7 marzo 2017

sipario – ANIMA E CORPO NEL «TEATRO VIVO» DI STRAVINSKIJ


Teatro alla Scala di Milano, recita dell’1 marzo 2017
Serata Stravinskij. Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Zubin Mehta.
– Petruška. Balletto burlesque di un atto e quattro scene di Igor’ Stravinskij e Aleksandr Benois. Coreografa di Michail Fokin, ripresa da Isabelle Fokine. Scene e costumi di Aleksandr Benois, supervisionati da Irene Monti. Luci di Marco Filibeck. Produzione del Teatro alla Scala con il Birmingham Royal Ballet (costumi e accessori).
Nicoletta Manni (la ballerina), Mick Zeni (Petruška), Gabriele Corrado (il moro), Alessandro Grillo (il ciarlatano). Zingare: Emanuela Montanari e Mariafrancesca Garritano. Riccardo Massimi (il ricco mercante), Marco Agostino (il cocchiere imperiale), Francesca Podini (la balia imperiale). Cocchieri: Federico Fresi e Valerio Lunadei. Timofej Andrijašenko (il diavolo). Ballerine di strada: Vittoria Valerio e Antonella Albano. Maurizio Licitra (un ubriaco).
– Le Sacre du printemps. Balletto in due parti di Igor’ Stravinskij e Nicholas Roerich. Coreografia di Glen Tetley, ripresa da Brownen Curry. Scene e costumi di Nadine Baylis. Luci di John B. Read. Produzione del Teatro alla Scala con Den Norkse Opera & Ballett di Oslo (scene).
Antonino Sutera (il prescelto). Coppia principale: María Celeste Losa e Nicola Del Freo. Coppie secondarie: Denise Gazzo e Daniele Lucchetti, Agnese Di Clemente e Gioacchino Starace.

Nella settimana del carnevale ambrosiano il Teatro alla Scala omaggia la Russia autentica con la Serata Stravinskij nei titoli di Petruška ispirato e ambientato nel carnevale russo (Maslenica) e del Sacre, che richiama la paganità cruenta del rituale di primavera nella Russia più antica, ancora dedita ai sacrifici umani.

Due feste che rappresentano lo stesso rito di saluto all’inverno e di benvenuto al rifiorire delle messi e delle attività agricole, nell’ambito pagano con il sacrificio umano del prescelto e nell’ambito cristiano con il ‘sacrificio’ del pupo (ancora oggi in questa occasione viene arso in piazza un pupazzo). Petruška nella volontà drammaturgica di Stravinskij è una marionetta viva, che aspira all’umanità; una storia che richiama la fiaba Pinocchio di Collodi, fino alle moderne video-letterature horror della Bambola assassina e di It.

sipario09FB2Infatti, la cornice dello spettacolo del Ciarlatano che attrae tutta la piazza di Pietrogrado recita con la scritta in russo preriforma ortografica bolscevica «teatrŭ živychŭ figurŭ» [teatro delle figure vive] cioè ‘teatro vivo’. I tre protagonisti sono le marionette del Moro, duro e prepotente, della Ballerina, frivola, e di Petruška, romantico e sensibile. I loro aspetti caratteriali sono coreograficamente evidenziati in modo molto semplice ed efficace: en dehors esagerato che raggiunge il piede ‘a martello’ e pose alla seconda (e over-second) per il Moro; en dehors naturale e braccia rigide per la Ballerina (come antitesi e parodia di Fokin al balletto di repertorio); en dedans con ginocchia strette per il clown triste, l’unico personaggio a portare un nome proprio, quindi l’unico ad avere un’anima – secondo le antiche credenze.

Nicoletta Manni ha espresso bene la freddezza della Ballerina, così come Gabriele Corrado la fisicità bruta e l’ottusità del Moro, che uccide Petruška, ma è incapace di aprire una noce di cocco: sono personaggi non realmente ‘vivi’, perché vivono di una singola emozione, quella con sui sono stati creati dal Ciarlatano. Petruška, invece, vive una pluralità di emozioni come un uomo vero, il desiderio di una vita nuova, diversa e libera, l’amore non corrisposto e la lotta per la sopravvivenza che porta alla morte fisica di una burattino con l’anima, anima che alla fine appare spensierata sopra la piazza silenziosa di notte. Mick Zeni ha mostrato un grande talento espressivo soprattutto nel quadro 2 all’interno della scatola-cella, che è il momento solistico di maggiore spessore e rilievo del balletto.

La scena mi è apparsa troppo ‘carica’, pur se nello stile preziosistico dovuto negli allestimenti dei Ballets Russes di Djagilev, purtroppo gli interventi di Vittoria Valerio e Antonella Albano e quello di Timofej Andrijašenko apparivano come sommersi dai figuranti in spazi troppo ristretti. Una più presente regia teatrale da affiancare a quella coreografica avrebbe evidenziato meglio i quadri 1 e 4; ben riuscito l’effetto sorpresa in quei momenti in cui la folla copre la visuale del pubblico per l’ingresso dei burattini e nella morte di Petruška, sacrificio di liberazione dell’anima.

Sacrificio propiziatorio è quello cruento del Sacre du printemps, che Glen Tetley trasporta dal piano storicizzato della Russia pagana di Stravinskij a un piano astorico, in cui la scena che richiama una foresta di bambù estremorientale da film di Zhang Yimou cozza con i costumi maculati a ghepardo che richiamano l’Africa. Resta, dunque, l’ancestralità rituale di una Pangea di corpi e di movimenti brutali e muscolari, che simboleggiano la durezza della terra.

sipario09FB1Per questo, grande spazio è lasciato al corpo maschile con il minimalistico slip color carne per poter dare risalto ai muscoli e al loro uso, maggiormente evidenziati dal trucco. Infatti, la fanciulla prescelta per il sacrificio, che voleva Stravinskij, è sostituita da Tetley da un giovane prescelto. Antonino Sutera in tutta la sua brillantezza del movimento e padronanza del corpo è stato perfetto anche per i passaggi di consapevolezza dell’eletto: dalla spensieratezza di un momento comunitario di festa alla progressiva accettazione dell’ineluttabile destino di morte.

Accanto a Sutera, splendide le tre coppie nella ottima interconnessione, in particolare la principale di María Celeste Losa e Nicola Del Freo nell’impegnativo passo a due, fatto di momenti di stasi alternati a bruschi passaggi e prese complesse. Ha mostrato una grande maturità tecnica e una convincente espressività ‘tellurica’ – come richiesto dalla coreografia -Gioacchino Starace.

Il debito a Martha Graham è evidente nell’accademico color carne delle danzatrici, nell’uso delle mani e del pavimento, ma il disegno coreografico di Tetley è preciso nel suo identificarsi con la terra, non c’è spazio per la tensione all’infinito: le linee sono per lo più spezzate, i piedi per lo più in flex come se poggiassero sempre sulla terra che cambia continuamente il suo focus spaziale.

Il corpo di ballo sembra composto da automi sincroni. Le donne si muovono ora fluide ora scattose avanzano in progressione come le onde; gli uomini sono più fratti, i salti più acrobatici, gli scatti più imprevedibili come l’aria. Insieme fanno le forze della natura violente e sensuali nel rito naturale senza tempo di Glen Tetley.

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): (1) da Petruška quadro 2, Mick Zeni; (2) da Le Sacre du printemps, sacrificio del prescelto (Antonino Sutera) con María Celeste Losa e Nicola Del Freo.

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



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