24 novembre 2018

LA BIBLIOTECA DEGLI ALBERI

Sentirsi a disagio in un progetto impietoso


Finalmente a fine ottobre è stato ufficialmente inaugurato e aperto al pubblico il terzo più grande parco di Milano, già battezzato “La biblioteca degli alberi” per la grande varietà di alberi piantati, e già preso d’assalto da famiglie con bambini e cani appresso.

Come si sa, le opere pubbliche si inaugurano spesso, se non sempre, prima della loro reale ultimazione, per fretta di raccogliere un consenso, tanto più quando è prossima una scadenza a forte valenza politica, tipo un turno elettorale. A maggior ragione in questo caso si poteva aver la sensazione di un’inaugurazione anticipata trattandosi di un’opera che per sua natura non sarà mai finita essendo sempre in divenire, un’opera di cui si può solo dire che sono finiti i lavori di realizzazione e iniziati i tempi della sua evoluzione naturale che negli anni la porterà ai suoi definitivi aspetto e dimensione.

Oggi, su quest’opera, ci preme fare qualche osservazione fuori dal coro delle roboanti celebrazioni fatte dalle autorità, dalla stampa, da Internet e via dicendo; un po’ meno dalla “vox populi” che nei pochissimi commenti “postati” (come si usa dire oggi) non rivela grande entusiasmo, anzi proprio non lo rivela affatto. E una ragione crediamo ci sia all’origine di questo scarso entusiasmo: la Biblioteca degli alberi non è friendly, non crea l’atmosfera che ti illuda di non essere nel bel mezzo di una città caotica, non è accogliente non ti invita a sdraiarti e toccare l’erba e poi, la cosa peggiore, troppo cemento, troppe strade, più che sentieri, in cemento, di una larghezza tale che vi potrebbero sfilare plotoni con relativi equipaggiamenti e veicoli pesanti al seguito, rotonde in cemento perlopiù prive di panchine (quest’ultime davvero scarse su tutta l’area).

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Ma bisognava davvero andare fino in Olanda per farci progettare un parco, famosi come sono in tutto il mondo i giardini all’italiana? E se proprio si voleva andare all’estero, perché non è stato scelto un architetto inglese che ci progettasse un parco come sono i loro in centro a Londra con dovizia di prati (per l’appunto detti “prati inglesi”!) dove la gente si siede e si stende nella pausa pranzo o nei sabati e domeniche, e se vuole si sposta un po’ e sta all’ombra di un albero di alto fusto, o si siede in una panchina; di tutto questo, che non è poi tanto e nulla di eccezionale per un parco, non v’è traccia nella “Biblioteca”, autostrade di cemento sì, tante, ma prati dove stendersi no!

Ci sono voluti qualcosa come 14 anni tra il lancio dell’appalto per la sua realizzazione con il conferimento dell’incarico al progettista, e la sua inaugurazione: non si può certo dire un breve lasso di tempo per un’opera del genere, di certo un bel modo per rateizzare gli oneri di urbanizzazione da parte dell’impresa che ha fatto la parte del leone nella realizzazione della Manhattan di Porta Nuova. Poi si sono spesi, o comunque valutati a scomputo oneri, qualcosa come 8 milioni di euro, anche se qualcuno parla di 12 milioni ma comunque il vero costo crediamo non si saprà mai.

Oggi questo nuovo parco è ancora pressoché vergine e spelacchiato, migliorerà man mano che cresceranno i 450 alberi piantati, le panchine potranno essere aumentate, ma il cemento, il tanto cemento colatovi dentro, quello rimarrà sempre tale e quale, un insulto al verde e all’idea stessa di parco. Forse la Biblioteca degli alberi è stata un’occasione, una straordinaria occasione, mancata.

Eduardo Szego



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  1. AnnaConcordo totalmente
    28 novembre 2018 • 00:21Rispondi
  2. AnnaPerò urbanisticamente è molto interessante perché connette parti della città molto lontane e diverse tra loro
    28 novembre 2018 • 08:16Rispondi
    • Eduardo SzegoPenso avrebbe egualmente potuto connettere le stesse parti della città quand'anche avesse avuto una struttura da vero parco cittadino.
      20 dicembre 2018 • 12:23
  3. francesco spadarodopo la menzogna del bosco verticale eccone un'altra. Le accomuna il tanto cemento, immancabile supporto alla "retorica del verde". In attesa del Parco allo Scalo Farini ci possiamo accontentare.
    28 novembre 2018 • 08:55Rispondi
    • Eduardo SzegoBeh, è un pò difficile argomentare con chi ritiene una "menzogna" il bosco verticale! a mio parere una delle più belle, originali e inventive cose della nostra città; il cemento nella costruzione di un grande edificio è pressoché imprescindibile, e il verde è stato messo proprio per occultare quanto più possibile il cemento, laddove nella Biblioteca degli alberi è stato fatto esattamente il contrario: hanno messo il cemento per occultare il verde!
      20 dicembre 2018 • 12:37
  4. Elena MussinelliData la scarsità di risorse pubbliche da investire nella riqualificazione delle periferie, non sarebbe stato più opportuno e rispondente alla domanda sociale realizzare una sistemazione meno impegnativa e impiegare almeno un paio di milioni degli oneri per qualche intervento strutturale di rigenerazione ambientale nei quartieri più degradati (invece di andare avanti a forza di "urbanistica tattica")?
    28 novembre 2018 • 14:51Rispondi
    • Eduardo SzegoForse Elena potrebbe aver anche ragione, ma l'articolo non intendeva trattare delle priorità degli investimenti pubblici nella città; questa potrebbe essere materia di un altro articolo
      20 dicembre 2018 • 12:43
  5. Claudio BacigalupoLa biblioteca è un parco didattico esperienziale fatto di dettagli che amplificano la dimensione reale, non grande. Sistemazioni di tipo tradizionale svelerebbero una dimensione modesta. Il suo limite sta nella noncuranza ai margini; stradone ed edilizia sfrangiata volevano elementari attenzioni che avrebbero potuto essere richieste con l'approvazione in sede di concorso. Quanto ai costi, l'iniziativa non prevedeva tutto il verde dovuto per legge, e ne ha monetizzato la parte mancante. Spero rispetto a costi di terreno e finiture medie. Se Garibaldi Repubblica ha poi voluto farsi un verde supercostoso per immagine della zona, spero che il Comune non ne abbia avuto danno, altrimenti non ci siamo.
    29 novembre 2018 • 17:08Rispondi
  6. Claudia CapursoCondivido pienamente l’articolo. Mettendo da parte le tanti possibili critiche tecniche, sempre opinabili, voglio mettermi dalla parte dell’utenza:delle centinaia di impiegati che lì lavorano, delle tate con i teneri rampolli, dei vecchietti col cane. Immaginiamoli nell’afosa estate milanese in cerca di una panchina ombreggiata su cui mangiare il panino, leggere il giornale, dare da bere al piccino o banalmente fare due chiacchere… Non troverete un albero lungo le stradine e i vialetti che lo attraversano ( neanche lungo i due principali). Sono tutti in cerchio nei prati ( usanza olandese?) E’ demodè pensare di “ umanizzarli” con filari di alberi, magari di essenze diverse e con maggiore attenzione ai colori che assumono nei cambiamenti di stagioni? E’ banale pensare di collocare comode panchine, alla’ombra che così si crea? Che dire poi delle fasce concentriche, piantumate a cespuglietti di bosso ( o cotone aster?) e divisi da camminamenti cementati di uguale larghezza? Inutili estetismi, comprensibili solo se, come nei giardini botanici, nelle fasce coltivati ci fossero in mostra piante di essenze diverse, tutte col loro cartellino di spiegazione, che il visitatore deve osservare da vicino.. Certo, i parchi giochi dei bimbi sono deliziosi ma, anche qui, qualche albero ad ombreggiare ci starebbe. In fondo è una “Biblioteca degli alberi”…. Claudia Capurso
    29 novembre 2018 • 22:26Rispondi
  7. Eduardo SzegoGrazie a Claudia Capurso che conferma, amplia e dettaglia la critica concettuale, strutturale e sostanziale che abbiamo fatto nell'articolo.
    20 dicembre 2018 • 12:59Rispondi
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