24 aprile 2018

LETTERA APERTA AGLI AMMINISTRATORI

Di Milano, della Città metropolitana e della Lombardia


Il Direttore ha invitato i collaboratori di ArcipelagoMilano ad una riflessione sul ruolo e sulle prospettive del giornale. Per me scrivere su questo giornale significa fare giornalismo militante, ovvero cercare di contribuire a migliorare il governo della cosa pubblica attraverso la critica costruttiva. E insieme sostenere il campo progressista e di centro sinistra. Ma scrivere su questo giornale è stato utile ed efficace a raggiungere tali obbiettivi? Mi pongo queste domande.

targetti16FB1. In questi anni ArcipelagoMilano ha contribuito a spostare l’opinione pubblica generale? Probabilmente poco, forse di riflesso in alcuni casi; sono tuttavia convinto che su alcune questioni il giornale abbia contribuito a formare un’opinione pubblica più attenta e a correggere il tiro (per esempio sul riuso delle aree Expo e degli Scali ferroviari).

2. Si è accresciuta la conoscenza e la maturazione delle posizioni all’interno della comunità dei lettori di ArcipelagoMilano e di un’opinione pubblica più attenta? Certamente sì.

3. Abbiamo influito sulle idee e sulle posizioni degli amministratori pubblici. Probabilmente no o molto poco; comunque non lo sappiamo perché non hanno quasi mai risposto direttamente alle domande del giornale.

Perché la politica non risponde? Forse perché le posizioni di ArcipelagoMilano sono infondate e prive di consistenza e quindi non vale la pena rispondere nel merito? Oppure perché 20/25.000 lettori sono cosa da poco rispetto ai numeri dei followers dei social media? O perché è meglio non rispondere per non alimentare le polemiche e quindi una propaganda negativa?

Gli amministratori del Comune e della Città metropolitana, pur sollecitati dal giornale a commentare nel merito le scelte di governo, generalmente non partecipano; salvo rari casi (vedi gli articoli di Arianna Censi, vicesindaco metropolitano).I partiti sembrano non occuparsi delle strategie di governo delle amministrazioni rette dai loro rappresentanti. Delegano la materia agli amministratori. Solo il Movimento 5 Stelle l’anno scorso ha organizzato un’iniziativa pubblica sul riuso degli scali ferroviari, ma era pur sempre un’iniziativa del solo gruppo consigliare. Non si sente neppure la voce dei tradizionali organismi di rappresentanza dei corpi intermedi. Invece sono attivi numerosi comitati di cittadini e associazioni, ma pongono per lo più temi specifici e locali.

Talvolta mi chiedo se le critiche senza risposta non diano argomenti all’opposizione dell’amministrazione di centro sinistra. Sui numeri scorsi di ArcipelagoMilano molti (tra cui il sottoscritto) hanno scritto in merito al Documento Unico di Programmazione del comune di Milano. Ne è emersa una sostanziale stroncatura, anche se con toni differentemente critici. Un tale esito dà fiato all’opposizione o aiuta il governo di centrosinistra di Milano a correggere il tiro? In realtà neppure la voce dell’opposizione politica si sente, almeno al di fuori del Consiglio comunale.

Ma forse c’è una ragione più profonda per questo silenzio: gli “intellettuali” non sono più da tempo classe dirigente, sono ai margini della società perché corpi estranei rispetto alle relazioni dirette tra cittadini e politica (A. Asor Rosa, “il silenzio degli intellettuali”). L’Amministrazione della Città a chi si è affidata per elaborare le linee strategiche per la pianificazione del territorio? A chi si affida per sostenerle di fronte all’opinione pubblica esperta? Di chi è l’impostazione del PGT? Solo dell’assessore e del Sindaco? I dirigenti del Comune che elaborano i documenti tecnici si assumono in prima persona la responsabilità delle scelte culturali e le difendono al di fuori dell’amministrazione? O la loro resta un’attività interna agli uffici? Oggi i piani assumono la retorica omologante della burocrazia europea, ma sembrano intellettualmente orfani (1).

Per tornare alla domanda inziale “ArcipelagoMilano serve?”: è solo uno strumento di crescita culturale o sposta, se pur di poco, l’opinione pubblica e l’attenzione della politica? Per ora diciamo che se non ci fosse sarebbe peggio.

Dunque che fare? Mentre si elabora una strategia editoriale più incisiva continuiamo ad occuparci di Milano, della Città Metropolitana e della Regione, degli strumenti di governo che le amministrazioni pubbliche elaborano e delle questioni che non affrontano. E continuiamo a chiedere agli amministratori di Milano, della Città metropolitana e ai consiglieri della Regione, di rispondere perché ascoltando e rispondendo nel merito, può migliorare l’azione di governo e si può rafforzare il campo progressista.

A tale proposito in un prossimo articolo intendo trattare del documento dell’Amministrazione “Milano 2030 – idee per la città che cambia “, laboratorio per il piano di governo del territorio.

Ugo Targetti

  1. Gli storici piani regolatori di Milano portavano il nome dei capi dell’ufficio tecnico: il Piano Beruto, il Piano Pavia e Masera; il Piano Albertini. Nel dopo guerra e fino agli anni ‘80 i professionisti estensori dei piani regolatori erano noti e sostenevano le loro scelte nel dibattito pubblico e nelle sedi politiche.
  1. In alcuni casi il Sindaco ha coinvolto il Politecnico di Milano su temi specifici particolarmente sentiti dall’opinione pubblica come sul progetto per i nuovi Navigli milanesi o per la riorganizzazione di Città studi.

Milano Unicredit



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