27 febbraio 2018

sipario – LECCISO, CULTURA E RICERCA ALLE FALDE DEI MINISTERI


Sembra un gioco del «Trova l’intruso», ma non è così. Il titolo descrive quello che la “cultura italiana” produce come arte e ricerca. Di “cultura” ce n’è poca, di “Italia” molta. La notizia non è l’argomento della mia riflessione, ma solo il punto di partenza, un simbolo.

sipario08FBLoredana Lecciso, arcinota seconda moglie di Al Bano, viene fotografata nell’atto di indossare le punte in un’intervista che annunciava la propria partecipazione nella prossima Pasqua nel ruolo di Maddalena in uno spettacolo di Fredy Franzutti dal titolo Le ultime parole di Cristo con il salentino Balletto del Sud – di cui è Franzutti direttore artistico. Accanto a Maddalena-Lecciso ci sarà una Maria, Madre di Cristo, con le sembianze di Luciana Savignano.

Sembra impossibile a chi si occupa di danza. Ci si aspetta una “smentita”, ma arriva una – comprensibile – difesa del direttore artistico leccese, secondo cui Lecciso stupirà tutti sul palco sul piano artistico-interpretativo, anche perché Lecciso da ragazza praticava ginnastica artistica e poi danza (su «ilsalentomagazine.it» del 26 gennaio 2018).

Alla compagnia, che io stesso qualche tempo fa ho definito una delle realtà coreiche più interessanti del Sud dopo una bella Carmen di Franzutti, non può passare il messaggio che Lecciso abbia le carte in regola per esibirsi con una compagnia professionale e una grande étoile.

Che cosa può insegnare Lecciso nella sua esibizione ai ragazzi? Ai ragazzi che ogni giorno studiano lo spazio e le sue geometrie, l’en dehors, il virtuosismo, il tempo della musica tra ritmo e melodia? Possiede tale studio, tale interiorizzazione che può trasmettere ai danzatori di mestiere, per quanto abbia praticato danza da piccola?

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A questo servono (o servirebbero) gli ospiti in una compagnia: dare l’esempio. A questo può certamente essere d’aiuto l’étoile Luciana Savignano, artista magnetica che ha ispirato Maurice Béjart per creare Luna, ipnotizzato pubblico e critica con Bhakti e Boléro dello stesso Béjart, sperimentato con La Lupa tratta dall’omonima novella di Verga, in giro per tutti i teatri del mondo. Perché la stessa Savignano non difende l’arte che la ha consacrata e, concretamente, i danzatori?

Si ritorna a quella “cultura italiana” virgolettata dell’inizio. In un sistema tutto all’italiana la situazione Lecciso può insegnare che non c’è spazio per la meritocrazia, non serve lo studio, la ricerca e la fatica quotidiani per diventare prima ballerina. La situazione Savignano nel suo algido silenzio rappresenta l’autoreferenzialità della cultura, che si pasce di sé stessa. Possibile che questo progetto debba essere spacciato per ricerca artistica? Possibile che questo progetto non culturale e non artistico sia ritenuto tale dal Ministero dei beni e attività culturali e del turismo (Mibact) e degno di finanziamenti?

Questa è la “cultura italiana”. Non c’è. Rimane solo l’autoreferenzialità dietro un più o meno vago ricordo di quando davvero un’Italia che politicamente non c’era dava realmente al mondo innovazione e creatività. Ci vantiamo di aver dato i natali a Leonardo da Vinci, Galileo Galieo, Dante; ci vantiamo di avere il numero – percentuale e anche reale – più alto di musei, scavi archeologici, beni culturali e naturalistici nel mondo; ci vantiamo che potremmo vivere di turismo. Ci vantiamo e restano parole dette nel vento e scritte sull’acqua.

Siamo il Paese che peggio parla l’inglese, non perché abbiamo scarsi insegnanti, ma perché non c’è una reale volontà di internazionalizzazione: le università sono l’emblema. Ancora esistono università che si vantano di un nome prestigioso, ma che non attivano programmi di ricerca internazionali, come dottorati di ricerca internazionali e congiunti con università partner estere, e fanno ancora problemi per la stesura delle dissertazioni in inglese. Quelle stesse università attivano programmi Erasmus per gli studenti, ma poi al rientro obbligano gli studenti a integrazioni degli esami concordati come da fare all’estero.

Altre università che avevano avuto uno slancio internazionale, attivando corsi di laurea interamente in inglese, perché ormai la scienza lo richiede, vengono costrette dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) a raddoppiare il corso in lingua italiana e quindi anche il costo il fatto porterà alla chiusura del corso meno frequentato.

Miur e Mibact non collaborano. Come si dovrebbero valorizzare i beni culturali, l’arte e il turismo senza la ricerca? L’Italia è il Paese che vanta il maggior numero di musei, ma nessuno di questi musei o di questi parchi e istituti archeologici ha un centro di ricerca stabile (proprio come un dipartimento universitario a sé stante), studia le collezioni, le valorizza con pubblicazioni scientifiche e divulgative, eventi. Il Parco archeologico di Pompei è l’unico grande istituto che sta provando un’idea di questo genere, ma l’attuale dispersione tra più dipartimenti e più università può facilmente diventare un impedimento e un impoverimento alla ricerca stessa per la mancanza di un dialogo costruttivo interno e un confronto diretto, come avviene nei centri di ricerca e sperimentazione scientifica (Gran Sasso, Cern di Ginevra etc.).

Lascio questo appello accorato ai nostri prossimi politici, come riflessione per un concreto e reale miglioramento della nostra situazione e un augurio di spendere meglio i nostri soldi!

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto 1: Loredana Lecciso.
Foto 2: di Enzo Lattanzio: Luciana Savignano nella «Luna» di Maurice Béjart al Teatro Petruzzelli di Bari nel 1982.

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org



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