4 aprile 2017

SCALI, URBANISTICA E ARCHITETTURA

Ragionare anche per valutare le proposte in campo


La questione scali è tornata di stringente attualità con la manifestazione in corso organizzata da FS. Dopo aver cercato di chiarire i termini in gioco ora possiamo trattare gli aspetti più concreti della trasformazione anche per comprendere quali saranno i cambiamenti che ci toccheranno più da vicino anche per valutare i progetti proposti da FS.

05_sarfatti_13Mobilità pubblica – Milano è una città il cui bacino di utenza è più grande addirittura della Città Metropolitana stessa. La mobilità pubblica è lo strumento che deve affiancare e migliorare le attività. Senza adeguate connessioni abbiamo perdite in tutti i sensi (culturali, sociali, economiche, sanitarie, ambientali, ecc.)

Ritrovare all’interno delle Linee di indirizzo «Massiccio potenziamento del nodo ferroviario» e poi andare a scoprire, che ogni tipo di intervento è legato a infrastrutture che già ci sono, senza nessun impegno per la realizzazione di nuove connessioni, sistemi di interconnessione con mezzi di trasporto di terze linee, anche su gomma, parcheggi di interscambio, etc. non è una affermazione congrua.

Le modalità e lo sviluppo dei mezzi di trasporto pubblici meritano una valutazione ad ampio raggio, che deve innescarsi già in questa fase, dato che non avremo altre occasioni per elementi di contrattazione così interessanti.

Per cui, i soggetti in gioco dovranno continuare a essere, oltre a FSSU (Ferrovie dello Stato – Sistemi Urbani), potenzialmente da una parte quelli che si occupano di trasporti in queste aree, dall’altra quelli che hanno a cuore un corretto sviluppo della città metropolitana e salvaguardia della città nel senso lato del termine (Metropolitane Milanesi, Trenord, Regione, Stato, etc.).

Non vogliamo soffermarci a elencare tutti gli infiniti vantaggi di cui godrebbero le città intorno alla cerchia milanese solo per il fatto di essere servite con sistemi di trasporto efficienti e di qualità, se non uno particolarmente attinente alla nostra analisi: l’alta rivalutazione dei terreni che potrebbe contribuire all’intervento stesso. Non a caso su queste basi venne realizzata M1 di Metropolitane Milanesi. E l’accordo attuale, avendone la forza, deve porre le fondamenta per le future trasformazioni.

Urbanistica – Un altro punto importante del documento in analisi, è il discorso sulla perequazione interna tra gli scali (Le zone di trasformazione – dati urbanistici). Ovvero, se non abbiamo capito male, quello che non costruiamo da una parte, lo possiamo costruire da un’altra, all’interno delle aree degli scali ferroviari. La cosa in sé non ci scandalizza.

Può essere considerata una forma di acquisizione di aree significative meno dura dell’esproprio e più consensuale. Ma in funzione di quale principio una zona deve essere più densa di altre?

L’idea di “costruire” che intendiamo è sicuramente diversa dal trend attuale. Costruire vuol dire “densificare” un territorio in maniera da costituirne un centro, per capirci come i nostri centri storici. Mentre per l’odierna legislatura costruire vuol dire realizzare grandi blocchi o torri desolate tra pezzetti di verde. Forse, alla luce di nuove costruzioni di questa entità, sarebbe il momento di fare anche un ragionamento sulle conseguenze dei regolamenti che hanno formato le periferie che reputiamo bisognose di attenzione.

L’urbanistica è una “disciplina” il cui scopo dovrebbe essere la “progettazione” e la pianificazione degli spazi urbani, affinché le trasformazioni di tali spazi possano avvenire in maniera “organica” tra le parti.

Gli spostamenti delle volumetrie, stando a come sembrano andare le cose, prevedono un maggior bisogno di parchi al centro e di costruzioni in periferia. In generale un discorso sensato. Ma se pensiamo che le periferie di oggi, saranno centri domani, anche le periferie avranno bisogno di parchi pubblici, o comunque spazi flessibili.

Dunque come si possono mettere insieme densificazione, verde, acquisizione di aree, etc.? Questo dovrebbe essere il lavoro del PGT (Piano per il Governo del Territorio) o di Piani di area (Piano strategico di raccordo con area metropolitana): pianificare le trasformazioni innanzitutto attraverso una profonda conoscenza del territorio.

Purtroppo oggi il PGT non riesce a dare una visione dell’andamento della città in termini di trasformazione complessiva, ma solo una piatta valutazione dello stato di fatto senza una pianificazione di futuro. Forse perché al momento della redazione di questo piano, la cultura partecipativa non era all’ordine del giorno. Certo è che, anche il rinnovo di aree a livello pianificativo può diventare oggetto di concorso, di dibattito pubblico e scelta di approvazione da parte della cittadinanza. Vero è che per il PGT esiste una fase di valutazione delle critiche ricevute, cosa comunque ben lontana da una stesura partecipativa e cosa invece del tutto inesistente per gli accordi di programma.

Tutti noi guardiamo alla globalizzazione con sospetto di massificazione e pericolo di perdita di identità. Il percorso dello sviluppo, come anche nella proposta dei diversi interventi per zona fatta dal sindaco Sala durante la sua campagna elettorale, dovrebbe quindi essere quello di partire dalle preesistenze e di fare in modo che questi lavori siano sviluppati in stretta relazione con le persone che occupano queste zone. Si tratta dunque di riqualificazione delle periferie che saranno supportate dagli scali, non viceversa. Cosa che non compare minimamente nella documentazione a disposizione, al di là di giustissimi ponticelli per l’attraversamento delle aree.

Come rispondere a questa esigenza? Con concorsi più ampi, che sappiano inglobare grandi pezzi di territorio e con deroghe particolari ai regolamenti in termini di densità e vicinanza. Poter costruire pezzi del rinnovamento anche fuori dagli scali a cui gli scali daranno appoggio.

Parentesi – Le considerazioni sopra esposte non possono minimamente essere colmate con il lavoro svolto dal Politecnico di Milano. Primo, perché non avevano questo scopo. Secondo, perché l’interesse nei confronti di queste aree è molto più ampio e anche se l’interlocutore è sicuramente prestigioso. Anche altri hanno il diritto, per parità di possibilità, di occuparsi, anche a titolo gratuito, del territorio.

Tralasciando il fatto che non dovrebbero essere assolutamente degli studenti a occuparsene (e ne parlo con coscienza, collaborando a un corso di progettazione proprio al Politecnico di Milano). Tralasciando addirittura il problema etico dell’assenza di compensazione di un lavoro eseguito per altri scopi, ovvero quello di imparare, ci faremmo mai operare da uno studente di medicina, anche se dietro le direttive di un professore?

Oltre a questi termini è comunque materiale fuorviante, in quanto anche un semplice rilievo, in fase di restituzione, necessita per sua natura di interpretazioni personali che guidano viziosamente sulle scelte successive.

Per comprendere un problema, l’unico modo è quello di affrontarlo direttamente, non lo si può far fare da altri e tantomeno, se alle prime armi come nel caso di lavori eseguiti da studenti. Gli stessi professori che seguono il lavoro possono essere anche solo insegnanti. È necessario che anche per questo tipo di analisi, se non compiute direttamente dal comune, siano soggette, per un corretto sviluppo pubblico, da procedure concorsuali. Credo che lavori di questo genere debbano essere rifatti da zero.

Ma in realtà il vero problema è capire i termini del conferimento tra le parti, quali siano gli oggetti dell’incarico tra Comune e i soggetti incaricati, e che siano pubblici.

La stessa cosa è avvenuta anche con i 5 professionisti incaricati da FSSU (Ferrovie dello Stato – Sistemi Urbani) che hanno presenziato al workshop dello scorso dicembre. Di questi è già trapelata informazione che esiste un conferimento specifico per area a ogni singolo architetto. Non si capisce su quali basi sia avvenuta questa ripartizione, lascia spazio a possibili fraintendimenti. Se fossero stati pubblici il dibattito partecipativo sarebbe stato sicuramente positivo, invece che escluso.

Lo stesso assessore aveva inizialmente prospettato un’apertura in questo senso, ovvero di permettere anche ad altri soggetti di fare proposte concrete, documentate. Cosa che avrebbe evitato dubbi e riallineato i livelli di uguaglianza. Proposta che poi è stata ritrattata.

Edifici-monumenti – Nelle Linee di Indirizzo si parla spesso di edifici pubblici senza capirne l’entità in termini di volume e la funzione che ricopriranno. Considerando le valutazioni precedenti, approssimativamente diremmo che i capitali a disposizione non sono poi così ingenti da permettere aree di spiccata valenza pubblica in situazioni di “speculazione controllata”.

Quindi, anche se non si tratta proprio di pubblico, bisognerà innanzitutto far prevalere la scelta verso società che vogliano costruire sedi di un certo rilievo a scapito di meri speculatori edilizi. E trovare questo genere di investitori è un lavoro, che non va sottovalutato e che va iniziato al più presto.

Questo lavoro è una responsabilità troppo grande che, per le ragioni sopra esposte, non deve essere demandato unicamente a FS. La ricerca di investitori e capitali, anche sulle più pubbliche piazze di real-estate, è un lavoro che deve essere controllato o portato avanti anche dal comune.

La defiscalizzazione annunciata dal ministro Padoan il 16 Febbraio scorso è un passo avanti, che speriamo faccia partire anche un gruppo di ricerca di investitori e non solo una possibilità che possa essere dimenticata.

Quando si eseguono interventi di così grande rilievo dobbiamo ricordare il forte valore che possono avere edifici pubblici di rilievo in termini di ritorno a lungo periodo. Di fronte a queste opportunità è corretto che tutti debbano fare la loro parte. Pertanto l’invito è quello di fare uno sforzo ad ampliare gli investimenti pubblici, affinché il ritorno di immagine sia sempre al massimo livello, secondo la filosofia per cui è meglio fare una cosa molto bene piuttosto che tante mediocri.

Sull’onda del forte slancio che la nostra città sembra avere sia a livello nazionale che internazionale, dobbiamo anche considerare che interventi di questo genere hanno la forza di tenere alto il dibattito internazionale. E la durata di realizzazioni di questo tipo danno la possibilità di essere, anche per un timeframe di lungo periodo di 50 anni, una parte interessante di questo dibattito.

Un altro problema che dovrà essere sin da subito inserito nell’Accordo di Programma sarà quello della gestione e della manutenzione di questi edifici pubblici, in quanto fanno anch’essi parte dell’investimento e rischiano di pesare notevolmente e soprattutto di perdurare nel tempo.

In merito alle modalità di costruzione sarebbe opportuno definire già i costruttori. La priorità dovrebbe essere data a società italiane, ancor meglio se già radicate sui territori stessi d’intervento, che siano in grado di presentare e realizzare tali progetti a prezzi di mercato. Un sostegno al Made in Italy in questo ambito, come abbiamo detto con eco a livello internazionale, è un’opportunità di cui il nostro Paese ha bisogno e merita in un contesto pubblico.

Lapo Sarfatti

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