21 febbraio 2023

IL SILENZIO ASSORDANTE DELL’ASTENSIONE MAGGIORITARIA

Elettori incerti tra delusioni e speranze


 Progetto senza titolo (1)

Questa elezione regionale, a differenza di altre suscettibili di più o meno capziose interpretazioni, mostra una doppia evidenza. Primo: la maggioranza non vota. Secondo: la maggioranza della minoranza vota a destra.

Per cercare di comprendere i motivi della disaffezione, quando non esplicito rifiuto, del rito elettorale forse giova ricercare, a contrario, le motivazioni positive del voto che, ripercorrendo la tripartizione weberiana del potere (tradizionale, razionale, carismatico), si può classificare come di fedeltà, di scambio o d’opinione.

Il voto di fedeltà, ben sintetizzato nell’editoriale pre-elettorale di Arcipelago (“vota Pierfrancesco perché sì!”) si riferisce alla tradizione politica fondata sui principi e valori di cui erano depositari i partiti di massa. Con l’abbandono dei riferimenti ideologici e la trasformazione in organizzazioni strumentali (partiti “azienda” o “ditta”) tale tipo di voto si riduce allo zoccolo duro, tuttavia soggetto ad un’inevitabile usura.

Il voto di scambio è invece motivato da un calcolo di convenienza, personale o familistico in caso di clientelismo spicciolo, di gruppi e categorie in cambio di erogazioni o benefici normativi (vedi la tempestiva proroga delle concessioni ai “balneari” del litorale!). E’ ovviamente mutevole come le fluttuazioni del mercato con le relative suggestioni pubblicitarie che muovono la dinamica promesse-realizzazioni.

Più complessa l’interpretazione del voto d’opinione che oggi costituisce la principale fonte motivazionale del voto e pure, a differenza dei due precedenti, del non voto. Qui giocano fattori non propriamente razionali, tra i quali spiccano l’attrazione/avversione nei confronti dei leaders.

La trasformazione dei partiti da strutture organizzate  (base sociale-quadri intermedi-gruppi dirigenti) in “brand” guidati da capi carismatici (titolari o di corrente) rende evanescente pure l’affezione/disaffezione verso l’occasionale preferenza. Non si spiega diversamente la fluttuante sequenza degli exploit elettorali dei vari Renzi, Salvini, Grillo, Meloni.

Si dice che questo o quel partito abbia “smarrito l’identità”. In realtà è l’intero sistema politico nel quale, per il cittadino comune, è sempre più difficile identificarsi. La sovra-esposizione mediatica e la sovrapposizione di voci e figure provoca omologazione che rende superflua la scelta. La sfilata di faccioni ammiccanti con insulsi slogan intercambiabili (grazie al sistema preferenziale che fa rimpiangere i collegi uninominali delle province ex-elettive!) rende plasticamente il quadro.

Sullo sfondo la persuasione, più o meno conscia ma profonda, che la rappresentanza politica risulti pressoché impotente riguardo i fondamentali: disuguaglianze, clima, guerra. Il retro-pensiero recondito è che, come presuppone Luciano Canfora, “il potere stia altrove”.

Veniamo poi all’altra evidenza, che in realtà non è una novità perché si ripete dal 1970, anno d’avvio delle regioni a statuto ordinario. In Lombardia il predominio del centro/destra è pressoché costante, a differenza della città capoluogo che invece ha provato più alternanze politico-amministrative.

Ora la conferma: Majorino al 47% a Milano e Fontana oltre il 55 nel resto della regione. Dunque, con poche eccezioni, le province periferiche e lo stesso hinterland milanese votano diversamente da Milano. O forse proprio contro Milano? La domanda si pone.

Fin dove giova lo splendido isolamento, certamente costellato di meraviglie ed eccellenze, ma politicamente racchiuso entro la centenaria “cinta daziaria”? Quando invece nella realtà economico-sociale Milano vive dell’apporto e dello scambio fisico e intellettuale con l’intera regione a cominciare dall’immediata area metropolitana?

La dissoluzione degli enti intermedi (province umiliate e città metropolitana fasulla) ha portato ad un’impropria diarchia di fatto tra ente regione e comune capoluogo, con implicito e perverso rapporto di complicità o concorrenza a seconda delle circostanze e delle convenienze. Pertanto è presumibile che con  l’occasione elettorale prevalga l’elemento di rivalsa da parte del vasto “contado” nei confronti della città-piedistallo, aperta al mondo ma chiusa al vicinato.

Si potrebbe poi rimarcare gli errori, mai ammessi né corretti, riguardo la improvvida riforma del Titolo V° della Costituzione, il polemico distacco della bassa Brianza da “Milano matrigna”, la infelice legge Delrio che hanno visto la sinistra a rimorchio della Lega, egemone – ancora oggi con Calderoli – in materia di stravolgimento istituzionale e amministrativo.

Da ultimo ma non ultimo un accenno all’effetto dei ripetuti scandali che ferisce una sinistra civile ancora eticamente sensibile, come trattato nell’incontro su “questione morale e/è questione politica” svoltosi presso l’ANPI di Crescenzago il 16 febbraio a urne chiuse ma, con l’intervento vegliardo di Aldo Tortorella, con cuore e mente aperta.

Valentino Ballabio



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  1. paliddasegnalo Italia: Lombardia 40% e Lazio 37% di votanti, vince la destra in italiano: https://www.pressenza.com/it/2023/02/italia-lombardia-40-e-lazio-37-di-votanti-vince-la-destra/ in francese qui: https://blogs.mediapart.fr/salvatore-palidda/blog/140223/italie-elections-2023-lombardie-40-et-latium-37-de-votants-la-droite-gagne fraterni saluti palidda https://unige-it.academia.edu/SalvatorePalidda/CurriculumVitae
    22 febbraio 2023 • 00:10Rispondi
  2. valentino ballabioPOST SCRIPTUM (e post primariae). Poi la maggioranza della minoranza della minoranza che ha votato, ha votato la Elly. Auguri!
    3 marzo 2023 • 13:47Rispondi
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