21 febbraio 2017

arte – KEITH HARING. SONO L’ANELLO DI UNA CATENA


“Sento che in qualche modo potrei continuare una ricerca, un’esplorazione che altri pittori hanno iniziato e non sono stati in grado di portare a termine […] Io non sono un inizio, non sono una fine. Sono un anello di una catena.”

arte07FBSono passati 25 anni dalla scomparsa di Keith Haring, ma la complessità del suo pensiero e l’intensità del suo lavoro restano fortemente contemporanei al punto che ciascuna opera, vista da vicino (ma anche da lontano, di fianco o in fotografia) sembra creare un filo diretto con l’osservatore. La mostra appena inaugurata a Palazzo Reale, Keith Haring. About Art, presenta 110 opere dell’artista, alcune delle quali mai esposte in Italia, dando corpo a una retrospettiva nella quale emerge chiaro il progetto dell’artista: ricomporre i linguaggi dell’arte in un unico immaginario simbolico, che fosse al tempo stesso universale, per riscoprire l’arte come testimonianza di una verità interiore con al centro l’uomo e la sua condizione, sociale e individuale.

Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, GAmm Giunti, 24 Ore Cultura – Gruppo 24Ore ci donano un allestimento emozionante e al contempo denso di rimandi al contesto in cui la breve ed esplosiva vita di Haring gli consentì di esprimersi come una delle personalità più riconosciute dell’arte americana del dopoguerra.

La mostra pone l’accento su alcuni degli aspetti più importanti dell’estetica di Keith Haring, da un lato l’artista eclettico fortemente ancorato alle dinamiche sociali e ai linguaggi del suo tempo: droga, razzismo, AIDS, minaccia nucleare, alienazione giovanile, discriminazione delle minoranze, arroganza del potere. E dall’altro il forte richiamo alla storia dell’arte passata, che ha condotto l’artista a confrontarsi con le tematiche e il linguaggio dei grandi maestri del passato. Li ha profondamente ammirati, ma non per questo ha avvertito nella loro lezione dei vincoli da rispettare. In mostra dialogano con i lavori di Haring da Jackson Pollock, Jean Dubuffet a Paul Klee per il Novecento, ma anche i calchi della Colonna Traiana, le maschere delle culture del Pacifico, i dipinti del Rinascimento italiano e altre.

Passeggiare nelle sale significa immergersi nel colore, nel disegno, nel tratto. È un’esperienza meravigliosa e unica di incontro con un’arte troppo spesso relegata in secondo piano, denigrandola come mero graffitismo e street art. Credo (ma non solo io) che sia davvero giunto il momento di dare all’artista, Keith Haring, la collocazione di rilievo che merita all’interno del panorama della storia dell’arte contemporanea.

Keith Haring. About art Milano, Palazzo Reale 21 febbraio – 18 giugno 2017 Orari: lunedì 14.30-19.30 / martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30 / giovedì e sabato: 9.30-22.30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura) Ingresso: € 12 / € 10 / € 6

 

RUBENS L’ITALIA E IL BAROCCO

Studio e sperimentazione, ricerca e applicazione, è in una continua oscillazione tra esplorazione e esperienza che si sviluppa il lavoro di Pietro Paolo Rubens, artista essenziale per la storia dell’arte europea e italiana. Spesso considerato frettolosamente nella schiera dei “pittori fiamminghi”, Rubens soggiorna nella penisola italiana dal 1600 al 1608, lasciando un segno indelebile nella vasta produzione artistica, sia locale che personale dell’artista. Milano e Palazzo Reale dedicano la grande mostra autunnale al maestro di Anversa, patrocinato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e promosso e prodotto dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Civita Mostre, è visitabile fino al 26 febbraio 2017 nei saloni nobili di Palazzo Reale.

L’Italia è fondamentale per Rubens, così come Rubens per l’Italia: a lui si devono i primi segnali della nascita del Barocco che si diffonde in espressioni altissime in ogni regione. Un’influenza che tutta la critica gli riconosce ed esalta al punto che Bernard Berenson ama definirlo “un pittore italiano”. I suoi rapporti con Genova, Mantova, Venezia e la sua vicenda romana ci permettono di ricostruire il filo che lo lega così profondamente alla cultura italiana, che resterà il tratto d’identità per tutta la sua produzione successiva.

Il leit motiv della mostra “Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco”: mettere in evidenza i rapporti di Rubens con l’arte antica e la statuaria classica e la sua attenzione verso i grandi maestri del Rinascimento come Tintoretto e Correggio e soprattutto a far conoscere la straordinaria influenza esercitata dal grande Maestro sugli artisti italiani più giovani, protagonisti del Barocco come Pietro da Cortona, Bernini, Lanfranco, fino a Luca Giordano.

Per esplicitare questo tema complesso Anna Lo Bianco, curatrice della mostra, ha selezionato un gruppo di opere esemplificativo di questi temi, con confronti evidenti tra dipinti di Rubens, sculture antiche, opere di alcuni grandi protagonisti del Cinquecento e di artisti barocchi: un corpus di oltre 70 opere, di cui 40 del grande maestro fiammingo, riunito grazie a prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo come quelle del Museo Nazionale del Prado, dell’Hermitage di San Pietroburgo, e a prestiti di numerose collezioni italiane, tra cui i Musei Capitolini, la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco  fino al 26 febbraio 2017 Milano, Palazzo Reale Lunedì: 14.30 -19.30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30 -19.30, giovedì e sabato: 9.30 – 22.30 La biglietteria chiude un’ora e mezza prima

 

 UN TUFFO NEL BLU, VENEZIANO E NON SOLO

Venezia e i suoi canali, ma anche Roma, Firenze e le vedute in paesaggi onirici della campagne europee accompagnano il visitatore tra le sale delle Gallerie d’Italia per la nuova mostra dedicata a Bellotto e Canaletto. Con 100 opere, tra dipinti, disegni e incisioni, il percorso espositivo illustra uno dei più affascinanti episodi della pittura europea, il vedutismo veneziano, attraverso l’opera dei due artisti che seppero trasformare questo genere nella corrente d’avanguardia che caratterizzò il Settecento. Fino a portare questo genere artistico al suo massimo livello.

La mostra Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce è organizzata da Intesa Sanpaolo con la curatela di Bozena Anna Kowalczyk e il coordinamento di Gianfranco Brunelli in partnership con alcuni tra i più importanti musei europei che conservano le opere dei due artisti: la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, il Castello Reale di Varsavia nonché il Castello Sforzesco di Milano.

Le opere presentano un perfetto equilibrio: rigore, colore e perfezione contraddistinguono il tratto del Canaletto, mentre il giovane Bellotto cerca di imitare in un primo momento il tratto dello zio, per fare emergere presto il gusto tutto suo per i dettagli (tra gli altri la spettacolare resa del cielo e dell’acqua).

Se in passato Canaletto e Bellotto sono stati riconosciuti come i precursori della fotografia, questa mostra invece evidenzia la loro affinità con la cinematografia: l’uso combinato di schizzi a mano e disegni preparatori, tracciati utilizzando la camera oscura, anticipano lo sviluppo del fotogramma. In mostra il potente mezzo tecnico innovativo: la camera oscura.

La mostra è stata l’occasione per puntualizzare la complessa vicenda attributiva dei due pittori che ha appassionato gli studiosi di arte veneta negli ultimi decenni, con vari ritrovamenti eccezionali ricondotti alla mano di Bellotto e mai esposti al pubblico. Il molo verso ovest con la colonna di San Teodoro, acquistato di recente, è messo a confronto per la prima volta con l’omonima opera di Canaletto proveniente dalla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.

Altro capolavoro recentemente ri-attribuito a Bellotto è ll Canal Grande verso est dal Palazzo Loredan Cini nel Campo San Vio, acquistato tantissimi anni fa come Canaletto dall’allora proprietario. Da citare anche La Piazza San Marco del Cleveland Museum of Art e il suo pendant Il Canal Grande con Santa Maria della Salute dal Campo Santa Maria del Giglio del Paul Getty Museum di Los Angeles. Considerati due Canaletto per secoli, sono stati esposti nella stessa casa inglese e venduti all’asta nel 1961. Molti studiosi si sono appassionati alla vicenda attributiva dei due capolavori e ora è assodato che le due opere siano di Bellotto. Nella mostra sono esposti nella stessa sala con due Canaletto, mettendo così in evidenza le differenze di tecnica e di stile dei due artisti.

Infine c’è una sezione multimediale, che da sola vale la visita, in cui il visitatore è accompagnato da un simpatico vecchio libraio alla scoperta del Vedutismo, di Venezia e del Settecento europeo, fruibile anche al sitowww.ilbookshopdellemeraviglie.it.

Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce  fino al 5 marzo 2017 Gallerie d’Italia Piazza della Scala 6 Milano orari: da martedì a domenica 9:30 – 19:30 (ultimo ingresso 18:30) Giovedì ore 9:30 – 22:30 (ultimo ingresso 21:30) Biglietto congiunto mostra e collezioni permanenti: intero € 10 | ridotto € 8 | ridotto speciale € 5 Gratuito per convenzionati, scuole, minori di 18 anni e ogni prima domenica del mese.

  

AFFACCIATI ALLA FINESTRA: TRE SECOLI D’ARTE IN DIALOGO

Continui rimandi cinematografici accompagnano il visitatore alla scoperta dell’ultima fatica di Luca Massimo Barbero per UBS alla GAM: un lungo e corposo percorso che si sviluppa attraverso le sale della Villa Reale a Palestro, sciogliendosi e annodandosi tra statue, dipinti e installazioni lungo tutti i tre piani espositivi. “La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private”, in mostra fino al 26 febbraio, è un omaggio al collezionismo privato e mette in dialogo capolavori del Museo con le opere di due prestigiose raccolte italiane, la Collezione Panza e la Collezione Berlingieri.

Richiamando la celebre pellicola di Hitchcock, da cui prende il titolo, l’esposizione riunisce episodi apparentemente frammentati in un unico grande racconto, definito e circoscritto dalla selezione curatoriale, identificabile da un grosso pois blu, che delimita il “campo visivo” del visitatore come la finestra del film delimita quello del protagonista, il quale costruisce la sua personale storia osservando i vicini di casa.

La scelta del curatore è quella di indagare il collezionismo nei suoi aspetti emblematici di corrispondenze fra il museo milanese e altre raccolte private – Panza e Berlingieri – creando un percorso, diverso da quello abituale, che va a punteggiare gli spazi in modo sottile e curioso, individuando rapporti e corrispondenze in grado di sottolineare, talvolta anche con ironia, temi, soggetti e la storia stessa delle opere, e di raccontare in chiave contemporanea le radici della Galleria d’Arte Moderna di Milano. Proprio il tema del collezionismo privato rappresenta l’elemento fondante, di incontro, fra la Galleria d’Arte Moderna e UBS, la cui passione per l’arte trova espressione nella UBS Art Collection, con oltre 30.000 opere dagli anni ’60 a oggi.

Sui tre piani della Galleria trovano spazio accostamenti inediti tra il patrimonio artistico del Museo, che include alcuni dei maggiori protagonisti dell’Ottocento e del Novecento, e opere di artisti contemporanei da Christo, Dan Flavin, Richard Long, Julia Mangold, Giulio Paolini, Richard Serra, Rudolf Stingel a Giovanni Fattori, Francesco Hayez, Edouard Manet, Giorgio Morandi, per citarne alcuni. L’apertura d’effetto è affidata alla carrozza a Wrapped Carriage realizzata appositamente per i coniugi Berlingeri da Christo nel 1971.

Ma colpiscono ed emozionano anche altri duetti: la Venere di Pompeo Marchesi con il cerchio blu di Gregory Mahoney, la monumentale opera di Richard Long con l’affresco del Parnaso di Andrea Appiani. Lasciatevi guidare in questo ping-pong artistico nel sapiente percorso che Barbero ha creato.

La finestra sul cortile. Scorci di collezioni private, fino al 26 febbraio GAM Galleria d’Arte Moderna via Palestro 16 Milano

 

IL GIOIELLO ITALIANO DEL XX SECOLO

La nuova e preziosa mostra del Museo Poldi Pezzoli presenta la storia della gioielleria italiana del XX secolo, un tuffo tra i gioielli più belli e preziosi degli ultimi cento anni tra oggetti e fotografie d’epoca. L’esposizione, visibile fino al 20 marzo 2017 nella casa museo di via Manzoni, è curata dalla storica del gioiello Melissa Gabardi, da Annalisa Zanni e dal Museo Poldi Pezzoli e racconta, per la prima volta, lo scenario della produzione italiana del Novecento. La mostra ripercorre l’evoluzione del gioiello attraverso sezioni cronologiche dedicate al Neostoricismo, al Liberty, all’Art Déco, alla produzione anni Trenta, Quaranta, Cinquanta fino ad arrivare agli anni Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta: il percorso della nascita del “Made in Italy”.

Si tratta di un omaggio al saper fare italiano: le ricerche di archivio, condotte dalla curatrice, hanno messo alla luce le eccellenze tecniche nostrane e la perfetta organizzazione del lavoro delle botteghe orafe, ricostruendo la storia delle case orafe italiane, spesso attive in vere e proprie imprese famigliari, giunte oggi alla terza o quarta generazione.

Sfilano così, sotto i nostri occhi, le diverse tipologie di oggetti preziosi – tiare e diademi, collane ombelicali, anelli, bracciali, spille e orecchini -, realizzati dai grandi nomi dell’oreficeria italiana: a partire dallo splendore dei monili di Mario e poi di Gianmaria Buccellati, alle creazioni del milanese Alfredo Ravasco (alcune opere verranno esposte al pubblico per la prima volta), del genovese Filippo Chiappe, dei torinesi Musy, del romano Petochi e del milanese Cusi, al neoarcheologismo di Codognato, alle preziose creazioni in corallo della Famiglia Ascione.

Gli esemplari degli anni Quaranta, condizionati nella scelta dei materiali e nelle forme dalle vicende di guerra, sono rappresentati dalle grandi firme di Cusi, Chantecler e Illario; cui si susseguono i lavori ispirati da movimenti artistici siglati dal gioielliere romano Mario Masenza in collaborazione con pittori e scultori quali, tra gli altri, Afro e Cannilla, così come esempi della sperimentazione per i “nuovi monili” iniziata dai fratelli Arnaldo e Giò Pomodoro. Particolare attenzione viene riservata al monile negli anni Sessanta e Settanta, che vedono la nascita del nuovo stile di Bulgari, capace di sfidare la supremazia dei grandi maestri artigiani francesi e influenzare il gusto internazionale.

Di grande fascino è la sezione dedicata alla produzione di preziosi realizzati per gli eventi scaligeri e indossati sia dalle artiste che dalle rappresentanti dall’ alta società milanese e italiana che si mostravano in pubblico con magnifiche toilettes e superbe parures: una vera e propria parata del lusso, tipica del secondo dopoguerra. Conclude il percorso una sezione dedicata alle creazioni dei protagonisti della Scuola di Padova, riconosciuta come importante centro di ricerca di nuove tendenze del gioiello

L’allestimento sobrio ed elegante aiuta la valorizzazione degli oggetti esposti, creando un’atmosfera magica. Il corredo fotografico con le grandi icone di stile rafforzano ancora di più la percezione di trovarsi in una realtà incantata dove incredibili gioielli sembrano essere alla portata di chiunque li voglia indossare.

Il gioiello italiano del XX secolo fino al 20 marzo 2017 Museo Poldi Pezzoli Via Manzoni 12, 20121 Milano da mercoledì a lunedì, dalle 10.00 alle 18.00 – Chiuso il martedì Ingresso: 10 € | 7 € ridotto

 

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 


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