20 dicembre 2016

VECCHIE PERIFERIE, NUOVI LUOGHI. “ORATORIO LAICO” COME OPPORTUNITÀ

Ripensare i centri sportivi nella nuova dinamica sociale


135 sono i centri sportivi comunali a Milano, quasi interamente ubicati in aree periferiche. La maggior parte versano in condizioni di avanzata obsolescenza. Alcuni tra essi – Forza e coraggio, Cappelli, Carassai, Canottieri, Pavesi, Olmi, Calvairate, solo per fare dei nomi tra i più noti – per posizione (inserimento nel tessuto urbano) e per dimensione (opportunità di riorganizzazione) potrebbero però essere molto di più di semplici luoghi di sport.

06deamicis42fbLa riqualificazione delle periferie, di cui oggi molto si parla, può quindi passare anche da qui. La proprietà pubblica dei suoli e il valore economico e sociale delle attività insediabili ne fanno una risorsa immediatamente disponibile, a patto di saper vedere ora quello che potrebbero essere domani.

Immaginarli per esempio come “oratori laici”, basati non solo sullo sport ma anche sulla socialità e il tempo libero, significherebbe da un lato aumentare i luoghi di aggregazione e le attività disponibili per tutte le fasce di età in aree spesso difficili, dall’altro creare nuove polarità urbane con importanti ricadute anche sotto il profilo simbolico e identitario per gli abitanti dei quartieri coinvolti.

Per raggiungere questo obiettivo occorre però ripensare completamente tali centri: in termini di offerta, che è da ampliare tramite l’inserimento di nuove e variegate attività, dal punto di vista del modello economico e gestionale, alla ricerca di soluzioni in grado di autofinanziare i nuovi investimenti pubblici o privati, ma soprattutto sotto il profilo della loro concezione, che deve superare l’attuale formula di semplice fornitura di servizi racchiusi in un recinto invalicabile, in favore di strutture aperte, dialoganti anche fisicamente con la città, in cui il circuito delle attività sportive possa convivere con quello, fruibile da tutti, degli spazi pubblici.

Questi luoghi di contaminazione di attività e persone, contemporanei per definizione e strutture, potrebbero candidarsi a essere i motori della rigenerazione urbana, così come lo furono le piazze della Barcellona pre-olimpica o le grandi opere della Parigi di Mitterand. Con la differenza che in questo caso le opere sono relativamente piccole e che il connubio socialità/sport consentirebbe di superare in partenza il rischio, tipico della città contemporanea e delle periferie in particolare, di generare spazi pubblici senza ruolo e senza anima, destinati a un rapido degrado.

Infatti, non essendo più sufficiente il semplice toponimo di “piazza” a garantire la nascita di veri spazi di scambio sociale, è ormai noto che gli spazi pubblici di nuova formazione debbano essere sostenuti dalla presenza di un forte attrattore funzionale che ne costituisca presidio e linfa vitale. E lo sport, per i valori che veicola, per l’interesse che suscita e per la sua diffusione, può senza dubbio svolgere efficacemente questo ruolo.

Personalmente sto lavorando da tempo a un caso specifico nel tentativo di sviscerare le criticità, i problemi, e le difficoltà di questo “modello”, e mi appare sempre più chiaro che la sua reale applicazione, richiede un’attività inevitabilmente multidisciplinare e complessa capace di combinare la visione architettonica e urbana, il programma sociale, la formula economica e, non ultima, la conformità legale e amministrativa, che sembra essere, paradossalmente, lo scoglio più grande.

Serve quindi una chiara volontà politica alla guida di questo processo. Siamo a inizio mandato, l’idea è grande perché sistemica, le opere al contrario sono relativamente modeste e perseguibili in tempi rapidi. I risultati attesi potenzialmente significativi. Si può fare.

 

Giacomo De Amicis

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