12 marzo 2014
NICOLA NOSENGO
I ROBOT CI GUARDANO
Zanichelli editore, Bologna, 2013
pp. 198, euro 12,90
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione … e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.” Con questa frase commovente, si conclude il film “Blade Runner“, tratto dal romanzo “Il cacciatore di androidi” di P. K. Dick. Sono passati trent’anni da allora, ma di Replicanti simili non ne abbiamo ancora visti. A molti la robotica può sembrare un settore di promesse mai mantenute, eppure i robot ci circondano, ci sorvegliano, ci aiutano a lavorare e a far ricerca.
È Nicola Nosengo, saggista e uno dei pochi giornalisti italiani che contribuisce alla rivista Nature, a introdurci nel mondo della robotica, partendo dalle origini di questa affascinante materia, uno dei filoni di successo della tecnologia dei prossimi anni.
Nei primi secoli dopo Cristo, ad Alessandria d’Egitto, muove i primi passi la scienza che noi oggi chiamiamo robotica. Partendo da Erone, un geniale inventore, siamo passati attraverso secoli di storia a realizzare automi sempre più efficaci, sino ad arrivare, agli inizi del novecento, a costruire il primo robot da fabbrica. Imita la parte del corpo più preziosa per il lavoro manifatturiero: si tratta del primo braccio meccanico. Dopo il successo nel campo industriale, i robot sono stati ricercati nel campo medico, in particolare per le operazioni chirurgiche di grande precisione, dove l’impiego di bracci robotici abbinati a strumenti laparoscopici ha permesso di fare miracoli.
Auto senza pilota sono già in grado di viaggiare a 100 km/h, piloti automatici guidano aerei, assicurandoci un volo sicuro. Sono robot validissimi, ma ben lontani dall’assomigliarci. Dal punto di vista di un ingegnere, che può dotare le sue creature di tutti gli arti che vuole e che può dare la forma più idonea rispetto all’uso, sarebbe limitante attenersi al modello Homo sapiens. Ma siamo riusciti a soddisfare anche questo desiderio. L’ultima superstar dei robot umanoidi è iCub, il robot bambino, ma Eccerobot, lo supera, non certo in bellezza, ma in qualità: ha muscoli azionati da motori elettrici e tendini realizzati con funi elastiche.
Quello che si chiederà ai robot del futuro sarà di orientarsi e muoversi in luoghi dove l’uomo non è mai stato: al centro della Terra, sul fondo degli oceani, nello spazio, nelle arterie. Siamo alla ricerca di robot sempre più perfetti e più intelligenti. È un’idea che fa paura, ma nemmeno il timore che alcune caratteristiche degli esseri umani, una volta inserite in una macchina, diventino incontrollabili, può fermare questa rivoluzione tecnologica. A garantirci ci saranno sempre le tre leggi di Isaac Asimov, che leggiamo nell’antologia di racconti “Io, robot”. Le qualità dei robot del futuro dipenderanno dalle qualità dei loro progettisti: saranno creati a loro immagine, somiglianza e talento.
Cristina Bellon
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero