8 maggio 2018

musica – VIRTUOSI D’ITALIA E DI GERMANIA


musica17FBDa giorni , ascoltando la saga dei divieti fra Di Maio, Salvini e compagnia, sentivo dentro di me una crescente sensazione di “deja vu”, l’impressione di aver ascoltato già mille volte ma altrove, quel “non possumus”. Poi, l’altra notte, svegliatomi all’improvviso, ho sentito risuonare dentro di me il “Un dì, felice, eterea, mi compariste innante , e da quel dì tremante….”

Eccolo, l’Ur-drama dell’odierna tragicommedia, la Dame aux Camelias, la Traviata verdiana!

Dunque:

Personaggi ed interpreti
Violetta Valery – Giggino Di Maio
Alfredo Germont – Matteo Salvini
Giorgio Germont – Silvio Berlusconi
Sorella di Alfredo – Giorgia Meloni
Il Barone – Sergio Mattarella

Ripassatevi le scene, sostituendo i personaggi verdiani con i loro omologhi contemporanei:

Atto I

Violetta: Tra voi saprò dividere il tempo mio giocondo
Tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer
Da molto è che mi amate?

Alfredo: Ah sì, da un anno.
Un dì, felice, eterea,
Mi balenaste innante
E da quel dì tremante
Vissi d’ignoto amor.

Violetta: Ah, se ciò è ver, fuggitemi, solo amistade io v’offro,
Amar non so, né soffro
Un così eroico amor
Io sono franca, ingenua, altra cercar dovete (il PD ? n.d.r )
A me fanciulla, un candido e trepido desire
questi effigiò dolcissimo Signor dell’avvenire (Grillo, n.d.r.)
Follie! Follie, delirio vano è questo!
Povera donna, sola, abbandonata in questo popoloso deserto
Che appellano Parigi (leggi:“Italia” n.d.r.)
Che spero or più?

Atto II

Alfredo: Lungi da lei per me non v’ha diletto!
Volaron già tre lune dacché la mia Violetta (…dal giorno delle elezioni, n.d.r.)
agi per me lasciò, dovizie, onori,
le pompose feste ove, agli omaggi avvezza,
vedea schiavo ciascun di sua bellezza.
De’ miei bollenti spiriti il giovanile ardore
Ella temprò’ col placido sorriso dell’amore!

G. Germont: Madamigella Valery?

Violetta: Son io.

G. Germont: D’Alfredo il padre in me vedete!
Si’, dell’incauto, che a ruina corre (dopo le consultazioni, n.d.r.)
ammaliato da voi.
Ciel! che discopro!
D’ogni vostro avere or volete spogliarvi?
Ah, il passato perché, perché v’accusa? (i sospetti di Di Maio…n.d.r.)

Violetta: Più non esiste, or amo Alfredo, e Dio lo cancellò
col pentimento mio (le nuove idee dei 5S, n.d.r.)

G. Germont: Nobili sensi invero!
Ed a tai sensi un sacrificio chieggo

Violetta: Ah, comprendo dovrò per alcun tempo (in attesa delle elezioni regionali, n.d.r.)
da Alfredo allontanarmi

G. Germont: Non é ciò che chiedo.

Violetta: Cielo, che più cercate? Offersi assai!

G. Germont: Pura siccome un angelo, Iddio mi diè una figlia (Giorgia Meloni, n.d.r.) …
se Alfredo nega riedere in seno alla famiglia, (il Centro-destra, n.d.r.)
l’amato e amante giovane, cui sposa andar dovea,
or si ricusa al vincolo che lieti, lieti ne rendea. (l’alleanza di governo… n.d.r)
Deh, non mutate in triboli le rose dell’amor,
ai preghi miei resistere non voglia il vostro cor.

Violetta: Volete che per sempre a lui rinunzi?

G. Germont: È d’uopo!

Violetta: Ah, no giammai!
Non sapete quale affetto vivo, immenso m’arda in petto?
E che Alfredo m’ha giurato che in lui tutto io troverò?

G. Germont: È grave il sacrifizio, ma pur tranquilla udite,
Bella voi siete e giovane col tempo (le nuove elezioni, n.d.r.)

Violetta: Ah, più non dite, v’intendo, m’é impossibile! Lui solo amar vogl’io.

G. Germont: Sia pure, ma volubile sovente è l’uom (l’elettorato, n.d.r.)

Violetta: Gran Dio!

G. Germont: Premiato il sacrifizio sarà del vostro amor;
d’un opra così nobile sarete fiera allor.

Violetta: Tu m’ami, Alfredo, non è vero?

Alfredo: Oh quanto! Perché piangi?

Violetta: Amami, Alfredo, quant’io t’amo! Addio!

G. Germont: Di Provenza il mar, il suol (la Padania, n.d.r.)
chi dal cor ti cancellò?
Ah! il tuo vecchio genitor tu non sai quanto soffrì
Ma se alfin ti trovo ancor, se in me speme non fallì
Se la voce dell’onor in te appien non ammutì,
Dio m’esaudì!

Atto III

Alfredo: Mi chiamaste? Che bramate?

Violetta: Questi luoghi abbandonate
Un periglio vi sovrasta (le trattative, n.d.r.)

Alfredo: Ah, comprendo! Basta, basta! E sì vile mi credete?
Ma che temete?

Violetta: Temo sempre del Barone (Il Presidente della Repubblica, n.d.r.)

Alfredo: È tra noi mortal quistione
S’ei cadrà per mano mia
Un sol colpo vi torria coll’amante il protettore
V’atterrisce tal sciagura?

Violetta: Va’, sciagurato.
Scorda un nome ch’è infamato.
Di fuggirti un giuramento sacro io feci

Alfredo: E chi potea?

Violetta: Chi diritto pien ne avea.

Alfredo: Dunque l’ami?

Violetta: Ebben l’amo

Alfredo (Corre furente alla porta e grida): Or tutti a me.
Ogni suo aver tal femmina per amor mio sperdea
Io cieco, vile, misero,
Tutto accettar potea,
Ma è tempo ancora! Tergermi da tanta macchia bramo
Qui testimon vi chiamo
Che qui pagata io l’ho! (Giggino l’aveva detto…, n.d.r.)

FINE (ma potrebbe continuare…)

Il giorno dopo, per allontanarmi da siffatte bassezze, pur in qualche modo nobilitate dall’aulica assonanza, uno scomodo aereo mi ha portato nel tempio assoluto della grande musica, la Philarmonie berlinese, in tempo per acciuffare l’ultima replica di uno strepitoso programma: Dirigent Kiril Petrenko, l’enfant prodige su cui i Philarmoniker hanno coraggiosamente scommesso chiamandolo a succedere all’ormai consunto Simon Rattle; Piano solista Yuia Wang; in programma “La Peri” un balletto di Paul Dukas (il compositore impressionista autore dell’Apprenti sourciere) ed il terzo concerto di Prokopiev, indiscusso masterpiece della produzione concertistica del grande compositore russo.

Non conoscevo il brano di Dukas: ma sono bastate poche battute per essere rapito dalla scintillante dinamica con cui Petrenko cesellava la partitura nel continuo alternarsi di pianissimo e fortissimo, danzando sul podio come mai avevo visto un grande direttore danzare, ed improvvisamente riacquistando il gesto imperioso per tacitare gli archi ed imporre ai fiati il massimo vigore.

Che grande, insuperabile orchestra, capace di affrontare momenti di assoluto virtuosismo con la naturalezza dell’ordinario, e di far apparire la straordinaria compattezza delle singole sezioni come se si trattasse non già di un grande organico ma di un quintetto di solisti !

Placatisi gli applausi, ecco sollevarsi dal sotterraneo il grande pianoforte ed apparire Yujia, la diva rossovestita dalle lunghe braccia sensuali e nude.

Quante volte, sin dalla sua infanzia, avrà suonato il Prokopiev III, quante volte quelle mani miracolose avranno tempestato la tastiera nei vertiginosi crescendo per poi abbandonarsi al fluire sommesso dell’orchestra …

E sapete addirittura cosa accade, forse per la prima volta dissacrando i riti di quel tempio? Accade che, al finire del primo tempo, il pubblico non sappia trattenersi ed applaude, applaude, ignorando la regola e senza che nessuno zittisca richiamandolo all’ordine.

Nella seconda pausa, per un attimo ho ripensato al severo giudizio pronunciato da Michele Campanella (che presentava al MOMU il suo libro autobiografico) nei confronti di questi “giovani virtuosi” adusi agli abusi del pedale, sotto le cui mani scorrono, senza che, a suo dire, siano guidati dai profondi pensieri che la grande musica inevitabilmente dovrebbe sempre suscitare, cascate impetuose di note, sempre più convulse ed inestricabili, quasi il tempo e lo spazio si fondessero in un unico magma.

Ebbene, è ora di riconoscere che siamo di fronte a due mondi che non si parlano più, pur condividendo (in parte) lo stesso repertorio, così come fu, mutatis mutandis, per Pavarotti & friends e chissà, per Caruso…

Meglio l’esecuzione della Argerich del Prokopiev III (ascoltatela su You Tube)? Basta pronunce: noi pubblico non professionista ci entusiasmiamo per l’una e per l’altra, senza chiederci né che cosa avrebbe più apprezzato il compositore né volendo o potendo sottrarci alla fascinazione estrema per la sensuale Wang per rintanarci nell’ assoluta ma algida maestria di Marta Algerich.

Ed a riprova che il territorio esclusivo di Yuia Wang è la musica “virtuosistica” (brutto chiamarla così, dovrò cercare nel libro di Campanella se vi sia un termine più degno) il bis che lei concede è il vertiginoso terzo tempo della Sonata n. 7 (“Precipitato”) di Prokopiev.

 

Rubrica a cura di Andrea Silipo
rubriche@arcipelagomilano.org



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