademia Teatro alla Scala): 1. di Marcello Chiappalone «Gymnopédie»; 2. di Anna La Naia «La Stravaganza»; 3. di Giulia Guccione «Gaîté parisienne»
(Bim).

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


20 dicembre 2022

IL LATO OSCURO DI RUDOLF NUREYEV

Domenico G. Muscianisi






9 novembre 2021

IL “SENSO” RITROVATO

Paolo Viola



26 ottobre 2021

MADINA ALLA SCALA

Paolo Viola



2 maggio 2021

DA DOVE RIPARTIRÀ IL TEATRO FRANCO PARENTI?

Andrée Ruth Shammah



18 ottobre 2020

UNA CATTIVA REGIA PER UN PESSIMO SPETTACOLO

Luigi Corbani


Ultimi commenti