21 marzo 2023

IL ROSARIO DI ATTENTATI. COSA ABBIAMO IMPARATO?

Come guarire una società malata?


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La sottosegretaria Paola Frassinetti ha fatto un gesto importante per alimentare una memoria condivisa portando i fiori alla lapide di Ramelli e poi a quella di Fausto e Iaio. Lei la lapide per Fausto e Iaio nell’istituto scolastico l’aveva messa da assessore provinciale. Si era già aperta, oltre le trincee, in uno scambio che avevamo avuto quasi 30 anni fa. Eppure non è mancato chi ha organizzato davanti al Molinari una contestazione contro la ‘fascista’ riproponendo i presupposti della contrapposizione tra nemici e non della competizione tra avversari.

La Premier Giorgia Meloni ha riscosso un unico applauso, al Congresso Nazionale della CGIL, quando ha ricordato e definito “l’ignobile” attacco alla sede nazionale della Cgil, da parte della “estrema destra”. Quasi contemporaneamente Blocco Studentesco, l’associazione legata al movimento di estrema destra CasaPound, ha affisso uno striscione con la scritta “Fuori l’Anpi dalle scuole” davanti alla sede della Casa della Memoria a Milano. La Casa della Memoria ospita la sede di associazioni impegnate a conservare la memoria della conquista della libertà e della democrazia in Italia: ANED-Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti, ANPI-Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, AIVITER-Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, Associazione Piazza Fontana 12 Dicembre 1969 e l’Istituto nazionale Ferruccio Parri, già Istituto Nazionale per la storia Movimento di Liberazione in Italia.

L’Anpi, per altro, non ha preso parte alle proteste contro la commemorazione al Molinari. Pochi giorni prima Claudio Anastasio, un top manager pubblico nominato dalla Meloni, si è dovuto dimettere: in un’email al cda con un “copia incolla” aveva fatto proprio il discorso di Mussolini sul delitto Matteotti. L’ultima di una serie di infelici uscite reazionarie di esponenti nazionali della destra al governo. Ci sono i presupposti per riproposizioni di schemi già vissuti.

É bene fare un po’ di ordine storico e qualche riflessione per condividere una necessaria memoria ed evitare avvitamenti che, insieme alla retorica simbolica, possono riproporre la violenza come esito identitario.  La successione degli eventi principali che hanno segnato una generazione.

25 aprile 1969: bomba al padiglione FIAT della Fiera di Milano, diversi feriti gravi, un’altra bomba ritrovata all’Ufficio Cambi della stazione Centrale. 9 agosto: otto bombe su diversi treni, dodici feriti.12 dicembre 1969: bomba nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, diciassette vittime e ottantotto feriti, una bomba inesplosa nella Banca Commerciale Italiana in piazza della Scala, tre bombe a Roma: una nel passaggio sotterraneo che collega l’entrata di via Veneto della Banca Nazionale del Lavoro con quella di via di San Basilio, tredici feriti, due nei pressi dell’Altare della Patria, quattro feriti.

 22 luglio 1970: un treno deraglia per una bomba nei pressi della stazione di Gioia Tauro, sei vittime e sessanta feriti. 31 maggio 1972: una Fiat 500 esplose nei pressi di Peteano, provincia di Gorizia, tre carabinieri uccisi e altri due feriti. 17 maggio 1973: Gianfranco Bertoli, provocatore legato ai Servizi, lanciò una bomba durante una cerimonia davanti alla Questura di Milano, quattro vittime e una quarantina di feriti.

 Tra il 30 aprile 1974 e il 26 maggio 1975 una serie di esplosioni provocarono un morto e venti feriti a Savona. 28 maggio 1974: bomba al comizio sindacale in piazza della Loggia a Brescia, otto vittime, un centinaio i feriti. 4 agosto 1974: bomba sul treno Italicus, nei pressi di San Benedetto Val di Sambro, provincia di Bologna, dodici vittime e centocinque feriti.

Anni segnati da un protagonismo dello squadrismo fascista e dalla repressione delle occupazioni delle università e delle manifestazioni studentesche nelle strade da parte delle forze dell’ordine. Squadristi fascisti usi a bombe varie, pistole e coltelli, i servizi d’ordine della sinistra rivoluzionaria con molotov, chiavi inglesi, spranghe e manici di piccone come aste per bandiere mai sventolate. Così il 13 marzo del 1975 un gruppo di studenti di Medicina di Avanguardia Operaia aggredì a sprangate Sergio Ramelli,uno studente del Molinari militante del Fronte della Gioventù.

Il 16 aprile del 1975, perse la vita Claudio Varalli, ucciso da Antonio Braggion, 21 anni di Avanguardia Nazionale, che sparò tre colpi dalla Mini Minor in cui si era rifugiato nello scontro con un gruppo del Movimento Studentesco. Il giorno dopo durante gli scontri per l’assalto alla sede del M.S.I. in via Mancini, accompagnati da migliaia in corteo e preceduti da redazioni e bar bruciati, venne investito volutamente da un camion dei carabinieri Giannino Zibecchi, 28 anni. Un’altra vittima di quel periodo che, pochi giorni più tardi, il 29 aprile, vedrà il decesso, per le ferite riportate, di Sergio Ramelli. Aveva 17 anni, la stessa età di Claudio Varalli.

L’uccisione di Ramelli non aveva alcun senso anche dentro allo scontro militare diffuso tra servizi d’ordine e squadristi. Fu l’esito di un percorso di iniziazione che necessitava di un obiettivo sul quale esercitarsi.

L’ulteriore conferma dello squallore autoreferenziale fu il successivo tentativo di attribuire informalmente la responsabilità del pestaggio omicida ai collettivi del Casoretto e Stadera, antifascisti da prima fila negli scontri, quindi colpevoli credibili.. L’attribuzione informale della responsabilità ai due collettivi fu a cura dell’organizzazione cui appartenevano gli autori dell’azione. Il segno di una logica degenerativa collettiva dei gruppi.  Ipocrisia culturale e politica che ha segnato una generazione.

La morte di Varalli e Zibecchi e poi di Ramelli produsse un esito schizofrenico e divaricato nel movimento. Da un lato portò alla divaricazione armata della violenza diffusa e clandestina, dall’altro costrinse e consentì una riflessione critica sull’estetica della violenza e sulla riduzione simbolica dell’antinomia destra/sinistra. Così  Per molti giovani del movimento 1976/77 ciò costituì un importante fondamento libertario di laicità e rispetto delle differenze. Una divaricazione con una esasperazione esponenziale, culminata tre anni dopo, il 16 marzo a Roma con il rapimento di Aldo Moro. Due giorni dopo, a Milano, Fausto Tinelli e Lorenzo Iaio Iannucci furono assassinati  il 18 marzo 1978. Erano due militanti diciottenni del centro sociale “Leoncavallo” impegnati nella campagna sullo spaccio di eroina, sul cui mercato avevano curato un dossier.

Il corteo che seguì il loro assassinio per la prima volta non vide incidenti, sedi, redazioni, agenzie, bar, bruciati. per questo fu triste passare davanti alla Camera del Lavoro chiusa per l’occasione. La natura antiautoritaria che da Berkeley era arrivata a Parigi e a Praga, in Italia, nonostante Valle Giulia, era stata compressa e forzata dentro una chiave ideologica che solo la crisi della cultura antagonista e dei gruppi della sinistra rivoluzionaria avrebbe liberato con la creatività dirompente e gli sberleffi del Settantasette e dei movimenti giovanili, con la critica stringente alle antropologie e ai paradigmi ideologici maschili da parte delle femministe.

La rottura definitiva con il paradigma della lotta armata come compimento coerente. Un processo che portò al superamento di presupposti ideologici, che sarebbe insensato riproporre mentre in Grecia non ci sono i colonnelli al potere, così per Francisco Franco in Spagna, i servizi deviati in Italia e le preoccupazioni di Kissinger per il Compromesso Storico. Oggi vedo molti leoni da tastiera, che un tempo avremmo definito ‘parolai’, gente che non ha fatto i conti con gli anni ’70 e la estetica ed etica della violenza che li ha contraddistinti. Avere una memoria condivisa oggi significa contestualizzare le azioni, i contesti e le persone. Non significa certamente la relativizzazione dei valori di libertà e democrazia.

Quelli che ci hanno fatto vedere il Che come un generoso combattente e Jan Palach come un martire. Quelli che, con i referendum, ci hanno fatto riconoscere i diritti civili. Quelli che ci hanno consentito di condividere il riconoscimento della Democrazia con nostri coetanei che venivano dalla barricata opposta. Oltre l’antinomia amico/nemico, oltre la definizione della identità per alterità assoluta “ho un nemico, quindi sono”.

Al pettine sono venuti nodi che non possono essere sciolti dalle ideologie del ‘900: la deriva finanziaria dell’economia, l’autoreferenzialità delle corporation e del loro controllo digitale, gli esiti disastrosi di uno sviluppo illimitato con emergenze climatiche, migrazioni bibliche, pandemia endemica e la guerra come ridefinizione delle geografie della globalizzazione. I giovani di Fridays For Future lo hanno capito e lo stanno dicendo chiaramente a ogni nostalgico delle ideologie.

Fiorello Cortiana



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  1. Pietro VismaraRicordare Ramelli come una vittima innocente mi sembra assolutamente giusto, anche gli esponenti di sinistra dovrebbero andare alla commemorazione
    21 marzo 2023 • 22:38Rispondi
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