19 settembre 2017

sipario – “LOST IN TRANSLATION” ALLA RICERCA DEI SIGNIFICATI PERDUTI


Torna dopo la pausa estiva Sipario – dietro le quinte, sempre con l’intento di sottoporre all’attenzione dei lettori di ArcipelagoMilano le forme teatrali più originali e gli interpreti della scena milanese più giovani e creativi, anche se spesso meno conosciuti. In occasione della presentazione della nuova stagione di Teatro i e della nuova edizione di Città Balena, abbiamo incontrato Francesca Garolla, direttrice artistica di Teatro i e finalista del Premio Riccione 2017 con il testo Tu es libre, e ci racconta il teatro che “traduce” la realtà.

sipario30FBLa programmazione di Teatro i riparte con una nuova edizione di Città Balena – il teatro che si mangia la città. Quali sono le particolarità e le novità di quest’anno?

Città Balena ha la peculiarità di concentrare in un breve periodo di tempo (11 giorni, dal 15 al 25 settembre), una programmazione densa di spettacoli, scelti, come tutti gli spettacoli in stagione, perché capaci di sviluppare una comune ricerca attorno a unico argomento. Quest’anno Teatro i ha scelto di sviluppare l’idea della distorsione e della perdita dei significati (della parola e della realtà), prendendo spunto dal titolo di un film, Lost in Translation [perso nella traduzione], tradotto malamente in italiano come L’amore tradotto.

Anche i tre spettacoli inseriti nella rassegna sviluppano il tema della difficoltà di “tradurre” concetti e valori, non solo da una lingua all’altra e da un orizzonte ideologico all’altro, ma anche all’interno della medesima lingua, società e addirittura nel singolo individuo, in cui convivono convinzioni di libertà insieme a pregiudizi nascosti, virtù morali e limiti etici, che inevitabilmente determinano contraddizioni interiori e atteggiamenti contrastanti verso gli altri. In questo senso la ricerca portata avanti da Teatro i attraverso gli spettacoli ospitati in stagione e le produzioni si basa sull’idea che l’arte sia un possibile canale per tradurre e veicolare i molteplici significati e risvolti della realtà.

Perché questo format teatrale continua ad avere successo? Che cosa trova il pubblico in Città Balena, che manca in altre forme di teatro?

Il successo di Città Balena dipende non solo dalla proposta di spettacoli attuali e originali nei contenuti e nella forma, ma anche (e soprattutto) dalla capacità di facilitarne la fruizione da parte del pubblico grazie alla peculiarità del contesto. Spesso le performance si svolgono al di fuori dell’edificio-teatro, si liberano dei vincoli spaziali che separano palcoscenico e platea e si riversano nella città, smettendo di essere “finzione” cui assistere passivamente, per diventare un frammento di realtà a cui il pubblico è chiamato a partecipare. Il teatro diventa una situazione da scoprire, una strada da percorrere, la risposta al desiderio del pubblico di compiere un’esperienza.

Anche per questo motivo alcune performance si svolgono di fronte a un numero molto ristretto di spettatori, che in questo modo possono essere direttamente coinvolti nella scena, interagire e quasi “condurre” la performance e condizionare lo svolgimento di una possibile trama.

Da cosa dipende oggi l’attualità del teatro? Per risultare coinvolgente, uno spettacolo deve necessariamente essere “problematico”?

Il teatro è inevitabilmente legato all’attualità e alla criticità del reale, perché tutta l’arte dialoga con ciò che la circonda e non racconta mai un “fatto puro” ma un contesto, una situazione che gli dà significato. Tuttavia, in un mondo che ormai ci bombarda quotidianamente di notizie urlate e presto dimenticate, il teatro (e le altre forme di espressione artistica) sa svincolare i temi dalla mera cronaca, per ampliarli al di là del qui e ora in cui si esprimono. Per questo, anche quando non la mettono direttamente in scena, tutti gli spettacoli si interrogano sulla contemporaneità. Una contemporaneità che oggi sembra sempre più sfuggire al nostro controllo e sottrarsi alla nostra comprensione.

Tu es libre parte proprio da questa incomprensibilità: mette in scena la vicenda di una ragazza francese che, a un certo punto della sua vita, decide di partire per la Siria e unirsi a Daesh, lasciando i suoi cari a interrogarsi sulle ragioni della sua scelta e a fare i conti con la loro incapacità di capirla e condividerla. Chi è Haner? E qual è il significato della sua vicenda?

Sono convinta che per raccontare la Storia (collettiva e universale) sia necessario partire dalle storie dei singoli, in cui tutti (ogni spettatore ma anche l’autore stesso) possano in qualche misura identificarsi. Haner è una ragazza qualunque, l’amica, la sorella o la figlia di chiunque. Nello spettacolo è un personaggio raccontato da altri: dai suoi amici e familiari, che ne restituiscono l’immagine attraverso il confronto tra passato e presente, e dall’autrice (ruolo che in questo caso interpreto io stessa) che entra in scena come personaggio, legato alla narrazione ma distante dalla protagonista quel tanto da pensare di poterne raccontare la storia. Il compito di colmare i vuoti lasciati dal racconto soggettivo di questi personaggi e completare la definizione di Haner e della sua scelta è affidato allo spettatore.

Diviso tra una naturale identificazione con la figura di Haner e il rifiuto della sua scelta, egli è chiamato a interrogarsi sul significato di “appartenenza ”, “libertà” e “valore dell’individuo”; concetti che sembrano cambiare di significato e di valore quando si ammette l’esistenza di altri sistemi di riferimento culturali, religiosi, sociali. Così quella che sembrava la crisi identitaria della sola protagonista finisce col rivelare il cortocircuito dell’etica occidentale, basata sull’idea della libertà assoluta, ma incapace di fatto di accettarla in tutte le sue conseguenze.

Quella libertà, affermata fin dal titolo con convinzione provocatoria, si modifica progressivamente nel suo significato, si sposta, mette in dubbio le nostre convinzioni: siamo davvero in grado di tollerare, se non di accettare, qualunque tipo di scelta libera?

Così, nel testo, la figura della protagonista smette di essere solo Haner, per diventare una delle tante “Haner possibili”: potenziale vittima quanto potenziale carnefice, come, molto probabilmente, siamo tutti.

Chiara Di Paola

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi e di Chiara Di Paola
rubriche@arcipelagomilano.org



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