16 dicembre 2015

NON TUTTO È PERDUTO PER GLI SCALI FERROVIARI


Perché è stato un bene per la città non aver ratificato l’Accordo di Programma con FS sul riuso degli ex scali ferroviari, così come proposto da Sindaco e Giunta, e perché i consiglieri di maggioranza che vi si sono opposti andrebbero ringraziati, anziché essere accusati di tradimento e sabotaggio del bene pubblico e minacciati di “confino politico” nella prossima campagna elettorale? Cercherò di spiegarlo con parole semplici e senza tecnicismi.

03brenna24FBPerché la ratifica di quell’Accordo così come sottoscritto dal Sindaco e avallato dalla Dirigenza dell’Ufficio Grandi Progetti Urbani (che – voglio ricordarlo – è la stessa che ha contribuito a definire il riutilizzo delle aree di ex Fiera/Citylife e dell’ex Centro Direzionale/Porta Nuova con le Giunte Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli) produrrebbe edifici molto alti e raddensati proprio come nei casi Citylife e Porta Nuova, che abbiamo visto realizzarsi.

L’ha ammesso con molta schiettezza l’Amministratore delegato di FS- Sistemi Urbani, Carlo de Vito, in un’intervista a Repubblica nel settembre scorso, poco dopo la sottoscrizione dell’Accordo col Comune: “Il futuro di Farini? Una seconda Porta Nuova, per seguire le ultime tendenze del mercato. Se ci saranno grattacieli?: sicuramente si può pensare a uno sviluppo verticale, come ideale continuazione di piazza Gae Aulenti.”. Potremmo dire, anche peggio: una seconda ancor più grande Citylife!

Com’è possibile se l’Accordo proposto in ratifica al Consiglio prevede densità totali ridotte a metà di quelle di Citylife e Porta Nuova?  Perché in ciò che vediamo realizzato di quei progetti precedenti la grande quantità di spazio pubblico prescritto dalle norme già si sapeva che non si sarebbe potuto realizzarla interamente (mancava proprio lo spazio fisico per realizzare tutto lo spazio pubblico prescritto e poi avere ancora area per gli edifici privati e, quindi, la metà dello spazio pubblico previsto è stata “monetizzata”pagando al Comune 300 €/mq per non cedere come pubbliche aree acquistate a 2.000 €/mq e su cui si sono realizzati gli edifici).

In quest’Accordo sugli ex scali, invece, è previsto che lo spazio pubblico prescritto venga realizzato quasi interamente. Buona cosa, mi si dirà: certamente, solo che in questo modo pur con la minor quantità di edifici previsti essi dovranno nuovamente addensarsi in spazi molto ristretti, con la medesima densità di quartiere – per fare un esempio tangibile – di quella che vedete realizzata a Citylife: voglio solo ricordare che si sta avvicinando il 21 dicembre, solstizio d’inverno, data alla quale dalla tavola delle ombre a suo tempo presentata da Citylife al Comune si deduce che molti edifici propri e del vicinato resteranno al buio dalle 10 alle 15!

A molti (e non più solo a coloro che l’avevano preconizzato con l’approvazione di quei progetti ma oggi persino ad alcuni di coloro che in passato li avevano contrastati) quei progetti sono parsi, invece, l’esempio apprezzabile di una nuova “metrolife style” (shopping e happy hour in un ambiente di pareti specchiate, luci e colori, fontane zampillanti, piazze più che altro simili a studi televisivi, ecc.) di facile gradimento per stili di vita ritenuti emergenti e modello riproponibile per la Milano del futuro nelle ancor più ampie trasformazioni urbane quali gli ex scali ferroviari e le ex caserme.

Insomma, non più solo il quartiere dei divertimenti – come in alcune metropoli occidentali – ma l’intera città come una Città dei Balocchi, da cui difficile sperare di non uscire ridotti a “ciuchini” consenzienti a comando, come il pubblico di certe trasmissioni televisive pur di largo successo di ascolto. Ciascuno valuti se è questo è lo stile di vita che gradisce veder realizzato per la Milano futura. Nell’Accordo con FS sugli ex scali, inoltre, gran parte dello spazio pubblico previsto in realizzazione è costituito da “parco urbano territoriale” con una quantità di verde tripla di quella di quartiere normalmente prevista, ma con servizi di quartiere ridotti a un terzo della quantità normalmente in uso: vi pare accettabile che si debba andare “in gita ai grandi parchi territoriali” anche solo per portare i bambini a scuola o al parco giochi e il cane a fare pipì?

La verità è che a FS (e in prospettiva al Ministero della Difesa per le ex caserme) nel complesso la Giunta Pisapia sta chiedendo meno spazio pubblico di quanto quelle Albertini/Lupi e Moratti/Masseroli hanno chiesto a Citylife e Porta Nuova (torno a ripetere: non considerando, ovviamente, che in quei casi poi si poté realizzarne meno della metà di quanto prescritto e il non realizzato fu “monetizzato” a “prezzo di favore”).

In quest’Accordo sugli ex scali ferroviari, probabilmente, si è voluto privilegiare la richiesta a FS di avviare investimenti nel campo del trasporto ferroviario, finanziandoli, però, agevolando le rendite fondiario – immobiliari grazie a spazi pubblici ridotti; non è accettabile che ciò avvenga a scapito della sostenibilità e vivibilità da parte degli abitanti dei futuri quartieri urbani in previsione, Infatti, almeno a parole, nell’Accordo la sostenibilità e vivibilità urbana viene indicata come obiettivo da perseguire a pari merito con quello della migliore mobilità ferroviaria.

Si possono risolvere queste incongruenze? Certamente: rimodulando le quantità edificabili e la ripartizione tra spazi pubblici territoriali e di quartiere o avviando meccanismi “perequativi” con altre grandi proprietà. Non sto a entrare nei dettagli tecnici che ho già esposto più ampiamente altrove: lo si può fare anche abbastanza celermente, soprattutto se le fasi progettuali successive non verranno “delegate” totalmente alle scelte della proprietà, ma tenute direttamente sotto controllo pubblico tramite una Società di Trasformazione Urbana, che sappia massimizzarne l’utilità collettiva (edilizia sociale e in affitto, spazi associativi, ecc.) e la forma urbana voluta.

Invece, come sembra stia per fare la Giunta Pisapia, riproponendo subito una nuova ratifica dell’accordo tal quale, si vuole con protervia precettare il Consiglio comunale: se l’hanno già firmato il Sindaco e la Dirigenza, come si permette il Consiglio comunale di intromettersi con delle obiezioni, pur fondate? Non è un bel clima per la prima grande trasformazione urbana gestita da questa Giunta e non ereditata dalle precedenti: mi pare ricordi troppo quello vissuto all’epoca di quelle Albertini e Moratti, che Pisapia col Movimento arancione aveva promesso di cancellare.

Sergio Brenna



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