4 aprile 2017

sipario – FIGLIOL PRODIGO DEI DETENUTI DI OPERA: VOLONTÀ E METODO


Teatro della Casa di Reclusione di Milano Opera, recita del 29 marzo 2017
Figliol Prodigo – il Musical. Con 13 detenuti della sezione di alta sicurezza e 6 tra attrici, ballerine e cantanti professioniste per i ruoli femminili.
Drammaturgia e regia di Isabella Biffi (IsaBeau). Musiche e canzoni di Gino De Stefani, Fabio Perversi (dei Matia Mazar), Isabella Biffi e Osvaldo Pizzoli. Coreografie di Ivana Scotto. Scene di Verena Idri. Light design di Giancarlo Toscani. Costumi di Claudia Frigatti.

«Sì, io mi alzerò e andrò da mio padre» (Vangelo secondo Luca 15:18) è la frase pronunziata dal figliol prodigo quando, toccato il fondo e compreso l’errore, decide di rimediare chiedendo perdono e reinserendosi nella famiglia-società come uomo nuovo.

sipario13FBFigliol Prodigo è il titolo del musical ideato per il giubileo dei carcerati lo scorso 6 novembre 2016 e suggerito dallo stesso Papa Francesco, davanti al quale è stato già presentato in occasione dell’istituito anno della misericordia. Infatti, nonostante da un punto di vista teologico si prediliga chiamare la parabola interpretata «del padre misericordioso» – per porre l’accento sulla positività del perdono e non sul peccato(re) -, la scelta è ricaduta sul titolo con cui la parabola è più ‘laicamente’ nota, perché si dà così importanza e significato alla volontà di reintegro sociale da parte del “colpevole” e al suo percorso intimo e fattivo per raggiungerla.

La drammaturgia del musical è chiara. La parabola del figliol prodigo viene inserita in un racconto cornice che ritorna in trafiletti a comparsa di natura riflessiva e morale. La cornice racconta la visita di un padre e un fratello a un carcerato, cui portano da leggere il Vangelo come conforto e riflessione.

Improvvisamente, la lettura intima del detenuto diventa corpo e voce. Solo un occhio e un orecchio attenti riconoscono gli attori professionisti e gli attori che hanno imparato a esserlo nell’ambito del progetto «Eventi di Valore» con il Laboratorio di Musical voluto dal direttore del carcere di Opera. Lo spettacolo scorre piacevole e senza intoppi con punte di tonalità “alla Renato Zero” per il protagonista Agor (il figliol prodigo) e ritmi neomelodici per il padre e per Isaia (il fratello). La recitazione resta naturale ed espressiva, valorizzata dal lavoro di prova nella dizione, scansione e impostazione della voce. Importante la presenza delle professioniste per l’aiuto sul palco a non perdere la tensione scenica e ‘rassicurare’ emotivamente il gruppo.

I ruoli femminili, frutto della fantasia di Isabella Biffi (in arte IsaBeau), risultano nella struttura drammaturgica dello spettacolo come le voci della coscienza dei partner maschili. La stessa IsaBeau riserva per sé la parte di Rebecca, moglie di Isaia (il fratello), presenza significativa per la maturazione dal rancore verso il padre e Agor fino al riconoscimento e alla rappacificazione.

Così pure la giovanissima cantante che interpreta Noa, la seduttrice redenta – personaggio assente nell’originale testo evangelico, che ricorda la figura di Maria Maddalena ed è ispirato drammaturgicamente forse alla Sirena del quadro 2 del balletto Il figliol prodigo di George Balanchine.

Riconoscimento dell’errore, espiazione e perdono sono i temi guida cristiani del musical, che rispecchiano perfettamente quelli laici di Cesare Beccaria della funzione rieducativa all’interno di un progetto di utilità sociale della reclusione e delle carceri. Su questi fondamenti si basa sostanzialmente tutt’oggi il nostro sistema penitenziario italiano, l’obiettivo del teatro come mezzo di reintegro appare come un progetto valido e attuabile.

Non per il teatro in sé e il – seppur positivo – messaggio sotteso. Infatti, non si tratta di dare un mestiere, né una formazione nello spettacolo nelle mani ai detenuti di massima sicurezza, che – come recita il comunicato stampa del Laboratorio di Musical «con ergastoli e fine pena “mai”» – devono scontare una pena di 25, massimo 30 anni di reclusione. Lo spettacolo finale è solo un evento, finale e dimostrativo di un processo più lungo e più ampio, che si svolge nelle prove e dietro le quinte.

Il “dietro le quinte” è l’elemento da valorizzare di tutto il progetto. L’arte per sua natura è disciplina, dedizione, lavoro di squadra, emozione e riflessione. L’arte plasma un’attitudine mentale con il suo metodo, che una volta acquisita viene incisa nella mente e si riversa nelle azioni. Questo è il «cammino di reinserimento» di cui parla Papa Francesco nella lettera di presentazione per il giubileo dei carcerati (dall’intervista a IsaBeau su Il Messaggero del 7 novembre 2016), un reinserimento interiore e sociale, che nel musical e nel teatro trova sfogo applicativo immediato e incisivo.

Nell’auspicarsi un’estensione del Laboratorio di Musical all’interno della casa di reclusione stessa e – perché no? – in più penitenziari, si tenga presente che i detenuti ricostituiscono una microsocietà, imparano a sostituirsi tra loro, consigliarsi e confrontarsi con i professionisti nell’obiettivo comune della buona riuscita dello spettacolo. Questo altri non è che imparare a “vivere” – e volerlo fare – in una corrispondenza macroscopica con la società.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Beppe Bisceglia: Isaia (il fratello) e Agor (il figliol prodigo).

 

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



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