13 marzo 2018

sipario – LA FORMA DELLA MUSICA: «APOLLO» DI BALANCHINE


Il mito in musica. Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, direttore: John Axelrod. Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, concerto spettacolo trasmesso l’8 marzo 2018 su Rai 5. In collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano.

Concerto. (1) Christoph Willibald Gluck (da Orfeo ed Euridice): Danza delle Furie, Danza degli spiriti beati. (2) Igor’ Stravinskij (da Il bacio della fata): Divertissement. (3) Christoph Willibald Gluck (da Alceste, divertissement dell’atto III): la Marcia, l’Andante e la Ciaccona.

Balletto: Apollon Musagète o Apollo. Musica di Igor’ Stravinskij (orchestra di soli archi). Coreografia di George Balanchine. Produzione del Teatro alla Scala di Milano.

Roberto Bolle (étoile del Teatro alla Scala di Milano e principal dell’American Ballet Theatre di New York, Apollo), Nicoletta Manni (prima ballerina del Teatro alla Scala, Tersicore), Martina Arduino (prima ballerina del Teatro alla Scala, Polinnia), Virna Toppi (prima ballerina del Teatro alla Scala, Calliope)

 

La Festa della donna è celebrata da Rai 5 con alcuni brani tratti da opere del neoclassisimo che raccontano donne del mito greco e della fiaba nordica protagoniste nel bene e nel male per la vita del proprio amante.

Alcesti che decide di morire per salvare la vita del proprio marito, il quale aveva avuto la promessa di salvezza se qulacuno avesse accettato di morire al posto suo. Euridice protagnista passiva che è causa inconsapevole delle vicende e sventure del marito Orfeo. La vergine dei ghiacchi del folklore scandinavo che attira a sé con il ricordo suo bacio il giovane che da neonato aveva salvato. La musa Tersicore, che nella lettura di Balanchine e Stravinskij, diventa la principale ‘educatrice’ del dio Apollo.

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Una serata dall’argomento interessante, molto affrontato, ma mai abbastanza approfondito, è stata quella di Rai 5. Qualche perplessità mi è rimasta, legata soprattutto al tenore di alcune domande (e risposte) tra la presentatrice e il direttore artistico sulla «stravaganza» della scelta di «legare la musica alla danza» (proprio così!), che mi riporta alle mie riflessioni sulla presenza o no di vera cultura in Italia.

Tuttavia, la serata ha presentato un concerto ben distribuito nelle musiche, macava di qualche presentazione in merito alle scelte, al filo conduttore della serata (l’interpretazione di sopra è la mia) e al legame dei due compositori Gluck e Stravinskij, così lontani (rispettivamente del ’700 e del ’900) in termini cronologici, geografici e musicali. Se il fine di Rai 5 è divulgare, è bene farlo con competenza, ma anche e soprattutto con chiarezza. Infatti, non credo che chi non avesse una preparazione sugli autori e i brani avrebbe trovato uno stimolo all’ascolto e visione della trasmissione.

Diverso, invece, per la coda della serata. L’Apollo di Balanchine e Stravinskij è stato ampiamente presentato anche sul piano storico soprattutto in merito alla presenza di Roberto Bolle, a lungo impegnato nella divulgazione della danza classica. Una maggiore presentazione meritavano le tre danzatrici del Teatro alla Scala, che hanno riempito la scena con Bolle: Nicoletta Manni, da qualche anno prima ballerina, e le neonominate Martina Arduino e Virna Toppi, prime ballerine da qualche giorno e debuttanti nei ruoli balanchiniani.

La coreografia di Balanchine rappresenta un giovane Apollo (che nasce nel prologo) che cerca il suo ruolo e le tre Muse che si occupano della sua educazione. Balanchine, seguendo una numerologia cara ai Greci, semplifica le nove Muse in tre dee che raggruppano tutte le arti: Tersicore (danza) con Euterpe (musica) ed Eratò (poesia d’amore); Calliope (epica) con Cliò (storia) e Urania (astronomia); Polinnia (canto) con Melpomene (tragedia) e Talia (commedia).

Apollo si presenta in tutta la sua luminosità con l’“arma” che lo contraddistingue meglio, un liuto. Mostra subito la sua vocazione alle arti e alla bellezza. Bolle, con le sue proporzioni degne del Doriforo di Policleto e del Discobolo di Mirone, rappresenta bene l’ideale apollineo e Apollo in sé, forse un po’ troppo ‘marmoreo’, cioè focalizzato molto sull’estetica delle linea e meno sul carattere, che appare un po’ distaccato.

Il dio distribuisce alle tre Muse un dono. A Calliope un tavoletta per comporre, con la quale Virna Toppi danza una melodia che riprende il ritmo del verso alessandrino, usato nella poesia francese ed tedesca come verso eroico in sostituzione dell’esametro. Toppi mantiene il ritmo cadenzato con chiarezza e precisione, il gesto ripetuto vede la mano evidenziare l’uscita del suono della voce, ma la palma appare un po’ troppo rigidamente aperta, suggerendo un’idea di “sguaiatezza” della dea, che proprio non se lo merita, essendo la musa di Omero. E neanche Virna Toppi se lo merita, per la sua connaturata delicatezza e forza assieme, come già dimostrato nel Sogno di una notte di mezza estate dello stesso Balanchine e nella Schéhérazade di Scigliano.

Polinnia raggruppando il canto e il teatro riceve un maschera. Martina Arduino mostra la sua ‘balanchinità’ con una euforica ed esuberante Polinnia, come ha già dimostrato nel primo movimento e nel quarto movimento di Symphony in C. Danza una variazione rapida e pizzicata, nasconde con le mani la bocca per evitare di eccedere, ma – ahimè! – eccede al punto da farsi fermare da Apollo stesso. Arduino lega e fluidifica tutto il movimento come pennellando con le braccia.

Nicoletta Manni porta in scena la dea che ammalierà Apollo. Manni è tecnicamente solidissima, non nuova con lo stile di Balanchine. Dà più enfasi alla fissità delle figure e delle pose, richiamando più l’eleganza mostrata nel primo movimento, l’adagio del secondo movimento di Symphony in C con Bolle stesso e la tecnica seriosità del pas de deux dell’atto II nel Sogno, che il brio di Titania. La variazione di Tersicore con il dono della lira mostra tutta la figura della danzatrice come una lira essa stessa con le braccia in terza posizione sulle punte che pizzicano il pavimento come il cantore antico con il plettro pizzicava le corde dello strumento.

A Tersicore il dio concederà di procedere nella sua ‘educazione’ con un passo a due che assume i connotati di un passo d’amore, difficile nelle promenades e nelle pose, che culmina nell’apoteosi e la salita al Parnaso, monte sede di Apollo conduttore delle Muse (il Musagète del titolo), ricostruito con la triplice arabesque di profilo che ricordano i raggi del sole trainato da Apollo stesso.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto da RapidLinks: Roberto Bolle e Nicoletta Manni in primo piano, con Martina Arduino e Virna Toppi nella posa finale.

 

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org



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