30 gennaio 2018
Tornano a Milano gli angeli decaduti (o decadenti?), precipitati con ironica disperazione per rappresentare sul palco il nostro presente.
Sono i Generazione Disagio: Luca Mammoli, Andrea Panigatti, Riccardo Pippa, Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, che dopo il successo di “Dopodiché stasera mi butto”, portano in scena il loro secondo spettacolo “Karmafulminien – figli di puttini” (dal 30 gennaio al 4 febbraio a Campo Teatrale).
Sul palco tre angeli anticonvenzionali, degradati al ruolo di “parafulmini” delle disgrazie umane, che si presentano agli uomini come profeti precari, incarnazione della spiritualità moderna, che non può più fare affidamento sui tradizionali (e durevoli) angeli custodi, ma devono votarsi ad angeli a tempo determinato, capaci di stare al passo con le esigenze estemporanee di una mentalità “usa e getta”. Più che protettori o guide spirituali, questi “angeli-cuscinetto” («Anonime cozze, mitili ignoti in questo mare di lacrime»), costituiscono un compromesso tra indicibilità divina e disperazione terrestre, che qui viene raccontata con spontaneità e arguzia, autoironia filosofica e giochi di parole che sfiorano la poesia.
Con loro il pubblico (quello della “generazione Erasmus”, del precariato inteso come attitudine psicologica più che come categoria anagrafica) può identificarsi e a ridere con indulgenza dei propri difetti, delle proprie debolezze e dell’abilità di inventarsi nuovi valori per colmare lo scarto tra ciò che nel mondo dovrebbe essere e ciò che non è.
Il ruolo di protagonista spetta, in definitiva, a un’umanità che si sente in trasferta aliena in un presente nel quale non sa orientarsi, ma che comunque va avanti, senza limitarsi a una rivendicazione piagnucolante e passiva di ciò che manca, fino a trasformare il proprio disagio in una nuova forma di culto e catarsi.
Come “Dopodiché stasera mi butto”, anche “Karmafulminien” si poggia sulla collaborazione del pubblico, direttamente coinvolto durante lo spettacolo e invitato a intrattenersi in convivio con gli attori dopo la rappresentazione. Un’occasione per condividere domande e riflessioni, ribadendo un’idea di teatro vivo, non autoreferenziale e profondamente democratico, accessibile e condivisibile. Capace di offrire a chiunque un pretesto per ridere e una strategia per resistere al reale e imparare a sopravvivere.
Chiara Di Paola
Questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi e di Chiara Di Paola
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