23 novembre 2016

REFERENDUM: SÌ, NO, NON SO

Milano pragmatica: un laboratorio?


Mentre continua la pressione “ad personam” dei sostenitori del sì e del no – il cellulare pigola insistentemente per avvertirci dell’arrivo di SMS o che Facebook vuol farsi aprire – almeno i sondaggi sono finiti, saggia norma di legge. Dovremo riflettere senza farci allettare dai pronostici e, per chi è in dubbio, qualche volta scatta la sindrome del pareggio: voto per il più debole.

01editoriale38fbDalle due parti purtroppo i messaggi che arrivano ormai sono assolutamente ripetitivi e non aggiungono nulla di nuovo: sono quasi tutti endorsement. Posizionamenti in un Paese nel quale la politica predilige i cortigiani? Col rischio di sbagliare.

Questo referendum nel suo percorso sarà in ogni caso ricordato come un esempio da non ripetere e, probabilmente, se fosse partito dopo la vicenda Brexit, qualcuno ci avrebbe pensato due volte, non tanto sull’opportunità di farlo quanto sul come e sui modi della comunicazione.

La responsabilità della deriva pericolosa, alla fine un voto politico, grava sul Governo e svuota il referendum dei suoi contenuti veri: un sereno giudizio sulla bontà e sull’utilità di una profonda modifica della seconda parte della Costituzione. Su questo credo che siamo tutti d’accordo. Comunque così è. Forse se ne caverà comunque qualcosa: un qualcosa che potrà servire per capire meglio il Paese e il rapporto tra l’elettorato delle grandi città e quello degli ”altri” e sull’elettorato in genere.

Mai come in quest’occasione gli esperti di analisi del voto avranno da lavorare per trovare un senso ai risultati e, per chi vorrà fare politica in futuro, dare indicazioni. Per cominciare: nulla è più come prima. Si è sancito il cambiamento.

L’alternativa sì – no, ossia la mancanza di un ventaglio di alternative, consente solo una geolocalizzazione del voto, da confrontare con i dati sociali e in qualche caso reddituali delle aree geografiche dei singoli seggi e permetterà forse di considerare la composizione sociale dei votanti dell’una e dell’altra parte.

Non sono certo io un esperto di analisi del voto ma mi faccio qualche domanda, lasciando agli esperti la risposta: l’aver votato no è conseguenza di un atteggiamento genericamente conservatore? È prevalso invece il desiderio per chi vota no di mandare a casa il Governo e Renzi in particolare, pur essendo presente che votando no si va incontro all’incognita di nuove elezioni? Evento che qualcuno paventa per il rischio di un governo Grillino? La famosa “accozzaglia” renziana ricorda da lontano e in maniera fortunatamente violenta solo a parole gli “opposti estremismi” di sessantottina memoria.

Quelli che votano sono divisi in due categorie: chi desidera un cambiamento e contemporaneamente approva la politica di Renzi e chi invece vota quasi esclusivamente perché teme l’instabilità. Quest’ultimo non è un atteggiamento conservatore? Quanti appartengono rispettivamente alle due categorie?

Quanto peseranno i non voti degli “astensionisti concettuali” come Fabrizio Barca? Da che parte mettiamo i voti di chi non va alle urne per protesta contro un quesito referendario pasticciato e confuso che sembra fatto apposta per allontanare il voto di testa e non di pancia?

L’analisi dei risultati ci darà delle risposte?

Un caso a parte è costituito da M5s. I pasticci della sindaca romana e le disavventure palermitane non sembra scuotano l’elettorato della capitale ma Roma è un caso speciale. Dopo lo scandalo di Mafia capitale e le rivelazioni non tanto sorprendenti di Carminati sull’esistenza di un “mondo di mezzo”, la società civile romana, quella che del mondo di mezzo non ha voluto far parte, si tira talmente indietro da rendere quasi impossibile la composizione di una Giunta presentabile. Ho forti dubbi che il tentativo di Renzi di pescare nell’elettorato grillino autodescrivendosi come nemico della “casta” abbia successo. Il coinvolgimento del Pd in Mafia capitale e la pessima figura fatta nella vicenda del sindaco Marino non sono un buon viatico.

Sarà interessante vedere come voterà Milano.

A Milano l’elettorato di sinistra sembra non aver digerito bene il Renzi rottamatore, autoreferenziale e arrogante. La dirigenza locale non ha trovato un suo ruolo distintivo in città, i Cinque Stelle non sono una forza di peso, Grillo non ha mai guardato a Milano. L’analisi del voto milanese forse ci dirà se questa città e la sua vivace e pragmatica società potranno essere il laboratorio di un sinistra-centrosinistra che faccia onore alla tradizione riformista locale, quella che pensa ai deboli dopo, ma molto dopo, aver pensato agli affari. Un esempio di nuova politica? Non ho mai amato questa espressione, Milano esempio per altri, ma questa volta la uso volentieri.

Luca Beltrami Gadola

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