12 settembre 2017

libri – IN RICORDO DI PAOLO BONACCORSI


Ricordiamo Paolo Bonaccorsi, nostro collaboratore recentemente scomparso, che in questi anni ha accompagnato i lettori di ArcipelagoMilano curando numerose recensioni della rubrica Libri, pubblicando oggi le ultime riflessioni che aveva condiviso con noi partendo dalla lettura di un saggio pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri nel 2017 Europa: più velocità, ma in quale direzione? di Maria Cristina D’Amico.

libri29FBNella storia recente l’idea di Europa ha avuto sempre i suoi alti e bassi. Non è questa la sede per ricostruirne il percorso e, soprattutto quello dei suoi fallimenti dal dopo guerra a oggi, ma non si può non constatare che i corsi e i ricorsi di questo mezzo secolo, sono sempre stati accompagnati da avvenimenti internazionali che hanno puntualmente messo l’Europa di fronte alla sua incapacità di assumersene una qualche responsabilità.

Il varo del piano Marshall è stato sicuramente un evento di grande rilievo per l’Europa, ma se allo stesso tempo ha dato modo di creare una unità di intenti, come rovescio della medaglia si è accontentata di un’unione non politico-ideologica, ma semplicemente opportunistica. Da quel momento in poi ogni ideologia, per così dire, unitaria è passata in secondo piano.

L’Europa del dopo guerra, spiritualmente stremata dal conflitto, offriva un campo fertilissimo nella sperimentazione di nuove idee che garantissero una pace duratura e questo spiega perché inizialmente l’idea di Europa sia stata accolta con interesse nei vari ambienti, culturali ed economici, tanto che anche i governi cominciarono timidamente a interessarsi al tema. Ma proprio in quei momenti si manifestò la frattura che ancora oggi caratterizza l’idea di un’unione continentale.

Fin dall’inizio, infatti, tutte le forse politiche tradizionali non giudicarono opportuno abbandonare le strutture tradizionali e abbracciare incondizionatamente il concetto di “sovranazionalità”, indispensabile per dare all’Europa un vero cammino unitario.

Lo scenario internazionale, caratterizzato inizialmente dalla guerra fredda e dalla costituzione dei due blocchi che ha accompagnato l’Europa fino al 1989, ha messo subito in evidenza la posizione di debolezza dell’Europa e così i tentativi che si sono fatti sono sempre stati delle brutte copie di quell’unico ideale che era l’unità politica prima che economica e monetaria.

Oggi, una sorta di “mantra” comune ci propone l’idea di Europa a due velocità e a tutti sembra di doversi confrontare con un concetto nuovo e discutibile. Questa idea in realtà per la prima volta la troviamo, anche se non esplicitamente delineata, nel piano Schuman del 9 maggio 1950. Shuman, allora ministro degli esteri della Repubblica Francese, propose un piano che mirava a mettere in comune le risorse europee nella produzione di carbone e acciaio.

In realtà il piano aveva lo scopo di esorcizzare i rischi di una nuova guerra fra Germania e Francia. Infatti con la CECA si riesce a mettere in parallelo la fusione della produzione del carbone e dell’acciaio di cui la Francia e la Germania erano i più grandi produttori in Europa. L’idea Schuman che mettendo in comune gli interessi economici si sarebbero potuti migliorare la qualità di vita e che comunque “l’Europa non potrà farsi una sola volta […] essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Ecco un concreto esempio di Europa a velocità diverse.

Un nuovo evento epocale accade alla fine del 1973, quando l’Occidente si trova di fronte alla crisi petrolifera. Naturalmente anche in questo caso constatiamo che l’Europa si dimostrò completamente impreparata. Come un gruppo di Sei personaggi in cerca d’autore sprofondando in una gravissima crisi, la prima grande del dopo guerra. I governi europei cercavano di trovare un modo per uscire dalla crisi e in questo quadro che nel 1975 venne affidato a Tindemans, allora primo ministro del Belgio, di fare un rapporto con delle proposte per la formazione di un’unione politica europea. Sembrava che finalmente i governi avessero capito l’importanza di un’unione europea e di una cittadinanza europea.

Il valore di questo piano (e forse proprio per questo che non venne attuato) non è semplicemente una integrazione economica, ma una cittadinanza europea. Tindemans sostiene che “la costruzione europea non è solo una forma di collaborazione tra gli stati. Essa è un riavvicinamento dei popoli che vogliono andare avanti assieme, adattando le loro attività alle condizioni mutevoli del mondo, mantenendo quei valori che costituiscono il loro patrimonio comune”.

Secondo Tindemans, non bastava solo “la volontà dei governi”. Infatti, “la necessità e vantaggi per la realizzazione graduale (dell’unione) deve essere percepita da tutti in modo che lo sforzo ed i sacrifici siano liberamente accettati”. Anche qui si parla di più velocità, l’idea di Europa e la vita quotidiana dei cittadini, che però devono essere collegati tra di loro e cercare una certa sintonia. L’idea di Tindemans era di assicurare la tutela dei diritti fondamentali e di introdurre politiche comune nei vari aspetti della vita: cultura, educazione, comunicazione.

Abbiamo ricordato questi due esempi che comunque sottintendono, tra le righe, un’Europa a due velocità per capire che la proposta di questi giorni non è né nuova né decisiva. Un’Europa così allargata come oggi è già di per sé un’Europa che viaggia a due velocità, in quanto molti paesi sono entrati non per una convinzione politica, ma solamente per una necessità economica. Questo ha comportato che i paesi più forti siano diventati trainanti a spesa dei paesi più deboli … .

Per quanto riguarda l’Europa stessa, anche la caduta del Muro di Berlino ha trovato l’Europa impreparata in quanto si è pensato, e soprattutto la Germania, che conglobare i paesi dell’ex Unione Sovietica avrebbe rassicurato i confini Europei. Ma questa è stata assolutamente un’illusione, perché è vero che non sono più rientrati in una sfera “comunista” ma sicuramente hanno dato modo di sviluppare, dentro i singoli paesi, un fortissimo spirito nazionalista, vedi Ungheria e Austria.

Nella riunione preparatoria per il 60° anniversario dei trattati di Roma svolta a Malta il 3 febbraio 2017, in realtà si è parlato molto (1) del nuovo contesto politico, (2) dell’aumento dei nazionalismi e sentimenti xenofobi e (3) della messa in dubbio dei valori fondamentali dell’integrazione europea.

Se queste sono le premesse forse solo un’Europa a più velocità può garantire il futuro di questo continente oramai “vecchio”. Ma questa anzianità potrebbe essere un valore se solo ci ricordassimo che abbiamo tutti le stesse radici e che proveniamo tutti da una stessa famiglia, ovvero, il Sacro Romano Impero e, come dice Sergio Romano, non dimentichiamoci che “con questo spirito e su questa base, in ogni caso la comunità europea, nonostante qualche incidente di percorso, ha realizzato in alcuni decenni risultati sorprendenti”.

L’obiettivo attuale deve essere quello di radunare tutte le forze del continente alla gigantesca sfida tecnologica e scientifica affinché in un momento di formazione di nuove potenze economiche extra europee, non si osservi anche il crollo e la decadenza di quei popoli che sono stati la guida civile e morale del resto del Mondo: gli Europei.

Paolo Bonaccorsi

questa rubrica è a cura di Cristina Bellon
rubriche@arcipelagomilano.org



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