23 gennaio 2024

LA MAISON DEI GIOCHI CLEMENTONI FESTEGGIA 60 ANNI DI ATTIVITÀ

Una storia esemplare


Progetto senza titolo (7)

Nella cornice della Sala Biancamano del Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” la famiglia Clementoni racconta una bella storia, che prende le mosse dal boom economico degli anni Sessanta. “C’era una volta un garage di cinquanta metri quadrati  in quel di Recanati, via Nazario Sauro. In quel garage una coppia visionaria, volitiva e animata da passione e tenacia visse un’incredibile avventura…”.

Di ritorno dall’America nel 1963, dove aveva visitato la Fiera del Giocattolo di New York, Mario coinvolse Matilde nell’avventura di creare i primi giochi in scatola per bambini e famiglie, un prodotto ancora inesistente nel mercato italiano del giocattolo. Parallelepipedi vuoti, presto riempiti di contenuti, come i giochi televisivi, legati a trasmissioni popolari di successo, primo fra tutti “La tombola della canzone”, che riproduceva con una sorta di organetto i motivi del Festival di Sanremo e “Sapientino”, il primo gioco educativo con carte e spinotti per generare il segnale acustico della risposta esatta.

Matilde si impegnò fin dall’inizio in prima persona nell’ufficio acquisti, nella produzione e nella formazione dei nuovi dipendenti e riuscì a colmare con maestria anche le assenze per viaggio di Mario, che girava il mondo per acquistare nuovi giochi, studiarli e trarne fonte di ispirazione. 

Dal primo gruppetto originario di cinque storici dipendenti l’azienda raggiunge oggi numeri di rilievo – 600 dipendenti, 28 milioni di giochi venduti nel mondo, 95% di rifiuti della produzione riciclati – e si qualifica per il radicamento territoriale e per un’attenzione mai interrotta verso la ricerca, l’innovazione e la sperimentazione, portata avanti dai quattro figli, Giovanni, Pierpaolo, Stefano e Patrizia. 

Pierpaolo soprattutto  – oggi Direttore Ricerca Avanzata – venne coinvolto fin da piccolo dal padre a testare con i coetanei i prototipi dei giochi in scatola e più grande fu protagonista di un vero e proprio apprendistato nell’individuazione di punti di forza e di debolezza dei nuovi giochi da lanciare sul mercato. Dietro a ogni scatola c’è tanto lavoro cooperativo, grande attenzione al feed-back e soprattutto una filosofia sempre ribadita dal fondatore Mario: “Il gioco è una cosa seria. Non bisognerebbe mai smettere di giocare, specialmente quando si diventa grandi”.

La sensibilità verso il valore etico e sociale del gioco ha orientato nell’ultimo decennio l’impegno aziendale a mettere a punto giochi che possano essere di aiuto e supporto ai disagi e alle terapie e a superare problematiche particolari della vita di bambini e anziani: bambini e bambine ospedalizzati o ospiti in case famiglia, autistici, vittime di azioni di bullismo o di traumi, oppure anziani soli o affetti da patologie come l’Alzheimer. 

Fiori all’occhiello la collaborazione con l’Ospedale pediatrico Salesi di Ancona – dove grazie a Clementoni è stata istituita la figura dell’operatore ludico -, una pedagogista impegnata a creare il clima per il gioco in reparto e a personalizzarne l’uso in base ai bisogni dei piccoli degenti; quella con UNICEF, che attraverso il “regalo sospeso” ( un activity book, un puzzle, un gioco di carte e un kit per colorare)  concorre a tutelare e supportare il diritto al gioco dei bambini vulnerabili  non solo nelle aree più svantaggiate del mondo, ma anche nei quartieri periferici e nei rereparti di Pediatria di ospedali italiani; quella con la Scuola Mohole di Game e Graphic Design, partner di un hackathon, ossia un evento laboratoriale di collaborazione intensiva con la supervisione di esperti Clementoni, finalizzato allo sviluppo di un boardgame inclusivo, un gioco da tavolo che riesce a mettere insieme tutti

Come afferma Stefania Andreoli, “giocare per un bambino non è importante, è essenziale e necessario. Non si diventa grandi, se non si gioca. I bambini sono dei grandi maestri del gioco e possono fare scuola a tanti adulti; le “cose da bambini” sono le più importanti, mentre spesso purtroppo a causa dell’arroganza degli adulti non le consideriamo: l’adulto altro non dovrebbe essere che il tutore del bambino che è stato. Privare del gioco significa compiere un’operazione antievolutiva. Inoltre il gioco è un medium attraverso il quale il bambino può garantirsi la presenza e l’attenzione dell’adulto, che non deve sottrarsi e deve farsi garante delle regole, lasciando però al bambino il ruolo di maestro di cerimonia.

In 60 anni Clementoni ha fatto giocare generazioni di bambini e intende proseguire, con lo stesso entusiasmo e una professionalità costantemente arricchita dalla ricerca educativa.

Rita Bramante



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