21 febbraio 2023

ABBIAMO UN’URGENZA: IL RINNOVO DELLA DEMOCRAZIA

Imparare ad imparare e molto altro ancora


 rification (3)

Le elezioni regionali in Lombardia e Lazio si sono concluse con la schiacciante vittoria del variegato partito dell’astensione, che non avrà diritto di rappresentanza nei rispettivi Consigli regionali. La minoranza che ha optato per la scelta istituzionale, attraverso il voto, al contrario avrà il monopolio della rappresentanza. Essa sarà gestita da un’alleanza che promette un tranquillizzante controllo (fatto di ferrovie che arriveranno in orario – secondo tradizione – e di mitigazione delle liste di attesa per accedere alle cure sanitarie), della realtà dirompente che osserviamo quotidianamente, fatta da biblici cambiamenti climatici (che si manifestano attraverso lo scioglimento dei ghiaccia alpini lombardi e l’esaurirsi di storici cicli alimentari – la coltivazione del riso, la riduzione del numero degli sfalci,…..) e da altrettanto biblici cambiamenti tecnologici, che stanno sostituendo a ritmi esponenziali il lavoro umano.

In sintesi, la maggioranza dell’invecchiato esercito dei votanti affida la governance ad una ‘bolla’ che ignora la realtà illudendosi di poterla controllare.  La storia ci insegna che questi isolamenti dalla realtà hanno avuto esiti tragici.

E’ evidente che questi risultati elettorali sono l’ultima chiamata per il rinnovo di infrastrutture democratiche chiuse verso strutture democratiche aperte e resilienti, che siano inclusive, capaci cioè di comprendere e rappresentare l’intero universo dei cittadini, dagli alfabeti digitali agli analfabeti, che siano aperte  all’impensabile offerto dalle nuove tecnologie e dai loro dirompenti effetti sociali ed ambientali.

La democrazia lombarda è alla ricerca di una nuova generazione di statisti, capaci di rinnovare l’eredità di Melchiorre Gioia, Gian Domenico Romagnosi e Carlo Cattaneo, che da un punto locale seppero indicare al mondo intero il rinnovo della scienza dello Stato.

Il tema centrale delle recenti elezioni, dunque, era il rinnovo della governance, in simmetria con gli impegni assunti con il New Green Deal europeo, con il passaggio, da un sistema di governo ‘chiuso’ a un sistema ‘aperto’, come già nel 1972 ci ricordavano Barbara Ward e René Dubos in “Una sola terra”, scritto in occasione della Convenzione sull’Ambiente di Stoccolma, di cui lo scorso anno ricorreva il cinquantenario, dimenticato dalla cultura lombarda.

Il passaggio dal sistema di governo ‘chiuso’, eredità dell’illuminismo, per cui un sistema complesso viene scomposto in tanti ‘oggetti discreti’, nel nostro caso gli assessorati, ad un sistema ‘aperto’, imposto dal paradigma dell’unità di tutti i viventi proprio dell’Antropocene, implica un funzionamento della democrazia che richiede una struttura complessa – la piattaforma – la cui operatività è affidata a feedback, secondo i principi della cibernetica.

Nel caso della Lombardia, questa transizione epocale, molto complessa e difficile, avrebbe dovuto essere utilmente supportata da una riflessione critica sul contributo della storia.   Infatti, il modello consegnatoci dagli illuministi aveva una dimensione squisitamente pubblica: si basava sul valore dei dati, intesi non come mero strumento analitico, ma fondamento della statistica come scienza dello Stato (Melchiorre Gioia), a servizio della ‘felicità’ della comunità, conseguibile attraverso l’’incivilimento’, che si può ottenere solo con un perfezionamento dell’insieme degli elementi naturali ed antropici che compongono la società (Gian Domenico Romagnosi), in una visione federativa dello spazio aperta all’innovazione (Carlo Cattaneo).

L’incapacità di reinterpretare questa eredità ha innescato un modello di crescita fortemente regressivo, alla cui base sta l’incapacità di attualizzare il valore propulsivo dei dati, quali motori di una comunità complessa e felice, con il risultato del collasso dell’’incivilimento’ sociale e della visione ‘aperta’ dello spazio.

Il nodo della crisi sostanziale della nostra democrazia è dunque l’appropriazione dei dati generati dai cittadini da parte di poche grandi imprese private (Google, Amazon, Apple, IBM, …..). Esse usano i dati quale materia prima gratuita da tradurre in informazioni comportamentali da utilizzare prima a fini commerciali, poi, in misura crescente, da spendere anche nell’arena politica. A questo punto il centro dell’informazione, ossia del comando del sistema politico, non è più il pubblico, con il suo alfabeto fatto di elezioni, urne, seggi, lenta attività legislativa, ma gli interessi privati, con il loro alfabeto basato sulla sottrazione non pagata di informazioni grazie a social net ed app e  sulla loro manipolazione grazie alle diverse forme dell’intelligenza artificiale, a sostegno di un modello decisionale in cui le parole chiave sono “tempo reale” e profitto.

Sostiene infatti Shoshana Zuboff, teorica de Il capitalismo della sorveglianza: “siamo di fronte non solo alla sottrazione/accumulo/manipolazione di enormi volumi di dati, ma anche a ciò che gli scienziati dei dati chiamano “attuazione”, a sviluppare cioè “economie dell’azione”, tese a condizionare il nostro comportamento verso l’aumento della redditività delle imprese, introducendo così assi completamente nuovi di disuguaglianza e ingiustizia sociale.

Tali “mezzi di modifica comportamentale” inoltre erodono la democrazia:

– dall’interno, perché, senza autonomia nel pensiero e nell’azione, abbiamo poca capacità di giudizio morale e di pensiero critico, indispensabili per una società democratica;

– dall’esterno, poiché il capitalismo della sorveglianza rappresenta una concentrazione senza precedenti di conoscenza e del potere che deriva da tale conoscenza”.

Il collasso del voto è quindi simmetrico al collasso del processo dati/informazione inteso come ‘bene pubblico’ generato, come si è detto, da una caduta di valori coniugata ad un’alta insensibilità della società agli effetti delle nuove tecniche. Si è generata così un’asimmetria strutturale tra operatività ed etica pubblica e privata, a cui non si può ovviare nel breve momento. E questo indica l’urgenza e l’impegno necessari per modificare tale situazione nell’interesse della democrazia.

Come si potrebbe operare? In breve, per non tediare il lettore, vedo tre priorità: imparare ad imparare, per superare l’ignoranza dei nuovi processi/valori,  recuperare i dati come bene pubblico, liberare la creatività dei cittadini per  sviluppare il pensiero critico indispensabile alla democrazia.

Imparare ad imparare. I nuovi valori sono legati alle opportunità offerte dalle nuove tecniche. Nella regione Lombardia (e nell’Italia) non si sono prodotte adeguate riflessioni sul passaggio dalla realtà del mondo segmentato e specialistico, ereditato dall’illuminismo, al mondo dei sistemi complessi, aperto con la cibernetica prima e con l’intelligenza artificiale oggi. Insomma la politica del “non cambia mai niente” praticata con generosità fino ad oggi è una determinante dell’attuale crisi. La ricetta è semplice, tutti devono continuare ad imparare: i politici, i docenti, ogni  cittadino. Gli strumenti a disposizione sono abbondanti, ma la pigrizia del nostro sistema educativo nel proporre corsi di life learning è infinita.

I dati come bene pubblico. Le recenti elezioni hanno reso evidente come la deresponsabilizzazione pubblica rispetto al patrimonio dei dati deve essere urgentemente sostituita da un processo pubblico articolato in: (1) attivazione di piattaforme collaborative di comunità, che devono essere ricompensate per il loro tempo, esperienza e competenza, (2) accettazione e risposta (umana, non con risponditori robotizzati) ai feedback della comunità, dei singoli cittadini, di terze parti. Tutti vanno ricompensati per il loro tempo, competenza e talento, (3) revisione continua del processo in base ai feedback dei cittadini e dei valutatori indipendenti, (4) informazione continua dei cittadini sul processo, sul sistema o sulla piattaforma.

Tale processo recupera il concetto di dato come bene pubblico, perché destinato ad alimentare le comunità resilienti intese come piattaforme operative nella realtà regionale.

Le piattaforme, poiché sono in grado di essere contemporaneamente adattative ed ‘agenti’, sono destinate ad integrare e rinnovare a ritmi accelerati l’attuale sistema amministrativo fondato su deliberazioni una tantum, che dimostra notevoli deficit di resilienza nell’affrontare i continui cambiamenti.

La creatività motore dello sviluppo. Il rinnovo infrastrutturale della regione grazie alle piattaforme costituite dalle comunità resilienti hanno l’obiettivo di consentire il continuo sviluppo, rafforzamento e reimmaginazione della democrazia alle diverse scale del locale .

L’obiettivo dell’infrastruttura democratica rinnovata, alimentata dai dati e strutturata nella piattaforma di comunità, è lo sviluppo della creatività dei cittadini grazie ad una operatività basata sulla flessibilità , sul pensare a lungo termine attraverso visioni, sulla  tendenza all’auto-miglioramento.

Occorre ribaltare la crisi della democrazia con un rapido processo creativo di rinnovo, per raggiungere questo obiettivo abbiamo a disposizione nientemeno che il pensiero del 60% degli elettori regionali. Questo obiettivo è esattamente quanto abbiamo sottoscritto con il PNRR al punto “riforme di struttura”,  premessa indispensabile per far fronte ai cambiamenti dirompenti, specie ambientali, che sono sotto i nostri occhi e che dobbiamo affrontare con altrettanta urgenza.

Giuseppe Longhi

 



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