21 febbraio 2017

UN EQUIVOCO INVITO A PRANZO

Il menù degli scali: cotto e mangiato?


È sorprendente il completo disinteresse per la sostenibilità economica delle istanze emerse durante l’incontro organizzato sabato 18 dal Municipio 1 in sala Alessi, volto ad ascoltare le istanze della collettività: la sensazione che ho avuto è stata quella di un invito al ristorante, con un ricco menù, senza i prezzi indicati (e senza chiarire chi invita). Mi spiego.

08bonomi06FBLa presentazione del presidente di commissione Monguzzi è stata chiara e sostanzialmente condivisibile; meno condivisibile la conclusione che, sconfinando dalla neutralità tecnica, incomincia a ipotecare il quadro delle premesse progettuali con scelte dogmatiche: valga per tutti Farini, dove si è suggerito che il verde “spontaneo ormai cresciuto lungo il perimetro nord-est debba (non possa) costituire il nucleo dello sviluppo del verde futuro, e che i dock esistenti al centro vadano tutelati e riutilizzati: se un progetto strutturale addirittura di scala metropolitana deve essere condizionato da vincoli preconcetti di questo tipo forse si sta partendo con il piede sbagliato.

I temi dominanti il dibattito sono stati con tutta chiarezza: il verde, poi il verde, quindi il verde; poi trasporto pubblico in tutte le sue forme e declinazioni; poi servizi pubblici; edilizia sociale in diverse formulazioni; infine una serie di istanze locali, magari interessanti e concretamente possibili, che peraltro dovranno essere raccolte negli incontri dei relativi municipi. Ma non si è vista nemmeno l’ombra di una preoccupazione circa la sostenibilità economica delle istanze presentate.

Il tema del verde è affascinante e strutturale, ma nasconde l’insidia che ciascuno abbia in testa una propria idea di verde, anche se tutti concordano sull’obiettivo di ridurre l’inquinamento: bene, ma l’inquinamento si riduce meglio con un ettaro di parco in più o sottraendo 10.000 veicoli in circolazione nella provincia (numeri puramente esemplificativi)? fare tutto verde lo scalo Farini riduce il traffico? Non mi si fraintenda: ben venga il verde, ma equilibratamente bilanciato.

Un altro tema – che in realtà è una pregiudiziale per tutta l’impostazione dell’Accordo di Programma – è quello della titolarità delle aree in oggetto. In assenza della voce della “controparte” è risultata preponderante la contestazione del ruolo di FS/Sistemi Urbani. Ma la considerazione che faccio vuole prescindere da tale diatriba. Dimentichiamo FS e immaginiamo che le aree arrivino gratuitamente al Comune, per esempio tramite la riapertura dei termini del DL69/13 art 56bis (cosiddetto federalismo demaniale). Pensiamo davvero che ciò basti a rendere sostenibili tutte le istanze che possono essere espresse dalla cittadinanza?

Tanto per cominciare c’è il tema delle bonifiche: non si può essere così ingenui nel pensare che ingenti costi certi e immediati, possano essere addebitati alle Ferrovie dopo aver negato la loro proprietà. E non va dimenticato che le stesse Linee di Indirizzo deliberate dall’Amministrazione (punto g.) prevedono che la fattibilità di un’opera strutturale essenziale come la “CircleLine” si basi comunque dalle risorse generate da questa valorizzazione. E’ curioso come da un lato si propugni una tesi e dall’altro si operi per contrastarla, ma è indubbio che, senza adeguati proventi derivanti da progetti economicamente sostenibili, l’onere non può che ricadere sui cittadini, direttamente attraverso la fiscalità locale, o indirettamente come nuovo deficit statale. Ma succede perfino che nel dibattito qualcuno prenda la parola per sostenere che i soldi pubblici ci sono, basta non rubare …

Un’altra istanza ricorrente è stata la richiesta di usi temporanei, che in linea di principio appare anche ragionevole. La prima obiezione che si deve fare è che essi comunque presuppongono messe in sicurezza e bonifiche: quindi costi certi, ingenti e immediati, in assenza di un piano attuativo definito e di interlocutori in grado di sostenerlo. Ma quello che trovo inquietante è la serena accettazione che tali usi temporanei (e relativi costi) sono coerenti con il processo di sviluppo, dando per scontato che l’orizzonte temporale sia più vicino ai dieci anni che ai due: ma perché? Come non avvertire l’inquietudine data dal retropensiero che in Italia nulla sia più duraturo del temporaneo? Come non pensare che, qualsiasi cosa si deciderà di realizzare, si dovrà scontrare con diritti da considerare acquisiti nella prassi nostrana del “chi ha avuto, ha avuto”?

Come ho detto all’inizio, sollecitare la partecipazione popolare alle scelte strategiche offrendo la massima libertà di scelta, ma senza responsabilizzare sulle relative conseguenze economiche è appunto un invito al ristorante con un ricco menù senza i prezzi indicati e senza chiarire chi invita. E’ sbagliato lasciare che i cittadini si entusiasmino per obiettivi fuori dalla dimensione reale dei fatti, “dimenticando” di fornire una seria, obiettiva (anche se preliminare) analisi di fattibilità indicando chiaramente quali sono i costi parametrici impliciti in ciascuna scelta; costi che, in assenza di una partecipazione del mercato, devono essere sostenuti dai contribuenti.

Il vero rischio infatti è che un eccesso di aspettative troppo generiche, troppo estese ed esclusive, porti a scelte strategiche e procedurali inattuabili, dove l’uscita potrebbe essere un tortuoso percorso di compromessi per aggirare i vincoli che tanto entusiasmo demagogico si è autoimposto, tradendo così una volta di più la fiducia di cittadini dopo averli illusi.

E’ stata apprezzabile il pragmatismo dell’assessore Maran, che ha voluto contenere il dibattito all’interno delle scelte già fatte dall’Amministrazione Comunale, evitando la trappola del benaltrismo e il percorso del gambero. Quindi ci aspettiamo che l’amministrazione completi le linee d’indirizzo offrendo un ragionevole quadro di fattibilità economica degli scenari possibili per il futuro degli scali ferroviari, consentendo così ai cittadini di poter “chiedere” con la consapevolezza di quello che sarà il conto delle proprie richieste.

L’ascolto dei cittadini come strumento partecipativo è necessario e l’Amministrazione Comunale dove responsabilizzare i cittadini in  merito alle loro scelte, evitando che una partecipazione allargata porti a una deresponsabilizzazione dell’apparato sia politico sia tecnico, e alla deformazione del principio di delega che è (per ora?) alla base del nostro sistema democratico.

Giuseppe Bonomi

ps Come nota a margine, si può aggiungere la “passerella” del consigliere 5 stelle che, a conclusione del dibattito, è passato sereno e soddisfatto a riscuotere un applauso gratuito per la rivendicazione di quanto emerso dal dibattito come coerente con le tesi del movimento: troppo facile!

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