7 febbraio 2023

MILANO MODERNISSIMA, LA NUOVA IDENTITÀ URBANA

La nuova architettura milanese


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Informo i lettori che hanno seguito il ciclo di incontri MILANO: NUOVE ARCHITETTURE A CONFRONTO che è stata ultimata la pubblicazione del capitolo introduttivo a mia cura e che tutti i fascicoli che abbiamo pubblicato nei mesi scorsi sono stati raccolti in un e-book che spero possa uscire anche come libro. Per quanto l’esito della discussione fatta tre anni fa sembri ancora attuale, ho pensato che sia interessante aggiornare la nostra riflessione riferendola ad altri importanti interventi per valutare in che termini hanno contribuito all’evoluzione dell’identità urbana della nostra città.

Avendo apprezzato articolata riflessione sul concetto di modernità che Fulvio Irace ha svolto nel suo ultimo libro Milano Moderna[1], ho pensato di organizzare il nuovo ciclo di incontri MILANO MODERNISSIMA, LA NUOVA IDENTITA’ URBANA prendendo in considerazione quegli interventi che hanno dato un contributo qualitativamente significativo alla sua ridefinizione.

Intendo che il contributo si possa riferire, nel bene e nel male, anche ad interventi che presentino delle caratteristiche di evidente contraddittorietà con la tradizione dell’architettura milanese e con i riferimenti morfologici e insediativi rispetto ai quali la città è cresciuta storicamente.

La selezione non è semplice e mi affido anche ai colleghi per avere indicazione degli interventi da considerare e dei progettisti da coinvolgere nella discussione che vorrei estendere all’area metropolitana per uscire dall’ambito strettamente comunale e cercare di scoprire se esista un’identità riconoscibile anche a quella scala.

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Per avviare la discussione ho preso in considerazione l’ampliamento della Bocconi dello studio SANAA coinvolgendo Marco De Michelis che ha curato la bella pubblicazione La città che cresce, il nuovo campus Bocconi a Milano, un’antologia critica che comprende interventi di  Tadao Ando, Pippo Ciorra, Gianni Biondillo, Maria Vittoria Capitanucci, Joseph Grima, Kazuyo Sejima intervistata da Marco De Michelis e le fotografie di Luisa Lambri e Giovanna Silva. Ma a Maria Vittoria ho chiesto di dare il proprio contributo come relatore per il suo saggio della storia di questo corso che figura nel libro.

Per parte mia ho chiesto a Pierre-Alain Croset di confrontarsi criticamente con Marco De Michelis e Maria Vittoria Capitanucci e per avere un punto di vista non milanese ho invitato l’architetto torinese Davide Derossi che ha posto alla nostra attenzione questioni molto significative. IO ho introdotto l’incontro anche perché si tratta di un programma progettuale che conosco bene in quanto, per dare maggior risalto al concorso, la Bocconi aveva invitato dieci scuole d’architettura di prestigio internazionale a presentare dei progetti elaborati dagli studenti e io ho rappresentato il Politecnico di Milano con un gruppo di miei laureandi che si sono classificati insieme alla Harvard University e la Universidad Nacional Autónoma de México.

Il secondo intervento di cui discuteremo lunedì 13 presso One Works, è il tipico esempio del recupero di un complesso industriale dismesso, componente del grande distretto produttivo Tortona-Savona, delimitato a sud dalla cintura ferroviaria di Porta Genova e dal corso del Naviglio Grande, a nord, dagli assi di via Savona e via Solari. E’ stato uno dei principali scenari dell’epopea industriale della Milano nel primo Novecento, con l’insediamento di grandi stabilimenti  che definì in modo peculiare il carattere produttivo del quartiere nel quale, a partire dagli anni Ottanta, si è verificato il progressivo abbandono delle funzioni produttive dando il via ad un processo di riconversione dei manufatti industriali con una sostituzione radicale di attività e funzioni.

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Il complesso edilizio ubicato al civico 35 di Via Tortona fu costruito negli anni Venti  al fine di ospitare un impianto di produzione di turbine elettriche. Il complesso presentava dimensioni notevoli (113 m di lunghezza su via Tortona per 64 m di profondità e 13 m di altezza) ed era costituito da diversi corpi di fabbrica: un fabbricato alto e profondo, originariamente destinato agli uffici dell’azienda e poi trasformato in hotel, un paio di capannoni retrostanti, oggi sedi di aziende di moda, ed un grande spazio a due livelli, oggetto di intervento. Quest’ultimo presentava la tipica struttura della fabbrica: una sequenza di quattro navate di 16 m ciascuna, coperte da grandi lucernari sostenuti da capriate a doppio shed, appoggiate su una maglia regolare di pilastri con interasse di 8 metri.

A fine anni Novanta una trasformazione sostanziale ne modificò i grandi ambienti: originariamente liberi per i movimenti del carroponte, furono suddivisi in altezza al fine di massimizzarne la superficie utile.

Filippo Pagliani e Michele Rossi hanno realizzato il recupero di questa parte del complesso industriale per accogliere la Digital Factory di Luxottica, azienda leader nel mercato degli occhiali, che ha l’ambizione di dare nuova identità ad un edificio fortemente caratterizzato dalla vecchia impronta produttiva (nonostante le mutazioni e le frammentazioni degli ultimi decenni), che incentivi la rivitalizzazione del vecchio distretto industriale della città, da tempo consolidatosi come area vitale del tessuto urbano e sociale.

Per discuterne, con Rossi e Pagliani ho invitato Franco Raggi collega di grande cultura ed esperienza che avendo lo studio in via Savona conosce molto bene la situazione del contesto nel quale si trova l’intervento, e Ingrid Paoletti che insegna Tecnologia dell’architettura al Politecnico di Milano che ha sempre riservato grande attenzione alla qualità architettonica degli edifici. Io, come di consueto, introdurrò brevemente e coordinerò gli interventi.

La proposta progettuale ha individuato sul fronte urbano il punto di massima espressione: l’edificio si apre alla città grazie a grandi vetrate a tutt’altezza alternate a snelle lesene in metallo bronzato che scandiscono il prospetto secondo il passo delle travi reticolari di copertura.

Il progetto ha previsto la demolizione del muro di cinta perimetrale lungo via Tortona: al suo posto una cancellata separa un giardino lineare, dalla via mentre il retro dell’edificio, con gli stessi principi del fronte principale, prospetta su una corte, con aiuole lineari alberate, ottenuta dal precedente svuotamento del volume industriale e scandita anch’essa dalla presenza delle travi reticolari.

Il progetto ha inteso riqualificare lo spazio industriale dismesso, senza modificarne la struttura o le caratteristiche principali, ma facendo anzi di questi elementi archetipici – la copertura a shed, l’ampiezza degli spazi, la maglia regolare in cemento armato – i punti cardini attorno a cui impostare l’intervento. Fra questi elementi si inseriscono nuovi volumi rivestiti di metallo, che si confrontano con gli spazi dell’industria. La scelta di discutere di questo intervento è riferita anche al fatto che, riguardando un insediamento industriale dismesso, può essere esempio per le decine di fabbriche abbandonate della Città metropolitana contribuendo, con la sua qualità, a definirne la nuova identità.

Emilio Battisti

 

EMILIO BATTISTI INVITA ALLA PRESENTAZIONE

DELLA LUXOTTICA DIGITAL FACTORY

DELLO STUDIO PARK ASSOCIATI

CHE SI TERRA’ IL 13 FEBBRAIO ALLE ORE 21:00

AL CREATIVE HUB DI ONE WORKS IN VIA SCIESA 3
NE DISCUTEREMO CON INGRID PAOLETTI, FRANCO RAGGI, FILIPPO PAGLIANI E MICHELE ROSSI

INGRESSO LIBERO CON PRENOTAZIONE
https://forms.office.com/e/XnL0HWHhrb

 

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