7 dicembre 2016

sipario – LA CENTRIFUGA DI MOZART: VIAGGIO IN UN MAGICO EGITTO


Opernhaus Bonn (Teatro dell’Opera di Bonn), prima del 27 novembre 2016.
Opera grande in due atti e otto quadri. Musica di Wolfgang Amadeus Mozart. Libretto di Emanuel Schikanedern. Scene di Mark Daniel Hirsch. Costumi di Jürgen Rose. Luci di Friedel Grass. Produzione del Theater Bonn.
Sumi Hwang (Pamina), Christian Georg (Tamino), Johannes Meertes (Papageno), Nikola Hillerbrand (Regina della Notte), Daniel Pannermayr (Sarastro). Tre Dame: Stephanie Wüst, Kathrin Leiding, Anjara I. Bartz. Tre Genietti: Rebecca Di Piazza, Hannah Schiller, Merle Claus (sostituta di David Jussel). Marie Heeschen (Vecchia / Papagena), Martin Koch (Monostatos). Tre sacerdoti: Ivan Krutilov (oratore degli iniziati), Hartmut Nasdala, Christian Spech. Armigeri: Jeongmyeong Lee ed Egbert Herold (sostituto di Eduard Katz). Tre schiavi: Enrico Döring, Algis Lunskis, Hans Müller.
Coro, coro aggiunto e comparse del Theater Bonn diretti da Andreas K.W. Meyer. Orchestra della Beethovenhalle di Bonn, direttore: Marco Medved.

 

La Zauberflöte [Flauto magico] di Mozart è un’opera ‘in costume’ – diremmo noi oggi – dell’antico Egitto; ed è la madre dell’opera tedesca: il Singspiel [canto e recita / recita cantata], in cui le arie e i cori sono in versi metrici cantati, mentre il resto dei dialoghi è in prosa; a differenza dell’opera italiana, in cui anche i dialoghi sono cantati con recitativo.

Nel Settecento l’antico Egitto visse un’epoca di grande interesse popolare esoterico e misterico, perché i suoi geroglifici non erano ancora stati decifrati – sarà Champollion nel 1822 con la decifrazione della stele di Rosetta a dare fioritura scientifica agli studi egittologici. Sull’antico Egitto aleggiavano magia e segretezza, ideali per le logge massoniche dell’epoca. Decade, quindi, l’interpretazione ‘egittologica’ di Pietro Citati (La luce della notte, Milano: Adelphi 2009, 424) dei nomi dei personaggi e dei riti – per quanto suggestiva -, perché né Mozart né Schikaneder ancora nel 1791 potevano conoscere la lingua egizia. La Zauberflöte con una trama estremamente complicata di capovolgimenti e rocamboleschi viaggi racconta quello che a prima vista sembrava dalla visione dei bassorilievi egizi: una processione, che veniva interpretata come un viaggio iniziatico fino al raggiungimento della conoscenza o della consapevolezza.

sipario40fbIl sipario dell’Opera di Bonn si apre mostrando una stanza inclinata, infatti il pavimento appare scosceso verso la sinistra del pubblico, alternando salite e discese funzionali alla drammaturgia. Ogni volta che i protagonisti si trovano in difficoltà sono posizionati nella parte più bassa, come Tamino inseguito dal dragone (atto I sc. 1) o disperato per l’accusa di Pamina di non amarlo più (atto II sc. 4), come Pamina aggredita dalla madre nella famosa seconda aria della Regina della Notte (atto II sc. 4: Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen) e come Papageno afflitto perché non trova la sua Papagena (atto I sc. 1); mentre tutti gli elementi positivi di salvezza discendono da destra, come le Tre Dame a uccidere il dragone (atto I sc. 1), come i Tre Genietti a guidare Papageno e Tamino verso il regno di Sarastro (atto I sc. 2) e come gli aiutanti fantastici evocati da Tamino sulle note del flauto magico (atto II sc. 2).

Gli interpreti hanno sostenuto una generale buona esecuzione e interpretazione: le cantanti hanno mostrato una prova migliore dei cantanti, sia a livello tecnico musicale (il timbro vocale delle donne corrispondeva al timbro richiesto per i personaggi femminili, non del tutto rispettato per quelli maschili) sia nella presenza sulla scena (gli uomini sono apparsi più statici rispetto alle interpreti). Ho particolarmente apprezzato le due arie della Regina della Notte, che combinavano bene anche l’aspetto interpretativo, per cui è stato facile evidenziare la Regina dolce e preoccupata dell’atto I e la vendicativa «madre non madre» nell’atto II; il duetto di Papageno e Papagena nº 21 Pa pa pa pa, che è risultato brillante e a tratti divertente; e la scena di iniziazione alla purificazione attraverso i quattro elementi (atto II sc. 5), in cui gli armigeri, Tamino e Pamina hanno mostrato un buon affiatamento scenico e vocale. Non si può dire lo stesso per le parti recitate, che trasversalmente a tutti i personaggi sono apparse più scolastiche e poco partecipate all’interno dei dialoghi: gli interpreti hanno per lo più mantenuto una postura en face tipica del canto, senza accompagnare la voce con il movimento o il gesto tipici dell’attore.

La drammaturgia si svolge in una sostanziale dicotomia tra l’elemento maschile e quello femminile, tra il regno della Notte retto da donne in modo superbo e tirannico, che si mostra nel testo dei dialoghi come un luogo aperto e deserto, e il regno del Sole retto da Sarastro, sovrano illuminato di un tempio dorato che appare come un luogo chiuso, accessibile solo agli iniziati. L’elemento drammaturgico più accattivante è il capovolgimento delle situazioni.

Nell’atto I il regno della Notte sembra popolato da buoni e malvagio è Sarastro che ha rapito Pamina; mentre progressivamente nell’atto II si evidenzia la verità, che cioè la Regina della Notte è una tiranna che si serve della paura e della superstizione, mentre Sarastro vuole portare Pamina e il mondo all’illuminazione e alla conoscenza. Tutti i personaggi, infatti, subiscono una metamorfosi tra i due atti: Tamino da tremante e terrorizzato, diviene coraggioso e consapevole; Papageno da solo trova la sua compagna; Pamina si libera dal vincolo della madre per accedere all’illuminazione con l’amato; Sarastro, la Regina e i rispettivi attendenti invertono i ruoli di cattivi e buoni; solo Monostatos, come suggerisce il suo nome che in greco significa ‘che sta (fermo) da solo’, è l’unico personaggio che non subisce una metamorfosi, ma è il cattivo carceriere di Pamina presso il tempio di Sarastro e, dopo l’espulsione, si unisce alla Regina della Notte per vendicarsi.

Finale buonista, è assente il terremoto che distrugge il tempio facendo morire la Regina della Notte con le Tre Dame e Monostatos: infatti, la conclusione prevede una pacificazione dei due regni attraverso il matrimonio tra Pamina e Tamino. Questo elemento svilisce un po’ l’aspetto drammaturgico della vittoria del bene sul male, come è preannuziato dai Tre Genietti «Bald muß die Nacht, die düstre, schwinden» [La tetra Notte deve sparire presto] e poi dichiarato da Sarastro «Die Strahlen der Sonne vertreiben die Nacht, / zernichten der Heuchler erschlichene Macht» [I raggi del Sole dissolvono la Notte, distruggono la potenza della dissimulatrice ottenuta con l’inganno].

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto ufficiale dell’Opernhaus Bonn, per concessione dell’Ufficio Stampa.

 

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 

 

 



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