21 marzo 2023

DA UNA CHIESA, UN ALBERGO

Nuove identità urbane


Copia di rification (1)

Tra le architetture che è stato opportuno discutere in occasione del terzo incontro del ciclo Milano modernissima, la nuova identità urbana, questo hotel progettato e realizzato nell’area della chiesa “dismessa” di Cristo Re in via Colleoni, a ridosso del lunghissimo complesso di Fieramilanocity, rappresenta un esempio molto significativo.

Una situazione urbana in evoluzione della quale Michele Reginaldi dello studio Quattro Associati dichiara che “La Chiesa di Cristo Re è un riferimento visivo e mnemonico, una presenza rilevante e connotativa di un luogo specifico, in un contesto urbano che in questi anni si sta radicalmente trasformando nelle destinazioni e nelle forme. Fin dall’inizio del processo progettuale è stata subito evidente l’importanza della chiesa, la sua struttura morfologica e la sua collocazione nell’area, la sua architettura manierista, la qualità dei materiali e della costruzione.

Questi aspetti hanno strutturato la scelta progettuale sulla conservazione della chiesa e sulla sua valorizzazione: gli interventi riconvertono i suoi spazi integrandoli al programma alberghiero per una significativa caratterizzazione dell’ospitalità.

Gli spazi della chiesa, per le particolari qualità volumetriche e per le figurazioni stilistiche, vengono reinterpretati e convertiti funzionalmente per l’accesso e le attività principali dell’albergo. Tutti i servizi, la logistica, le aree congressuali, il ristorante e le camere sono realizzati in nuovi edifici collegati e connessi alla chiesa per formare un’unità morfologica con un’immagine architettonica unitaria. La proposta figurativa non è semplicemente derivata dall’edificio esistente; il progetto vuole indicare un valore di multiformità espressiva, una propensione poetica, che fonda le proprie scelte su un ragionamento cognitivo: il rapporto con la storia, la tradizione e la città.”

Con Reginaldi abbiamo già discusso in occasione del ciclo d’incontri Milano: architetture moderne a confronto per la Torre di piazza Tirana e fatto una bella discussione perché quell’edificio, forse la prima torre integralmente residenziale di Milano, nelle intenzioni degli autori, si doveva confrontare con la Torre Velasca e il Grattacielo Pirelli. Ma per via della sua localizzazione molto periferica oltre che per la forte distintiva caratterizzazione dei tre edifici, ciò non è avvenuto.

bb

Oltre ad essere di 21 piani di altezza (e avrebbe dovuto essere di tre piani più alta ma fu ridotta in altezza su richiesta della Sovrintendenza motivata, chissà perché, dal fatto di essere prossima al Naviglio) ha delle caratteristiche tipologiche assai interessanti e presenta alcuni spazi dedicati a funzioni collettive: un giardino d’inverno a una quota intermedia, la palestra in sommità e il solarium sulla copertura. Funzioni collettive ispirate alle caratteristiche di alcune tipologie abitative dell’avanguardia sovietica di cui Michele è studioso. Passione che io stesso ho condiviso curando, in passato, la pubblicazione di alcuni libri.

Tornando all’hotel va detto che costituisce l’esempio di un intervento che si confronta con una preesistenza molto singolare rappresentata dal corpo della chiesa che è stato ridimensionato e riformulato come elemento architettonico totalmente convertito, non solo nella funzione, ma anche nel significato.

Per avviare la discussione, una prima osservazione che mi sento di fare riguarda la piena attendibilità della scelta di volersi confrontare con la preesistenza assai impegnativa dell’edificio della chiesa. Ma trovo che sia contraddittoria con la finalità “di formare un’unità morfologica con un’immagine architettonica unitaria” come i progettisti affermano.

Tale proposito sembra impossibile e non riscontrabile nel risultato architettonico perché, per quanto si sia agito sul corpo della chiesa, asportandone tutta la parte absidale, dal transetto al campanile, e ricorrendo a un paramento distribuito con continuità a partire dai fianchi della stessa fino al corpo aggiunto dell’hotel con tenui vibranti adeguamenti, il risultato non sembra raggiunto. Il corpo della chiesa per quanto rielaborato eliminando anche il timpano e aprendo le fiancate laterali della parte non demolita risulta comunque giustapposto al corpo preponderante dell’hotel, creando un inevitabile dualismo.

rification (6)

Torna utile fare riferimento a quanto gli autori affermano proprio per dimostrare il contrario di quanto loro stessi sostengono: è vero che la “proposta figurativa” non è semplicemente derivata dall’edificio esistente e che favorisce la “multiformità espressiva” per lasciare spazio alla “propensione poetica” ma per ottenerla mi sembra inevitabile porre sullo sfondo il “ragionamento cognitivo” del rapporto con la storia, la tradizione e la città”.

Infatti questa architettura risulta molto innovativa e come tale assai difficile da assimilare al contesto in cui è situata anche per il fuori scala dei grattacieli assai prossimi di City Life. Sembra che possa rappresentare un còlto esperimento per misurarsi in modo non acritico con i paradigmi compositivi che tendono a semplificare i linguaggi architettonici. Favorito dalla tipologia ricettiva, che riduce le complessità abitative, si è consentito tale approccio, riscattato comunque dalla complessità di un metodo compositivo che sembra ormai bandito dalla maggior parte dei progetti contemporanei.

Una terza questione riguarda la parzializzazione dello spazio tipico della chiesa ottenuto attraverso la creazione della soletta che, come detto separa lo spazio voltato dalla navata sottostante. Demolizione dei corpi dell’ex convento sulla via Colleoni e della ex scuola; eliminazione degli elementi di facciata, del campanile e del corpo absidale e apertura sulle navate laterali delle arcate interne risulta dal punto di vista compositivo discutibile ma del tutto legittimo perché modificare gli elementi architettonici contribuisce a ridefinire il significato della preesistenza, mentre modificare la sua spazialità tipologica ne mette in discussione l’essenza. Effetto che non credo sia coerente con il presupposto che i progettisti hanno posto alla base della scelta di confrontarsi con la chiesa.

bb4

Per concludere riconosco al NH Collection City Life una grandissima qualità progettuale che confermo dopo la visita. Mi ha interessato moltissimo, mi ha stupito per la sofisticata particolarità delle soluzioni adottate ma devo dire che non mi ha emozionato. Più che considerarlo il risultato di una progettazione architettonica dotata di quella “propensione poetica” che gli autori attribuiscono a questo intervento lo considero un magistrale artificio architettonico.

Difficile immaginare che questo intervento possa contribuire all’identità’ di Milano e della città metropolitana in quanto architettura ma il suo apporto potrà essere efficace come approccio metodologico, per come i progettisti si sono posti in rapporto con la preesistenza senza limitazioni puramente conservative.

Un ottimo caso di studio per le soprintendenze in considerazione del fatto che qui il vincolo non c’era e i progettisti se lo sono posto volontariamente.

Emilio Battisti

Per chi desidera ascoltare la discussione tra Emilio Battist, Michele Reginaldi, Cinzia  Anguissola, Giacomo De Amici e Bruno Pedretti https://www.facebook.com/emilio.battisti.56/videos/3182110618600783



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Ultimi commenti