19 marzo 2014

cinema – THE LEGO MOVIE


 

THE LEGO MOVIE

di Phil Lord, Christopher Miller [Usa/Australia, 2014, 100′]

 

cinema11fbCapita a volte di trovarsi in sala a vedere un certo film, senza esserci arrivati per una propria scelta, ma per accompagnare il desiderio di qualcun altro. Capita spesso, come genitori, di seguire le scelte dei figli più piccoli, e di trovarsi a condividere con altri adulti in sala, semplicemente il desiderio di fare contenti i bambini e di poterne parlare poi con loro.

Questo è successo a me con ‘Lego Movie‘ (che non avrei inserito nella mia lista di urgenze da sala, se la prole non avesse richiesto di esserci accompagnata), corredato da buona dose di scetticismo, non essendo mai riuscita a montare con quei mattoncini colorati più di una casetta elementare, o piuttosto confinata al ruolo di lettrice di istruzioni e custode delle scatole o dei pezzi incompiuti, quando la sfida costruttiva era rivolta a navicelle spaziali o a strutture evolute.

Informata però di quanti fans raccogliesse intorno a sé il gioco intelligente, che ha già nel nome la sua missione (‘Giocare Bene’ il significato tradotto dal danese) mi sono chiesta come mai l’idea di un film che celebrasse i mattoncini universali, inventati nel secolo scorso e commercializzati in tutte le parti del mondo con tanto di campionati mondiali seguitissimi, avesse avuto solo ora la sua realizzazione.

Ignara della trama e senza aver visto un trailer, con un ottimo posto in sala in mezzo a bambini coinvolti e in attesa, devo dire per buona parte del film mi sono sorpresa, scoprendo con meraviglia quante cose e quanti possibili mondi si potessero creare con quei pezzettini di plastica colorati, e quanto potessero risultare verosimili e affascinanti paesaggi complessi (l’acqua e il mare in tempesta sono davvero magici).

Passati i primi cinque minuti, cioè dopo un inizio un po’ troppo manga giapponese ingessato nei rigidi movimenti degli omini di plastica, grazie alla combinazione di perfetta tecnica di Lego – costruzione e avanzatissima arte di effetti digitali, il film decolla e compie il miracolo di far apparire naturale e non forzoso quel mondo.

La parte più bella del film è racchiusa nei primi venti minuti, nella rappresentazione di un moderno mondo urbano che ospita una società organizzata e omologata, che si comporta seguendo fedelmente le indicazioni dei libretti prescrittivi di istruzioni, utili per costruire qualsiasi cosa e anche per comportarsi bene con i vicini, dove variazioni sull’assemblaggio dei pezzi, sono visti come una pericolosa trasgressione.

L’attenzione di piccoli e grandi viene catturata, come quella del protagonista ignaro della storia, dalle infinite varietà di mondi possibili, ispirati alla tradizione fumettistica e cinematografica, che stanno tutti in una scatola, dove ogni elemento sembra poter essere montato in un sol modo, e in un attimo si può facilmente distruggere anche il grattacielo più complesso.

Il protagonista è il carpentiere di plastica Emmet, un uomo comune senza particolari qualità, passivamente e inconsapevolmente quasi felice, ma che in realtà vive una vita anonima ignorato da chi lo circonda, cantando le canzoni che cantano tutti, seguendo pedissequamente le istruzioni prima di fare qualsiasi cosa, finché non viene investito da una profezia per caso e suo malgrado, trasformandosi ne ‘lo speciale’ che ha trovato il ‘pezzo forte’ che mancava, per salvare il mondo dal despota che tutti controlla.

La comicità più caustica la troviamo nella prima parte, con battute efficaci, incredulità e spaesamento del passaggio dalla vita normale all’avventura straordinaria, e riuscite rivisitazioni caricaturali di supereroi e caratteri (come Batman, piccolo macho muscolare, o Poliduro / politenero, le due facce in una del poliziotto buono e cattivo).

Sorprendente è anche la trasformazione dell’oggetto comune come il tubetto di colla nella rappresentazione estremizzata dell’arma fatale e micidiale, perché immobilizza mondo e personaggi, impedendo qualsiasi variazione.

Nello svolgimento della vicenda di Emmett e dei maestri costruttori impegnati a salvare il mondo dal cattivo, troppo presto però si eccede in reiterati richiami alla morale (‘ognuno può essere speciale, basta crederci’).

La parabola morale ha il suo culmine nella sorpresa del finale, che nel mondo reale cerca e dà la spiegazione, attraverso la differenza di visione e di libertà di fantasia, tra un padre, a cui si ispira la figura del dittatore che fonda il suo regime sul rispetto di rigide regole, e il figlio bambino, inventore dei resistenti che trasgrediscono le regole stesse.

Il filone dell’animazione aveva già provato a inventarsi storie originali con al centro il mondo a parte dei giocattoli. Su tutte la serie di ‘Toy Story’, che dava maggiore autonomia a quel mondo, tenendo contraddizioni e domande tutto al suo interno. Mentre su Lego Movie pesa la causa esterna, più facile spiegazione, che però costringe a rileggere e a reinterpretare a ritroso quanto è successo sullo schermo prima che sia svelato l’origine di tutto.

Spente le luci restano le voci dei bambini che cantano l’orecchiabilissima canzoncina “È meraviglioso (fare parte di un team)“, senza che ne colgano, e menomale, l’inno all’omologazione standard, e un neanche tanto nascosto desiderio per i più appassionati di poter avere grandi spazi dedicati alla costruzione di mondi di Lego colorati, dove reinventarsi storie e personaggi anche fori dai canoni. Che la Lego ha già messo sul mercato in milioni di pezzi anche in versione videogame. Con istruzioni precisissime allegate.

Adele H.

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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