9 novembre 2016

LA CONVERSIONE DELLO SCALO ROMANA

Per contribuire a una città proiettata al futuro


In merito al tema Scali, ci sono alcune domande preliminari soprattutto se, come in queste note, scritte per la discussione in un circolo del PD, si assume come prioritaria l’esigenza di giungere a orientamenti politici, cioè complessivi, malgrado le molte sollecitazioni anche contrastanti dovute alle diverse tensioni culturali, professionali e d’interesse.

06sarfatti_361) Vogliamo valorizzare le aree attorno agli scali o la città? 
La domanda sembra banale ma non lo è. La tipica destinazione a verde ha un grande seguito nelle zone in cui si applica perché valorizza soprattutto o, talvolta, soltanto le aree circostanti mentre comporta spese alte per il pubblico. Se non calibrata è una tipica operazione di sostegno speculativo e di trasferimento di oneri al pubblico per valorizzare il privato. Non può stupire che tutte le proposte basate essenzialmente sulla qualificazione del verde o sulla sua estensione, “Fiume verde”, “Binari verdi”, ponte sul verde … possano vantare e in effetti vantino un preliminare e del tutto credibile sostegno di partecipazione di associazioni e realtà locali.

2) Vogliamo valorizzare la città o le aree degli scali?
La domanda è più complicata della precedente perché, in situazioni di carenza di risorse pubbliche, diventa necessario valorizzare le aree degli scali per poter valorizzare la città. Peraltro la valorizzazione di quelle aree, Scalo Vittoria insegna, non valorizza automaticamente la città, ma può risolversi in un mero affare di privati. La domanda è pertanto complicata ma cruciale. Soltanto la valorizzazione delle aree consente infatti il reperimento delle risorse necessarie alla riqualificazione dei trasporti e nel contempo a mettere a disposizione spazi adeguati a ospitare funzioni avanzate, pubbliche e private, oltre che a contribuire a rispondere alla domanda di abitazioni a costo contenuto.

Serve poco persino la semplificazione che quelle aree sono già pubbliche, trascurando che sono aree di SPA pubblica e non del demanio e tantomeno del demanio comunale: in ogni caso i costi d’intervento, anche soltanto di bonifica e di successiva manutenzione, non paiono sostenibili con lo stato attuale delle finanze comunali. La bozza di accordo ammazzata da un improvvido Consiglio Comunale lo scorso dicembre tendeva a rispondere all’esigenza di valorizzare assieme aree e città, restando su un piano generale e, pertanto, precedente i progetti d’implementazione.

L”averla respinta ha soltanto ritardato di un anno l”avvio della fase realizzativa, della quale la progettazione urbanistica e architettonica è soltanto un aspetto, il penultimo (in quanto vuol dire aver identificato soluzioni concettuali, operatori, finanziamenti …). E” invece indispensabile la definizione degli indirizzi cittadini a scala urbana, metropolitana e regionale: in quanto la Città non è valorizzabile senza un indirizzo generale che orienti gli interventi e addirittura li renda possibili determinando appetibilità ma, nelle condizioni attuali e in merito al tema scali, la Città non è valorizzabile neppure se non si valorizzano le aree o almeno una parte consistente di esse.

Così posto il tema generale cambia anche il tema partecipazione che, sugli indirizzi è bene si articoli a scala urbana o metropolitana salvo poi farsi più pregnante in sede locale sulle diverse modalità attuative. Qui si forma naturalmente un”altra domanda di fondo.

3) Le progettazioni in corso sono compatibili con la vecchia bozza di accordo o ne comportano lo stravolgimento?
La questione non è peregrina sia per un giudizio su ciò che è accaduto, ritardando l”avvio del lavoro, sia per capire se stiamo preparando la migliore gestione del tema, capitalizzando il ritardo, o preparando un nuovo affossamento, con tutti i costi inerenti in termini di mancanza di attivazione degli investimenti e degli interventi. Se invece siamo soltanto in presenza di una competizione di gruppi progettuali, va benissimo, ma soltanto se la risposta data alle domande precedenti è stata adeguata. In caso contrario le progettazioni grandi e piccole, si risolvono in una nociva diversione anche se vale comunque la pena valutarne gli aspetti essenziali.

4) Tutti gli scali devono essere trattati allo stesso modo?
Certamente no. La coerenza del disegno complessivo può ben determinare accentuazioni e differenze non marginali. Il fatto che si stia trattando di un insieme di aree consente di differenziare fortemente le destinazioni. Per dimensioni, livelli di connessione con la rete dei trasporti, nonché delle specifiche caratteristiche delle aree esterne alla città ciascuno scalo è un unicum. L”accordo precedente aveva del resto già acquisito tale principio ipotizzando una destinazione tutta a verde in uno scalo e per esso già esiste una progettazione sostanzialmente definita – pubblicamente assentita dall’assessore – che si estende alle connessioni sia all’esterno della città che ad altri scali, Romana incluso.

5) Il verde è “una” funzione o “la” funzione risolutiva?
La città ha bisogno di una serie di funzioni avanzate che offrano lavoro idoneo a una città evoluta di andare verso un complessivo aumento della qualità urbana quale necessaria per ospitare abitanti “innovatori” (o comunque in parte addetti a funzioni innovative), una merce rara che ha domande alte di qualità della vita. Funzioni avanzate e nuove esigenze di qualità urbana sono perciò esigenze da trattare come compatibili e inscindibili. Il tema del verde non ne è che un aspetto. Si colloca in questo ambito, come una necessaria ma non esclusiva esigenza, lo sviluppo adeguato del verde sia come ambito di mobilità – pedonale e ciclistica – sia come luogo di “piccolo svago”.

6) La residenza è “una” funzione o “la” funzione risolutiva?
Una città ha necessariamente bisogno di abitazioni e in particolare di abitazioni a basso costo. In una fase nella quale lo sviluppo economico risulta particolarmente rallentato la domanda è certamente minore, in particolare per abitazioni di medio pregio. A Milano, in relazione alla trasformazione in corso in società di servizi, con particolare sottolineatura delle attività connesse a due simboli di status sociale come moda e design, è rimasta alta la domanda di residenze di alto pregio. L”offerta è stata superiore alla domanda nelle abitazioni di medio pregio ma resta significativa l”esigenze di abitazioni a costo contenuto. In un contesto di carenza di risorse per abitazioni “popolari” è cresciuta la specifica attenzione ai temi del social housing sino a farne un tema di notevole spessore. Eppure anche questa funzione non ha carattere propulsivo: non determina, se non a breve, nella fase di realizzazione, nuovi posti di lavoro e non aumenta, tranne, naturalmente, che per i futuri abitanti, la qualità urbana della città. É pertanto anch’essa funzione di cui tenere adeguatamente conto a scala complessiva anche se non appare in alcun modo risolutiva.

Addirittura rischia di non consentire il miglior utilizzo per aree che si caratterizzano per il grande pregio che deriva dalla loro collocazione semicentrale, su linee di trasporto veloce e in aree che possono essere realizzate con una qualità di progettazione che può interpretare il pensiero urbanistico e architettonico contemporaneo senza neppure i forti vincoli della precedente edilizia ad alta densità che caratterizza il centro della città. Inoltre, quando si determina una sproporzione tra le destinazioni previste e i valori reali di appetibilità si attua frequentemente un progressivo scivolamento verso destinazioni di maggior/minor pregio che tende a eliminarla. È allora molto probabile che, di là dalle intenzioni, si realizzi, in definitiva, una destinazione ad abitazioni di lusso senza alcun vantaggio pubblico. Grandi edifici immersi nel verde in zone di pregio fanno del resto pensare più facilmente a complessi in passato oggetto d’ingenerose polemiche più che a social housing. Pur senza una modifica degli indici urbanistici essenziali le aree degli scali possono invece essere più opportunamente oggetto soprattutto di interventi di forte caratterizzazione della città.

7) La valutazione a scala metropolitana, per la definizione delle mobilità e delle funzioni è opportuno tenga conto delle specificità di ciascuna zona?
Scalo Romana si presenta su questo piano come un polo importante. Sarebbe colpevole sprecare la possibilità di attrazione che già si è manifestata con gli insediamenti sin qui attuati, tutti definibili sinteticamente di terziario avanzato. Milano ha in effetti bisogno di andare molto avanti nella sua trasformazione da città eminentemente legata alle produzioni verso una nuova attitudine a essere società terziaria. Volendo inventare soluzioni la migliore sarebbe la sede della necessaria grande biblioteca multimediale che è una necessità in un polo dell’editoria e del design, sia della moda che dell’arredo.  La destinazione a biblioteca era già stata ipotizzata per lo scalo Vittoria, – nella forma di biblioteca europea – e poi è stata abbandonata per dar luogo alla pura azione speculativa.

Altre possibili sono state delineate, più o meno coerenti con gli assunti precedenti:

  1. a) centro di ricerca per i temi della agricoltura e dell’alimentazione;
  2. b) nuovo centro direzionale della Città metropolitana;
  3. c) nuovo centro direzionale della A2A,
  4. d) …

Per tutte il tema essenziale non è quello dell’invenzione ma quello del soggetto proponente o investitore e delle risorse private e pubbliche a disposizione.  Il tema della ricerca dei soggetti e delle risorse è ovviamente del tutto affidato alla giunta comunale anche se non è da escludere che gruppi progettuali possano portare soggetti interessati a intervenire. Nel caso, la questione di fondo è naturalmente quella dell’interesse pubblico al loro intervento, che non si esaurisce affatto con la abituale questione degli oneri, specie per operatori privati di funzioni “pubbliche”.

Poi si tratta di definire le forme urbanistiche e architettoniche specifiche, attraverso le quali si ottengono altri risultati, ivi inclusa l”idea di una grande trasparenza degli spazi, alle persone e alle connessioni, sia in termini di circolare ferrotramviaria, completato o meno l’anello, sia più o meno radialmente, verso il grande centro direzionale di San Donato, verso il Parco Sud, il nuovo polo ricreativo di Assago e, si spera, dei Navigli esterni. A questo livello attuativo il gusto e l”apporto partecipativo locale può diventare veramente interessante e proficuo: sempre per meglio attuare e non per forzare gli indirizzi.

8) La variabile tempi è indifferente?
La variabile tempo è di assoluto rilievo in più direzioni. Più si ritarda l”accordo e più sarà difficile vincere la vera e propria gara a ottenere i finanziamenti disponibili, a livello nazionale (soprattutto social housing) ed europeo. Comunque i tempi saranno lunghi e diventa opportuno pensare a usi transitori. Peraltro anche nella definizione degli usi transitori non deve essere perso di vista il tema complessivo. Di là da utilizzi del tutto temporanei, è opportuno che ogni destinazione che richiedesse spese avvenga per iniziative nella direzione dell’utilizzo strategico definito. Il transitorio che diventa permanente è un pericolo analogo a quello dei ritardi sistematici motivati con esigenze di ritocchi più o meno problematici e condivisi. Ma questa è, forse, un”altra storia.

 

Roberto Sarfatti

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