30 maggio 2023

BIENNALE ARCHITETTURA 2023

Una visita "difficile" . Ma non solo questo


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La Biennale Architettura 2023 è stata affidata a Leslie Lokko, autrice di romanzi, insegnante, animatrice culturale, ghanese: scelta proiettata verso una svolta culturale alternativa: donna, nera, non architetto. La sua Biennale è The laboratory of the future, laboratorio che deve mettere insieme l’Africa nera, la decolonizzazione e la decarbonizzazione.

Laboratorio, luogo di sperimentazione, tentativi, ricerca, senza un risultato tangibile, per emergere e ricercare quello che non è scritto nella storia, rappresentato prevalentemente da Africani (dell’Africa nera) e della immensa diaspora africana, in Usa, Brasile, Caraibi, escludendo di conseguenza archistar, Emirati arabi, la produzione occidentale in Europa e Usa, e tutto  l’ oriente, India, Cina e Giappone, anche l’ Africa bianca, mondi ricchissimi di architettura nota, stra-pubblicata, affermativa nei social, globalizzata, interessata solo alla forma stupefacente e alla bigness, rappresentativa del capitalismo finanziario mondiale dei grandi fondi finanziari.

Tutto ciò che è presente, consolidato, noto, magari magnifico, non prospettico, perché è il “presente”, quello che domina il nostro tempo, che ha dimenticato la storia, il sito, la funzione e gli utenti, che si avvita su sé stesso, e che nemmeno i critici più accorti sanno come si evolverà e cosa lascerà.

Futuro quindi, solo con chi rappresenta il futuro: i giovani (età media dei rappresentati 43 anni), i piccoli studi africani (di una o poche persone..) che sono in crescita, i collettivi costituiti come luoghi di ricerca cooperativa, ai non ancora noti, selezionati perché serbatoi di potenzialità, a chi usa l’immaginazione (che cosa si immagina se non il futuro che si desidera?), al mondo che lavora con pochi mezzi economici, che è preoccupato dell’ambiente, del sito, che è stato escluso (per ora) dalla storia, perché la storia, scrive Lokko, è incompleta, da colmare, mondo escluso finora, anche dalle altre Biennali: questa dovrebbe essere un (primo) risarcimento.

Una cultura che rimane legata come un Dna non apparente, alla sua tradizione anche lontana dalla terra di origine, come nella musica, nella danza, nella cucina, nei costumi, anche in architettura, per tecniche, materiali, colori e forme, e che in Africa ha un sottofondo di unità, al di là delle differenze etniche e delle lingue.

I sovrattemi dichiarati, per la sostenibilità nel futuro, applicata come compatibilità di oggi, sono decarbonizzazione, applicato dalla stessa Biennale da anni, che tutti i nuovi progettisti africani e non, rispettano, e la decolonizzazione, non più quella politica, ma culturale, di memoria, perché questa è una Biennale che vuole essere di liberazione.

Sei sezioni: Force Majeure, con sedici studi di africani alcuni già noti, Adjaye molto integrato, Kamara, Hood, e altri, tutti affermati a dire il vero negli USA e in GB, oltre Kéré, maestro nei suoi edifici in Burkina Faso. Poi Dangerous Liaisons con 37 studi che “lavorano in modo ibrido, valicando confini disciplinari e geografici e sperimentando nuove forme di partnership e collaborazione”.    Quattro Progetti speciali della curatrice con titoli coinvolgenti ma contenuto difficile da interpretare, Mnemonica; Cibo, agricoltura e cambiamento climatico; Geografia e Genere; Guests from the future.

Il laboratorio del futuro si declina in The Archive of the future, definizione apparentemente contradditoria, che sarà il luogo di scambio delle esperienze sviluppate, un “agente di cambiamento”.

Nel durante della Biennale la sezione Carnival, per i dibattiti, nome veneziano, fuso con una manifestazione tipica degli africani, come festa di liberazione degli schiavi dalla loro condizione.  Il Biennale College Architettura ospiterà cinquanta studenti per un mese, selezionati tra quasi 1000 richieste, con quindici tutors internazionali, scelti da Lokko, a formarsi su immaginazione, decarbonizzazione, decolonizzazione, e chissà cosa altro: la prima volta che la Biennale interpreta il suo titolo, formando un Laboratorio del futuro applicato.

E’ il superamento definitivo dell’illuminismo culturale, del pragmatismo del movimento moderno, di qualsiasi linguaggio apparso negli ultimi decenni, compresi i linguaggi autonomi e autoreferenziali degli archistar.  Non ci sono, non ci saranno risposte definitive: il laboratorio non promette risultati definiti, solo di attivare la ricerca in terreni ancora sconosciuti, inesplorati: e di comunicarlo a chi lo saprà cogliere.  Nulla in questa Biennale è noto, anche per gli specialisti, una revisione critica, viste le pubblicazioni numerosissime sull’architettura contemporanea.

I padiglioni nazionali si sono orientati soprattutto verso la decarbonizzazione, dai pannelli ricavati dai funghi del Belgio all’eliminazione dello sciacquone (risparmio d’acqua) per un uso ecologico delle feci proposto dalla Finlandia, al recupero di fiumi a cominciare dal Nilo. Altri sono etnici, come quello dei paesi nordici che ricostruisce un villaggio. Tutto senza architettura.

La decolonizzazione è presente in molte forme: i Leoni d’oro sono andati al Brasile per una ricerca di rigenerazione verso le popolazioni indigene dell’interno, giudicando Brasilia come opera di colonizzazione (dovrei vergognarmi perché quando sono stato la prima volta nel 1968 ancora in costruzione ero molto ammirato…., avendo incontrato Costa, che me l’aveva raccontata) e la riqualificazione di Borgo Rizza, uno degli insediamenti dell’ ente di colonizzazione latifondi siciliani, 1940, come decolonizzazione da un’operazione del fascismo (tarda e devo dire modesta).

Leone d’argento a Olalekan Jeyfous per la All-Africa Protoport (AAP), una rete di vasti complessi a basso impatto ecologico e zero emissioni situati al largo delle coste dei principali porti di tutto il mondo, che presenta l’immaginaria sala d’attesa AAP della pianura alluvionale di Barotse (Zambia, contestata), e alla gran Bretagna per il filmato “dancing before the moon” come libertà di manifestazione popolare pubblica di popolazioni immigrate.

Biennale, oltre questa descrizione, assai difficile da visitare, perché “il laboratorio” è – forse per sua natura – disordinato, misto, a volte ermetico, sconclusionato, con esposizione di installazioni, allestimenti, filmati, anche larghi vuoti, senza una logica consecutiva, tra cui bisogna raccapezzarsi per tentare di capire….e quasi sempre senza architettura.

Una somma di progetti non finiti, di idee non realizzate, di proposte magari utopiche, alla fine proiettando l’architettura, dove se ne parla, verso un altro modo di intenderla come attività di mediazione (progettuale?) tra molte diverse attività dalla sociologia, all’archeologia, al recupero ambientale al paesaggio, alla fantasia, alle altre arti: siamo tornati all’architetto del 1966 come sismografo del suo tempo architettura non solo più fluida ma marginalizzata, l’architetto quindi è definito practicioner (praticante). La Biennale continuerà a chiamarsi di architettura, aggiornando il contenuto del termine?….. vedremo alla prossima.

Ovviamente con molte polemiche tra chi la ritiene un’operazione di grande avanguardia e chi la valuta come un’operazione intellettuale e snob, senza sbocchi.  Io, se guardo al contenuto sarei molto critico, ma ritengo che il giudizio vada sospeso tra facili critiche e attesa di un qualche risultato (quando finito il laboratorio, verificabile, in una prossima Biennale?).  Mi chiederei sin da ora però quanto i grandi architetti africani, ben integrati in occidente, stiano facendo in Africa, perché nei loro paesi di origine non insegnano, quante facoltà di architettura potrebbero aspettare il loro contributo, e per lo più non lavorano, quando magari potrebbero aprire una loro agenzia, o almeno una sede di riferimento.

All’angolo delle Gaggiandre dell’Arsenale, sito per le installazioni tematiche, Adjaye ha posto una capanna triangolare, in listelli di legno nero, africana, ecologica, decarbonizzata, decolonizzata, forse una reinterpretazione della capanna di Laugier (1755) come metafora di questa Biennale?

Paolo Favole

 



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