1 ottobre 2013

cinema – TO BE OR NOT TO BE / RUSH


 

TO BE OR NOT TO BE

di Ernst Lubitsch [USA 1942]

con Carole Lombard, Robert Stack, Jack Benny

 

Grazie a Vieri Rcinema_33azzini che lo ha ridistribuito, torna nelle sale cinematografiche italiane, in lingua originale e con sottotitoli, 70 anni dopo la sua prima uscita, To be or not to be. Rimasterizzato e con uno restauro smagliante che regala ancora, a chi non l’ha mai visto al cinema, la meraviglia di vedere un capolavoro del re del bianco e nero, Ernst Lubitsh, ebreo berlinese divenuto americano.

Maestro nel passare con disinvoltura dai toni della commedia brillante e sofisticata a quelli del dramma (aspetto sottolineato in Italia dal titolo tradotto in “Vogliamo vivere“), rivela sua misurata leggerezza anche in questo film, girato prima che gli USA entrassero in Guerra, che racconta, con una buona dose di satira, il nazismo ai tempi dell’occupazione della Polonia.

Varsavia, 1939: una compagnia di attori polacchi, che recita Amleto e mette in scena una commedia satirica (censurata) che ridicolizza il Füher, viene coinvolta in una vicenda di spionaggio e resistenza. Una coppia di attori discretamente conosciuti in patria, compagni di scena e di vita sono al centro delle vicende: Josef Tura e sua moglie Maria. Maria, bella, consapevole di esserlo e infedele per civetteria, cede alle lusinghe del corteggiatore Sobijnski, un attraente ufficiale pilota che fiancheggia la Resistenza in Gran Bretagna. Le vicende sentimentali e teatrali, dei coniugi, dell’amante e della compagnia, si intrecciano con la storia dei resistenti polacchi e di doppiogiochisti nazisti che fanno la spola tra Inghilterra ed est d’Europa.

Le azioni e i tempi narrativi sono quasi da spy story, con documenti da trovare e distruggere, omicidi per non essere scoperti, travestimenti e scambi di persona, e insieme ai frequenti cambi di piani tra realtà e rappresentazione teatrale, danno al film un ritmo incalzante. I dialoghi hanno tempi perfetti, recitati da attori assolutamente in parte, capaci di cambiare registro dalla burla al dramma, con Shakespeare preso in prestito per far passare concetti profondi. Come quando il comprimario, falso attentatore, catturato dai nazisti ha finalmente l’occasione di recitare il Mercante di Venezia: “Un ebreo non sente caldo o freddo nelle stesse estati e inverni allo stesso modo di un cristiano? Se ci ferite noi non sanguiniamo? Se ci solleticate, non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?“. È l’ultima apparizione sul grande schermo di Carole Lombard, morta tragicamente a 33 anni l’anno successivo, che veste di eleganza e malizia sottile da gran diva, un personaggio di media umanità.

Dopo l’uscita a Maggio, ritorno in sala d’Essai con ultimi giorni di programmazione all’Ariosto. Da non perdere, in TV non sarebbe la stessa cosa.

Adele H

In sala a Milano: al cinema Ariosto fino a giovedì 3 ottobre.

 


 

RUSH

di Ron Howard [USA- Gran Bretagna – Germania, 123′]

con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino

La storia dello spcinema_32ort è piena di rivalità tra atleti che incarnano tipi umani talmente opposti da fare sembrare la loro sfida qualcosa di più di un semplice confronto sportivo: piuttosto una specie di scontro tra visioni del mondo apparentemente inconciliabili. Penso a Borg/McEnroe nel tennis o a Leonard/Duran nella boxe, sfidanti che incarnano categorie talmente opposte (razionale/irrazionale, metodico/impulsivo, costruito/naturale, apollineo/dionisiaco ecc…) che non sarebbe fuori luogo andare a rispolverare, per descrivere la loro lotta, l’antico termine eracliteo “enantiodromia” che significa più o meno “corsa negli opposti”. Il termine, ripreso poi da C.G. Jung lascia intendere che nello scontro tra gli opposti esista anche una attrazione fatale, come se un polo sentisse la mancanza dell’altro per completarsi. Il duello insomma come forma di Doppio… tema che ha regalato al cinema non pochi capolavori, da I duellanti a Le Grand Bleu.

Ecco, mi scuso per questo preambolo degno di un tuttologo televisivo, ma non potevo evitarlo perché Rush parla letteralmente di enantiodromia e lo fa trovando la più perfetta metafora possibile nella storia di due piloti che si sono rincorsi e sfidati incarnando qualità totalmente opposte nella ormai mitica stagione di Formula uno del 1976. Sto parlando ovviamente di Niki Lauda e James Hunt.

Rush ripercorre quell’anno straordinario e lo fa, ovviamente trattandosi di cinema, calcando un po’ la mano nel rappresentare la totale inconciliabilità delle qualità dei contendenti. Si incontrano per la prima volta in Formula Tre e subito si riconoscono come nemici naturali: da una parte Hunt, inglese, alto, bello, biondo, playboy, uomo da party, fantasioso dall’altra Lauda, austriaco, basso, denti da topo, scuro, sfigato, solitario, maniacalmente metodico.

Il destino li porta poi a ritrovarsi in Formula Uno, uno sulla Ferrari e l’altro sulla McLaren, due dei team più leggendari di tutti i tempi, dando vita a una sfida che si risolverà solo all’ultimo secondo. Nel frattempo, per un anno le loro vite si saranno incrociate anche fuori dalle piste, tra amori, intrighi e incidenti portandoli un po’ alla volta a riconoscere il valore reciproco… ma forse sarebbe meglio dire a “riconoscersi” nel valore dell’altro, perché al termine della vicenda sarà chiaro a entrambi quanto l’uno abbia bisogno dell’altro (vorrei dire ontologicamente ma non lo farò).

Il bello di Rush è proprio questo, che non si tratta solo di un film “sportivo” ma parla, in maniera a volte anche troppo didascalica, di temi “alti”, quasi letterari, senza però rinunciare all’intrattenimento. Gli interpreti sono ben scelti, l’astro nascente Chris “Thor” Hemsworth è un Hunt bello e dannato ma il piccolo Daniel Brühl (l’indimenticabile cecchino Zoller di Inglorious Basterds) gli ruba immancabilmente la scena e a volte mette i brividi per quanto ricordi il vero Lauda pur non assomigliandogli troppo. Ron Howard dirige con la solita professionalità, senza nulla concedere allo stile post Fast &Furious e lavorando invece sulla ricostruzione dei sapori di un’epoca. La sceneggiatura di Peter Morgan, che evidentemente ha un debole per le storie di sfide fatali (ha già scritto L’altra donna del re, Frost/Nixon – Il duello nonché i notevoli L’ultimo re di Scozia e The Queen) cade ogni tanto in qualche semplificazione eccessiva, come nella scena in cui Hunt picchia a sangue un giornalista reo di avere offeso Lauda in conferenza stampa, episodio credo mai accaduto, ma è solida e avvincente fino alla fine e ci regala anche un epilogo da pelle d’oca. La fotografia di Anthony Dod Mantle ha un tono deliziosamente “vintage”, il montaggio della coppia Hanly/Hill è eccellente nelle scene delle gare (ma nella scena in cui Hunt incontra le sua futura moglie Suzy Miller non c’è uno che guardi dalla parte giusta del quadro, che è successo sul set?). La colonna sonora di Hans Zimmer infine è… purissimo Hans Zimmer!

Magari non si tratta di un capolavoro che passerà alla storia, ma Rush è un film d’azione con un cuore e un cervello: di questi tempi, con quello che passa in sala, che volete di più?

Tom Doniphon

In sala a Milano: Plinius multisala, Colosseo, UCI Cinemas Bicocca / Certosa, Orfeo Multisala, The Space Cinema Milano Odeon

 

 

questa rubrica è a cura di Anonimi Milanesi

rubriche@arcipelagomilano.org



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