25 giugno 2014

cinema – DELLA DIPENDENZA DALLE SERIE TV: DA GOMORRA A HOUSE OF CARDS


 

DELLA DIPENDENZA DALLE SERIE TV

L’insostenibile fascino delle serie tv con protagonisti oscuri, miete vittime, anche chi scrive non ne è immune, e denuncia sintomi da vera addicted. Qualcuno ne ha già parlato prima, e meglio, di me in questa rubrica, narrando delle delusioni dei finali di partita.

cinema24FBQueste però sono nuove serie, e la stanchezza da logoramento della serie deve ancora arrivare. Il 10 giugno è andato in onda su Sky l’ultimo episodio della prima stagione della serieTV ‘Gomorra‘. Questa sera viene trasmesso il 13mo e ultimo della prima serie di ‘House of cards‘, e già sento che il vuoto da assenza di entrambe è in agguato.

Lo sento dal desiderio di programmarmi serate di ri-visione degli episodi più caldi della serie americana, dalla ricerca sulla rete di informazioni sulla seconda serie, ancora prima di vedere l’epilogo della prima. Dalla ricerca di notizie sui nuovi personaggi possibili della saga dei Savastano, dai discorsi con gli amici sui protagonisti futuri della serie che risulta la più vista finora nella storia delle pay tv in Italia.

I sopravvissuti, o gli immortali, come titola l’ultimo episodio, Ciro e Genny, sì perché quella mano che lentamente si muove fa pensare che non è finita lì la storia dell’erede dei Savastano. E ti scopri a chiedere che farà il redivivo Don Pietro, liberato dal torpore senile simulato in carcere, dai fedeli gregari che hanno nomi da romanzo come Malammore. Se Don Pietro tornerà da protagonista a nuova vita, mi mancherà donna Imma, la leonessa, moglie del boss dei boss di Secondigliano, dominatrice e feroce con tutti eccetto con suo figlio.

Personaggi divenuti familiari come Frank Underwood, il molto più che cinico deputato democratico americano, freddamente assetato di potere, una iena che con strategie micidiali si applica nella scalata al potere, facendo a pezzi chiunque gli ostacoli il cammino, e servendosi di donne e uomini senza andar troppo per il sottile.

Le serie Tv hanno sempre fatto prigionieri negli spettatori, soggiogati da quella sospensione del fine puntata, del fine serie, del come andrà a finire. Negli anni 60 c’era Belfagor, nei 70 Il fuggitivo, negli 80 La piovra, nei ’90 forse il primo di firma Twin Peaks, e poi ancora più vicini, le serie delle relazioni esplosive con ambientazione claustrofobica, in interno ospedaliero come E.R., Doctor House, Gre’y’s Anatomy, o nei mondi dei bravi ragazzi come I soprano.

Oppure che ci lascavano persi negli esterni esotici delle ingiustificabili fantasie di Lost. Alle prese con paradossi sempre più incredibili, generati da una sceneggiatura logora, ma necessaria per alimentare l’attesa della fine, come quando si racconta una prima bugia e per darle gambe si è costretti a costruirne e inventarne sempre di più grandi. Tutti in attesa della spiegazione finale e risolutiva di una vicenda ai limiti del paranormale ma percepita come verosimile.

Tra quelle storie a puntate di allora e queste recensisse c’è una differenza: qui l’affezione è per le vicende e i sentimenti di personaggi oscuri, negativi, crudeli e capaci di crimini efferati, senza pietà e senza onore di Gomorra, e ambigui, cinici con il potere come unico scopo come Frank Underwood.

Sarà perché le vicende crudissime e violente di camorra sono raccontate e girate in maniera superlativa, con una regia a più mani di talenti di casa nostra, Sollima, Francesca Comencini, anche ottimi sceneggiatori di cose nostre. Ma soprattutto perché i personaggi non sono mai figurine banali, grazie a una sceneggiatura forte e ad attori ben diretti che reggono alla grande la sfida, crescendo di talento di episodio in episodio.

La serie americana, già di successo nel formato originale, in versione mini e salsa inglese di produzione BBC, grandi nomi dietro la macchina da presa (Davin Fincher, e James Foyley, che ha diretto molti anni indietro lo splendido Americani), (e uno degli attori USA più ‘cool’ del momento, in realtà grandissimo fin dagli esordi di Seven e I soliti sospetti, Kevin Spacey che ammicca direttamente in camera confidando i segreti, inconfessati ai coprotagonisti direttamente allo spettatore.

Il bravo dottore, sia che fosse il Kildare dei ’50 o il Dottor Ross di Clooney, che di difetti ne aveva parecchi, o Tony Soprano, malavitoso con psicanalista a carico, sono lontanissimi dal politico spietato di House of Cards o da Ciro l’infame, uomo di dis-onore di Gomorra, pentimenti sensi di colpa e romanticismi sono banditi, in un’immersione di crudeltà malavitosa o di cinismo da tornaconto politico che affascinano per la potenza del carattere dei protagonisti e dei deuteragonisti che gira loro intorno.

Antidoto all’assenza, poter rivedere con parsimonia, gli episodi, grazie alle trovate della tv del terzo millennio. Finché non ne arriva una nuova a conquistare attenzione.

Adele H.

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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