17 settembre 2014

CITTÀ METROPOLITANA: CITTADINI E ISTITUZIONI SEMPRE PIÙ LONTANI?


L’ennesima legge istitutiva delle Città Metropolitane (la n. 56 / 2014 ) ingrossa il fiume in piena di leggi e leggine, decreti e regolamenti, che scorre da oltre un trentennio verso le morte gore del degrado delle istituzioni e della riduzione della democrazia. È “molto pasticciata”, afferma il direttore di ArcipelagoMilano: come dargli torto? Contiene “rischi di incostituzionalità”, dimostra Besostri.

08_natale31FBTutto si tiene nella direzione del rafforzamento del potere esecutivo (del capo di governo o dell’uomo solo al comando, come si usa dire): legge elettorale ultramaggioritaria e blindata, abolizione del senato elettivo, privazione del diritto di voto dei cittadini metropolitani, con finta abolizione delle province non metropolitane che rimangono come organi di secondo livello, le cui funzioni verranno indicate dalle regioni (come da ultimo accordo con il governo). Si consolidano gli apparati centralistici: governo nazionale, regione/staterello (nonché scandalosamente dispendioso …), comune capoluogo.

C’è nella legge, come del resto nel rosario delle leggi precedenti (mai attuate), la previsione dell’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, ma si deve seguire un iter complicato e pieno di insidie.

Qui è necessario chiarire alcune cose importanti. Prendiamo l’intervento del consigliere provinciale, Calaminici, mandato a casa con tutto il consiglio provinciale dal dispositivo di legge. Più realista del re, l’ex pluriennale consigliere accusa di “vuoto straparlare” quelli che pongono seriamente la questione del diritto di voto e del consolidamento della democrazia decentrata territoriale. E bolla come “idea bislacca” quella che si possa abolire il Comune unico del capoluogo dell’area metropolitana, nel nostro caso il Comune di Milano. Ma come si fa a liquidare in modo così superficiale e polemicamente aggressivo le vere questioni che se non vengono affrontate in termini di partecipazione democratica e di riequilibrio delle entità e identità dei comuni dell’area metropolitana, costituiranno il sempiterno ostacolo alla realizzazione della Città Metropolitana come ente di governo intermedio tra i comuni e la regione?

A ogni livello, ci si aspetterebbe un po’ di autocritica da chi ha avuto responsabilità istituzionali. Perché si continua a fare come gli struzzi che, con la testa nella sabbia, non possono (non vogliono?) vedere nelle caste partitiche e oligarchiche (a cominciare dal PD) le principali responsabili del precipizio morale e istituzionale, economico e ambientale, civile e sociale in cui è caduto il bel Paese?

Torniamo alla L. 56. Il comma 22 prevede l’elezione diretta, “a suffragio universale“, del sindaco e del consiglio di tutte le città metropolitane, a condizione che “entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni. A tal fine il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale (…). La proposta del consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana, da effettuare sulla base delle rispettive leggi regionali, e deve essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto. È altresì necessario che la regione abbia provveduto con propria legge all’istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell’articolo 133 della Costituzione.”

Per complicare ancora le cose (per lasciare intatto il Comune capoluogo che deve predominare sugli altri?), si stabilisce che, “in alternativa a quanto previsto dai periodi precedenti” (come si maltratta la nostra bella lingua!?), “si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale” nelle “sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti“, a condizione “che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana“.

Quindi per Milano l’opzione della ripartizione zonale non è unica ed esclusiva. E l’ha chiarito Ballabio nel suo articolo “L’ambiguo enigma dello Statuto Metropolitano” (ArcipelagoMilano del 16 luglio scorso). Si può quindi superare il comune unico e articolare l’attuale Milano in più comuni. Ci ricordiamo che il progetto riformatore, varato nel 1968 e durato fino al 1999 (l’anno della divisione in 9 Zone della città), articolava il territorio del comune di Milano in 20 Consigli di Zona che dovevano diventare 20 municipi/comuni all’interno del riequilibrio dei centri urbani dell’area metropolitana per eliminare il gigantismo del capoluogo e il nanismo dei piccolissimi comuni non autosufficienti?

In tempi in cui si faceva di tutto per aumentare il numero delle province e si sottovalutava la centralità delle aree metropolitane (e di quella milanese in particolare), un gruppo di cittadini impegnati e competenti si costituiva in Comitato per la Città e la Cittadinanza Metropolitana (2005). Il Comitato redigeva una bozza di statuto della città metropolitana e promuoveva incontri pubblici, mettendo sul tappeto – assieme ad altri comitati – le questioni vere che affliggevano e affliggono ancor più oggi le aree metropolitane (cementificazione e inquinamento ambientale, traffico e mobilità in crisi permanete, qualità della vita in continuo peggioramento, “grandi opere” e speculazione finanziaria, fondiaria e urbanistica, proliferazione della criminalità organizzata e della corruzione ecc. ) in una visione di riforma istituzionale degli enti di governo territoriale con la partecipazione democratica.

Per parte loro i partiti e le caste in tutt’altre faccende affaccendate, con la loro arroganza e insipienza aggravavano la crisi strutturale del sistema, facevano e fanno ancora demagogia, continuano a non volere avvicinare le istituzioni ai cittadini (pardon: fanno di tutto per allontanarle). Anzi dicono una cosa e ne fanno un’altra, mentre riducono drasticamente la “sovranità popolare” e gli spazi di democrazia. Come si fa a tollerare che l’atto istitutivo della Città Metropolitana (lo Statuto) venga affidato a 24 persone non elette dai cittadini, come se fosse un fatto privato, una questione aziendale!

Oggi l’eredità di quel comitato è confluita nel Forum Civico Metropolitano che nell’ottobre del 2011 lanciava un Appello per la Citta(dinanza) Metropolitana Milanese. Ancor più attuale oggi, l’appello viene riproposto ai cittadini, all’opinione pubblica, ai sindaci e consiglieri comunali della vasta area metropolitana milanese che non può non comprendere anche il territorio di Monza a Brianza.

Il Forum auspica che le proprie riflessioni e proposte vengano conosciute e prese in considerazione. Che si avvii una discussione con i cittadini metropolitani. Che si esca dai Palazzi del Potere e della politica autoreferenziale. La democrazia si difende, si salva e si sviluppa con il controllo e la partecipazione delle cittadine e dei cittadini al governo della res publica e del bene comune.

 

Giuseppe Natale

Forum Civico Metropolitano



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